Sotto la spinta egemonica della Germania della Merkel L'Ue svolta a destra. I paesi aderenti assoggettati al capitale finanziario internazionale Pareggio di bilancio nella costituzione. Sanzioni automatiche sullo sforamento dei vincoli di bilancio Londra non aderisce al "Patto di bilancio" "I 17 stati membri della zona euro più altri sei paesi dell'Unione metteranno a punto un accordo intergovernativo" per rafforzare la disciplina di bilancio dei paesi membri, spiegava nella conferenza stampa il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy al termine di una nottata di discussioni che chiudeva il vertice europeo di Bruxelles del 9 dicembre, l'ennesimo vertice straordinario in difesa dell'euro. Un vertice che non trovava l'unità dei 27 paesi, unità rotta dalla Gran Bretagna che si tirava dietro l'Ungheria, e che finiva per adottare la soluzione di riserva dell'accordo intergovernativo preparata dalla Germania e condivisa dalla Francia. Le regole definite a Bruxelles, e che saranno rese operanti da un successivo accordo da stipulare entro il prossimo marzo, assoggettano i paesi aderenti al capitale finanziario internazionale e creano meccanismi di controllo e sanzioni automatiche che blindano i bilanci nazionali messi sotto controllo dai paesi "virtuosi" dell'eurozona. La cancelliera Angela Merkel puntava a un accordo di revisione dei Trattati Ue per dare rilievo "costituzionale" al nuovo giro di vite sulla disciplina di bilancio dei paesi dell'eurozona, che in tal modo avrebbe riguardato anche i paesi non euro. Non è stato possibile a partire dall'annunciata opposizione della Gran Bretagna, col premier David Cameron già protagonista dello scontro sugli stessi argomenti col francese Nicolas Sarkozy nei vertici precedenti. Le soluzioni per la conclusione dell'ottavo summit europeo del 2011, dedicati soprattutto alla crisi del debiti sovrani dei paesi dell'euro, erano state definite nel vertice del 5 dicembre a Parigi dall'asse franco-tedesco e dettate come punti dell'agenda del vertice di Bruxelles in una lettera inviata al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. Saranno ancora la Merkel e Sarkozy con Van Rompuy, il presidente della Bce Mario Draghi, il presidente della Commissione José Manuel Barroso e dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker a tenere consulto prima del summit vero e proprio, all'assise dove i partner europei hanno dato il loro assenso. Per chi tentennava Sarkozy minacciava che "non ci sarà una seconda chance per salvare l'euro". L'intesa prevede che il principio del pareggio di bilancio sia inserito nelle costituzioni nazionali, che lo sforamento del cosiddetto "deficit strutturale" sia limitato allo 0,5% del pil, che ci saranno sanzioni automatiche per quei paesi che sforeranno il limite del 3% nel rapporto tra deficit e pil. Nell'accordo la costituzione di un fondo di salvataggio per i paesi in difficoltà, il Meccanismo di stabilità europeo (Mse), che entrerà in funzione dal luglio 2012, con una dotazione di 500 miliardi di euro. Il Fondo, come voleva la Germania, non potrà attingere alle casse della Banca centrale europea che sulla carta non può intervenire a sostegno dei paesi in difficoltà. Un ulteriore aiuto potrà venire dal Fondo monetario internazionale, tramite la concessione di prestiti bilaterali da una dotazione costituita da 150 miliardi garantiti dalle banche centrali nazionali europee e eventualmente di altri paesi. Più volte si è ventilato/sperato in un intervento della banca nazionale cinese. Questi provvedimenti saranno resi giuridicamente vincolanti da un accordo internazionale "che dovrebbe essere firmato a marzo o ad una data precedente", afferma il documento finale che registra l'adesione dei 17 stati membri della zona euro, più Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania. La Repubblica Ceca e la Svezia consulteranno i loro parlamenti prima di decidere; la loro adesione è data per quasi certa. Fuori Gran Bretagna e Ungheria. "Noi non vogliamo aderire all'euro, siamo contenti di esserne fuori, come lo siamo di non fare parte della zona Schengen. Noi non vogliamo rinunciare alla nostra sovranità. Noi vogliamo i nostri tassi di interesse, la nostra politica monetaria", dichiarava il premier inglese Cameron per spiegare la posizione di Londra. Lo scoppio della crisi finanziaria ha reso evidente che la politica di difesa della sterlina si è basata sulla possibilità della banca centrale inglese, la Bank of England, di tagliare il costo del denaro e di stampare nuove sterline per riacquistare le obbligazioni sovrane. L'effetto si riversa sull'inflazione che in Gran Bretagna viaggia sopra al 5%, rispetto al 3% medio dell'eurozona. Un metodo di intervento nella crisi che è l'opposto di quello deciso a Berlino e imposto all'area euro: non si stampano monete che farebbero salire l'inflazione, si tagliano i bilanci. La rottura di Cameron al vertice di Bruxelles ha anche altre ragioni, fra le quali il rifiuto di definire seppur blande iniziative di contrasto alle speculazioni dei fondi spazzatura sulle borse europee che "minerebbero" la libertà della borsa di Londra, il primo mercato finanziario europeo. E nel quale agiscono i fondi britannici, grandi sponsor della campagna elettorale dei conservatori, e non certo estranei agli attacchi speculativi contro l'euro al pari dei "colleghi" americani. Da registrare in margine del vertice di Bruxelles la firma dell'adesione della Croazia all'Unione europea. Il 28esimo stato della Ue entrerà ufficialmente l'1 luglio del 2013, al termine del processo di ratifica dell'atto di adesione da parte di tutti i paesi dell'Ue. Fino ad allora, il governo di Zagabria godrà dello status di "osservatore attivo", così come i dodici parlamentari croati che seguiranno i lavori del Parlamento europeo. 14 dicembre 2011 |