Alle elezioni regionali 2010, 15.963.591 elettrici e elettori delegittimano il regime neofascista, i suoi partiti e le sue istituzioni Trionfa l'astensionismo Fs, Sel, Idv e 5 stelle non riescono a drenare tutto l'astensionismo di sinistra. Calano in voti assoluti il "centro-destra" e il "centro-sinistra". Il "centro-destra" strappa il Piemonte, il Lazio, la Campania e la Calabria al "centro-sinistra". Vendola perde 128.898 voti rispetto al 2005 Continuiamo la battaglia contro le illusioni elettorali, governative e costituzionali, per abbattere il governo del neoduce Berlusconi, per l'Italia unita, rossa e socialista L'astensionismo trionfa alle elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010. Non si può diversamente definire il balzo storico che compie rispetto alle precedenti regionali 2005: 5,9% in più di elettori ha disertato le urne, ha annullato la scheda o l'ha lasciata in bianco. In totale 15.963.591 elettrici ed elettori, pari al 39,1% dell'intero corpo elettorale, hanno così delegittimato il regime neofascista, i suoi partiti e le sue istituzioni. Ancor più significativa è l'avanzata della diserzione delle urne, la scelta con cui l'elettorato prende le distanze dai partiti in lizza in modo ancor più netto, aperto e coraggioso. La diserzione delle urne infatti avanza del 7,8% rispetto alle precedenti regionali, passando dal 28 al 35,8% e, a fronte di una diminuzione delle schede nulle e bianche che calano dal 5,2% al 3,3%, diviene la componente di gran lunga più importante e preponderante dell'intero astensionismo. Si tratta di un test particolarmente significativo sul piano elettorale e politico. Non solo perché queste elezioni hanno coinvolto oltre 40 milioni di elettrici e di elettori. Non solo perché si trattava di eleggere i governatori e i consigli regionali di ben 13 regioni su 20, fra le più popolose e centrali nella vita economica, finanziaria e politica del Paese. Ma anche perché sono state considerate sia dal "centro-destra" che dal "centro-sinistra" un test politico nazionale, con Berlusconi che pretendeva di ottenere dalle urne un "mandato pieno" per proseguire nel suo programma governativo neofascista, presidenzialista e piduista, e un PD che, dopo le batoste delle ultime elezioni politiche ed europee, era alla ricerca di un segnale di tenuta, se non proprio di una inversione di tendenza. Inoltre, la crisi economica e finanziaria che sta producendo effetti devastanti sulle masse lavoratrici e popolari, ha amplificato l'attenzione e la tensione politica. Non si può dunque parlare certo di un astensionismo così massiccio causato in generale da una qualunquistico "disinteresse", né di una generica "disaffezione alla politica". La verità è che un elettore su tre ha volutamente scelto di prendere le distanze e sfiduciare i governi centrale e regionali e i partiti che li rappresentano. Ha mandato a dire che non nutrire alcuna fiducia nella politica della destra come della "sinistra" borghese, che sono incapaci di risolvere i problemi e dare risposte ai bisogni delle masse e, al contrario, sguazzano nella corruzione e nella collusione con le mafie. Stanno comprendendo sempre di più che la destra e la "sinistra" borghese sono speculari, le due facce della stessa medaglia e non intendono più firmare cambiali in bianco a chicchessia e andare alle urne turandosi il naso. Si tratta anche di una oggettiva bocciatura del presidenzialismo e del federalismo a cui ormai si conformano sul piano elettorale e istituzionale le regioni. L'astensionismo fenomeno nazionale L'astensionismo risulta ormai un dato omogeneo sul territorio nazionale. Il Nord e il Centro hanno colmato il gap che avevano storicamente col Sud. I dati ci dicono infatti che l'astensionismo cresce maggiormente nelle regioni settentrionali e centrali mentre cresce di meno, seppur considerevolmente, nelle regioni