Lo dicono i dati dell'VIII Rapporto sul sistema universitario italiano L'università pubblica è al collasso: meno iscritti, meno studenti in corso, meno laureati, meno ricercatori e docenti, meno fondi Il ministro Gelmini vuole affossarla per sempre Abrogare le controriforme didattiche Zecchino-Moratti-Gelmini Un desolante quadro delle condizioni in cui è stato ridotto il sistema universitario italiano: è quanto emerge dall'ottavo rapporto annuale del Cnvsu, il Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario. L'ente del Ministero della pubblica distruzione guidato dalla gerarca Mariastella Gelmini traccia un bilancio dei percorsi di studi universitari analizzando i dati nell'anno accademico 2006/2007, ossia a sei anni dall'introduzione della controriforma didattica Zecchino (3 + 2) e a due dalla controriforma Moratti (la cosiddetta Y - 1+2+2). Su quasi un milione e 800 mila studentesse e studenti che hanno frequentato i 58 atenei italiani, dato stabile da quattro anni, solo un milione è in regola con gli studi. Il chè significa che "oltre 4 studenti su 10 sono ripetenti o fuori corso". "A suscitare preoccupazione - argomentano i relatori - sono anche le cifre relative alla quota di abbandoni dopo il primo anno e il numero medio di crediti acquisiti annualmente dagli studenti". Altro dato emblematico: più di uno studente su 5 (quasi mezzo milione di studenti) dopo avere frequentato il primo anno decide di gettare la spugna, con un trend in netta crescita dall'applicazione della controriforma. Stessa tendenza per quanto riguarda gli studenti "inattivi", ossia coloro che nel corso dell'anno precedente non hanno sostenuto alcun esame o acquisito crediti formativi (22%). Cosicché su un totale di poco meno di 300mila laureati registrati negli ultimi tre anni (conquista della maglia nera in Europa) meno di uno su tre giunge alla tesi nei tempi previsti, mentre il 30% lo fa con un anno di ritardo e addirittura il 29% con due-tre anni di ritardo. Ricordiamo che la riorganizzazione della didattica targata Zecchino-Moratti introdusse la frequenza obbligatoria ai corsi sostituendo i voti nelle singole materie con i famigerati crediti formativi universitari (Cfu), figli di una concezione dell'università ancor più selettiva, classista meritocratica ed aziendalista. In pratica per conseguire la laurea di primo livello occorre racimolarne 180 Cfu in un triennio (60 all'anno), per quella specialistica altri 120. Questo meccanismo, che nelle intenzioni dichiarate dai legislatori avrebbe dovuto ridurre gli abbandoni ed aumentare il numero degli iscritti in corso, ha funzionato in realtà, insieme alle aberrazioni del numero chiuso e programmato voluto da D'Alema, da grimaldello per diminuire gli accessi e sbarrare le porte della laurea ai figli del proletariato e del popolo. I corsi di studio sono diventati una proibitiva corsa ad ostacoli per chi non ha santi in paradiso come testimoniano i dati presentati: "gli studenti italiani sono ben lontani dai 60 crediti l'anno con una media che si attesta attorno ai 25 crediti... Solo gli studenti di 29 atenei, in media, superano i 30 crediti l'anno e in appena due università (Siena e Venezia Iuav) si superano i 45 crediti". I più in difficoltà, con 22 crediti/anno, sono gli studenti dell'università di Palermo, e non a caso visto che è noto che le iscrizioni di studenti-lavoratori precari nel Sud sono molto alte e che per gli studenti di estrazione proletaria e popolare ogni anno di ritardo sul percorso di studi significa altre tasse, balzelli e sacrifici a fronte di un numero di borse di studio erogate "ridicolo" per un paese che si definisce "avanzato". I primi ad essere falciati dai governanti in camicia nera sono stati gli iscritti al "vecchio ordinamento" visto che nel 2004-2005 erano 500 mila gli iscritti ai "vecchi" corsi e pochissimi i "regolari" (appena 43 mila). Il numero degli insegnamenti invece ha fatto registrare un vero e proprio boom: da 116.182 sono diventati 180.001, ma una consistente fetta di questi insegnamenti, ben 71.038, valgono al massimo 4 crediti (corsi di serie B). Cosicché su 3.373 lauree di primo livello e lauree specialistiche a ciclo unico i corsi con meno di dieci immatricolati sono ben 340. Per quanto riguarda il corpo docenti i dati sull'età anagrafica mostrano quanto sia vicina l'ondata di pensionamenti che dimezzerà la categoria, per i dottorandi invece si sottolinea come solo il 56% usufruisce di una (misera) borsa di studio, appena sopra il limite del 50% fissato per legge. A fronte di questa situazione disastrosa il ministro soldato di Berlusconi continua a bombardare l'università pubblica con provvedimenti e dichiarazioni, di recente ha ricordato che già nel decreto 180 sull'università è prevista la ripartizione del 7% del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) sulla base della "qualità di ricerca e didattica" precisando che "nell'arco di 5 anni questa percentuale deve salire al 30 per cento". Insomma dopo i corsi di serie A e corsi di serie B nasceranno le università di serie A e di serie B e la lista dei "buoni" e dei cattivi sarà compilata a breve proprio in base ai parametri individuati dal Civr (Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca) e dal Cnvsu secondo il quale "solo 26 su 58 atenei italiani, quelli che hanno un rapporto lordo fra Assegni fissi e Ffo superiore al 90 per cento, potranno accedere ai finanziamenti e programmare nuove assunzioni". Come il PMLI ha da tempo denunciato il blocco delle assunzioni e del turn-over, i prepensionamenti forzati, il taglio drastico dei fondi di sostentamento delle università pubbliche, soprattutto delle zone più povere e del Sud, le cattedre d'azienda, la liquidazione dei ricercatori, riforma della governance e il dirottamento dei soldi pubblici verso i cosiddetti "centri d'eccellenza", controllati dai potentati economici e finanziari, dal governo, dal Vaticano e dall'Opus Dei, sono gli ultimi tasselli di quel puzzle ideato da Gelli, Craxi e dallo stesso Berlusconi per demolire dalle fondamenta l'università pubblica ed accessibile a tutti ed istaurare al suo posto l'università del regime neofascista. A meno che... un'Onda non li travolgerà! 25 febbraio 2009 |