meridionali, esclusa la Puglia. Questo dato si spiega col fatto che al Sud l'astensionismo era già molto elevato e fisiologicamente gli incrementi non possono che essere meno marcati. Peraltro esso indica che le contraddizioni economiche, sociali e politiche che spingevano ampie fette dell'elettorato meridionale ad astenersi, stanno ormai esplodendo anche in vaste zone del Nord e del Centro. Non è un caso se i maggiori incrementi della diserzione delle urne si possono registrare nelle province più massacrate dalla deindustrializzazione e dalla disoccupazione come Genova (+9,6%), La Spezia (+9,4%), Livorno (+12,6%), Massa Carrara (+11,7%), Terni (+10,6%), Fermo (+11%) e Taranto, la provincia a cui spetta il record assoluto col +14% rispetto alle regionali 2005. Il record assoluto dell'incremento della diserzione delle urne nelle regioni spetta invece all'elettorato del Lazio (11,8%), per il quale solo parzialmente ha inciso l'esclusione della lista Pdl a Roma e provincia visto che molti dei voti di questa lista sono stati poi convogliati sulla lista personale della candidata a governatrice Renata Polverini. Clamorosi i dati delle regioni tradizionalmente in mano alla "sinistra" borghese e con una più massiccia partecipazione alle urne come la Toscana (+10,5%), l'Emilia-Romagna (+8,5%), l'Umbria, le Marche e la Liguria (tutte +8,7%). Qui, sbriciolato lo "zoccolo duro", dissipata l'eredità elettorale del PCI revisionista e della sinistra DC, svanita l'illusione del "buongoverno", nemmeno il ricatto di fermare l'avanzata della destra e delle armate di Berlusconi e di Bossi, sembra oggi sufficiente a convincere buona parte dell'elettorato di sinistra a votare PD o i suoi satelliti. Anche se l'astensionismo sarebbe stato ancor più grande se la Federazione della sinistra di Ferrero, Diliberto e Salvi, Sinistra, ecologia e libertà di Vendola, l'Italia dei valori di Di Pietro e la nuova trappola parlamentare borghese del "Movimento cinque stelle" di Grillo non avessero drenato in parte l'astensionismo di sinistra. PDL e PD sconfitti Berlusconi, col consueto piglio mussoliniano, dichiara se stesso e il suo governo il vincitore assoluto di questa tornata elettorale. Bersani parla addirittura di "inversione di tendenza" del suo partito. E su questa base il primo annuncia "tre anni da dedicare alle riforme" e il secondo si dichiara pienamente disponibile a sedersi al tavolo delle "riforme". Entrambi, insomma, vogliono procedere speditamente verso la piena realizzazione della terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista, razzista e interventista. I risultati elettorati dicono invece che sia il "centro-destra" che il "centro-sinistra" sono stati fortemente penalizzati dall'astensionismo e perdono vistosamente consensi in termini di voti assoluti sia rispetto alle precedenti elezioni regionali che a quelle politiche 2008. Il "centro-sinistra" perde più vistosamente rispetto alle elezioni regionali 2005 quando aveva ottenuto un risultato positivo aggiudicandosi così 11 regioni su 13 e, ovviamente, perde meno voti rispetto alle politiche 2008 e alle europee 2009, dove invece il risultato era già pessimo. Inversamente è il risultato del Pdl che ha invertito il trend positivo delle ultime consultazioni. Si calcola che rispetto alle europee 2009 il Pdl abbia perso, pur attribuendogli i voti ipoteticamente persi a Roma, almeno 2 milioni e mezzo di voti. Il PD circa 1 milione e 100 mila voti. La stessa Lega Nord, che viene presentata come la trionfatrice assoluta di queste elezioni, avrebbe perso, sempre rispetto alle europee 2009, circa 200 mila voti. Delle cospicue emorragie di Pdl e PD se ne sono avvantaggiati rispettivamente la Lega Nord e l'Idv. Ciononostante ciò non è bastato a compensare il calo dei due partiti maggiori. Il "centro-destra" strappa il Piemonte, il Lazio, la Campania e la Calabria al "centro-sinistra", che vanno ad aggiungersi alla Lombardia e al Veneto. Ma il risultato è da attribuire più al crollo del PD in quelle regioni che all'affermazione del PDL e della Lega. Risulta evidente dai voti presi dai presidenti delle regioni eletti che, fatto salvo il caso del leghista Luca Zaia, attuale ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, risultano tutti in calo di consensi rispetto ai presidenti uscenti. Nelle regioni che passano dal "centro-sinistra" al "centro-destra", Roberto Cota conquista la presidenza del Piemonte con 183.037 voti in meno rispetto alla sua predecessora Mercedes Bresso; Renata Polverini strappa il Lazio nonostante 222.473 voti in meno ottenuti rispetto a Piero Marrazzo nel 2005; Stefano Caldoro ottiene 305.328 voti in meno del suo predecessore Antonio Bassolino in Campania; Giuseppe Scopelliti si afferma in Calabria nonostante 52.305 voti in meno rispetto a Agazio Loiero nel 2005. In sostanza, se il PD e la sua coalizione avessero mantenuto i loro voti non avrebbero perso le regioni. Anche quando si tratta di riconferme, il calo è pesante. In Lombardia Roberto Formigoni perde 137.826 voti; Claudio Burlando, in Liguria, perde 67.501 voti; Vasco Errani, in Emilia-Romagna, addirittura perde 382.200 voti; Gian Mario Spacca, nelle Marche, perde 89.559 voti; Vito De Filippo è confermato in Basilicata con 33.499 voti in meno. Anche Nichi Vendola, in Puglia, perde rispetto al primo mandato ben 128.898 voti. In Toscana e Umbria Enrico Rossi e Catiuscia Marini, che vanno a sostituire colleghi di partito, perdono rispettivamente 129.623 e 59.312 voti rispetto al 2005. Comunque tutti i 13 governatori eletti, se si prende come base l'intero corpo elettorale, oscillano fra consensi che vanno dal 38,6% per Zaia in Veneto, al 29,2% per Vendola in Puglia, ossia poco più e poco meno di un terzo dell'elettorato. Per quanto riguarda Vendola, nonostante la batosta e il fatto che la sua lista Sinistra, ecologia e libertà non sia decollata a livello nazionale, continua a sponsorizzarsi, con l'appoggio de "La Repubblica", come leader nazionale e a dimostrare ampie apertura all'UDC di Casini e all'ex An Adriana Poli Bortone. La Federazione della sinistra dal canto suo continua ad essere in caduta libera e in quasi tutte le regioni, causa lo sbarramento elettorale, non sarebbe riuscita ad ottenere consiglieri se non si fosse alleata col PD. In Lombardia e Campania, dove l'accordo non è stato raggiunto, non avrà alcun consigliere regionale. Così come non ottiene consiglieri in Veneto, Puglia e Basilicata. Continuare la battaglia Il PMLI, pur con scarsissime forze e mezzi e nel generale black out dei media, ha fatto quanto ha potuto per conquistare voti elettorali astensionisti al socialismo e al Partito. Le compagne e i compagni, ai quali sono stati inviati i calorosi ringraziamenti dei dirigenti nazionali del Partito con alla testa il compagno Giovanni Scuderi, hanno fatto miracoli per investire quanti più elettori possibili della nostra propaganda elettorale astensionista e per farli riflettere sulla nostra proposta politica e sicuramente non sarà mancato chi ha agito di conseguenza. Tuttavia si tratta ancora di una goccia nel mare dell'astensionismo spontaneo. Dobbiamo continuare a lavorare perché l'astensionismo spontaneo, almeno quello di sinistra, si trasformi in un astensionismo consapevole, attivo e operante contro il sistema capitalista e per il socialismo. Dobbiamo continuare la battaglia contro le illusioni elettorali, governative e costituzionali insistendo sulla tattica dell'astensionismo elettorale e la strategia delle istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, continuare la battaglia per far crescere la coscienza che ci vuole la piazza per abbattere il governo del neoduce Berlusconi e lottare per l'Italia unita, rossa e socialista. 31 marzo 2010 |