Lo rivela l'Istat Un milione di famiglie non riesce a sfamarsi Il 15,4% arriva a stento alla fine del mese, il 33% non può far fronte a spese improvvise Al Sud i più poveri, specie in Sicilia La povertà e le disuguaglianze sociali sono ormai un'emergenza nazionale che attanagliano una fetta sempre più grande della popolazione già da diversi anni, già da prima della crisi economica che stiamo attraversando. L'ennesima conferma viene dall'Istat con l'Indagine sulla distribuzione del reddito e le condizioni di vita in Italia reso noto il 22 dicembre 2008. Un'analisi a campione prevista da un progetto europeo sulle condizioni economiche e la qualità della vita dei cittadini dell'Unione che ha coinvolto circa 21 mila famiglie (52.772 individui) rappresentative della popolazione italiana con domande riguardanti i redditi percepiti nel 2006 e le condizioni di vita nel 2007. Il dato allarmante rilevato dai ricercatori Istat è che "tutti gli indicatori mostrano un peggioramento delle condizioni di vita. E questo nel 2007, prima della crisi". A fine 2007 il numero delle famiglie che ha dichiarato di aver avuto nel corso dell'anno "momenti con insufficienti risorse per l'acquisto di cibo" è salito dal 4,2% al 5,3%. Che tradotto in termini assoluti significa che ben 1 milione di famiglie non hanno avuto i soldi per mangiare tutti i mesi. Mentre ben il 15,4%, una famiglia su 6, ha dichiarato di arrivare "con molta difficoltà" alla fine del mese. Dato questo che sale al 18,5% per le famiglie monoreddito. Dati che suonano come campane a morto, per quel che emergerà quando verranno analizzati i dati del 2008 con le famiglie che già stentano ad arrivare alla terza settimana, la valanga di cassa integrazione (+525% a dicembre) e licenziamenti che si sono abbattuti sui lavoratori a causa della crisi economica e la scellerata politica economica del governo del neoduce Berlusconi Restano immutate invece le caratteristiche delle famiglie più deboli. A stare peggio sono gli anziani soli o le coppie con figli. Inalterate e profonde le disuguaglianze territoriali (Nord-Sud) e quella - gravissima - di genere. "Le famiglie il cui percettore è una donna - scrive l'Istat - presentano un reddito mediano pari a circa due terzi rispetto alle altre". Significa che la metà dei nuclei sostenuti da una donna è sotto i 17.207 euro annui, poco più di mille euro al mese, mentre tra quelli sostenuti dagli uomini uno su due è sotto i 25.900. Oltre al dato sugli alimentari, l'Istat giudica "non trascurabili" le percentuali di famiglie che hanno registrato difficoltà ad acquistare beni di prima necessità, È infatti salito dal 10,4% all'11,1% la quota di famiglie che nel corso del 2007 ha avuto momenti in cui non è riuscita a far fronte alle spese mediche; il 16,9% delle famiglie che ha avuto difficoltà per l'acquisto di abiti necessari, il 10,7% a riscaldare adeguatamente la propria abitazione, l'8,8% ha avuto difficoltà a pagare le bollette e quasi il 33% ha dichiarato di non essere in grado di far fronte ad una spesa imprevista di 700 euro. Tribolazioni quotidiane per una popolazione che non arriva ai duemila euro mensili. Infatti una famiglia su due nel 2007 è rimasta sotto la quota 1.924 euro al mese. Un valore in aumento del 2,8% rispetto all'anno precedente ma interamente fagocitato dall'inflazione (2,1%). Dunque, nella realtà è come se il reddito non si fosse mosso. Drammatico rimane il divario territoriale. Il reddito delle famiglie che vivono nel Sud e nelle Isole è circa tre quarti del reddito delle famiglie residenti al Nord, da cui li dividono ben 6 mila euro in meno l'anno. Inoltre i loro redditi sono maggiormente concentrati nelle fasce di reddito più basse. Di conseguenza è inevitabile che nel Meridione si registri "segnali di disagio particolarmente marcati rispetto al resto del paese", con il 22% delle famiglie (più di una su 5) che ha avuto difficoltà alla fine del mese", il 19,4% ha avuto difficoltà ad affrontare spese mediche, ed il 46,4% (quasi una famiglia su 2) che "dichiara di non poter far fronte ad una spesa imprevista di 700 euro". Una percentuale che sale addirittura al 57,5% in Calabria e al 51,8% in Sicilia. Ma soprattutto nel Sud c'è "una non trascurabile percentuale di famiglie", come riconoscono anche i ricercatori dell'Istat, ben il 7,3%, che dichiara di non aver avuto i soldi per sfamarsi in almeno un'occasione nei dodici mesi precedenti l'intervista. I disagi economici maggiori in Sicilia che detiene il primato del reddito familiare più basso, 17.273 euro annui, seguita dalla Calabria, 18.171 euro, dalla Campania e dalla Puglia. Benché le condizioni peggiori siano al Sud, è al centro-nord che si registra un più marcato peggioramento rispetto all'anno precedente. Passano dal 10,7% all'11,9% le famiglie settentrionali che non arrivano con facilità alla fine del mese, aumenta dal 6,8% al 9,3% la percentuale di famiglie residenti al Centro che dichiarano mancanza di risorse per le spese mediche e dall'11,3% al 14,1% per l'acquisto del vestiario. Sempre più famiglie sono in difficoltà per il mangiare in Piemonte (dal 3,4% al 4,6%), Lombardia dal 3% al 4,1%) e nel Lazio (il 5,9%). I dati dell'Istat, insomma dipingono una situazione drammatica, che rende ancor più urgente e assolutamente improcrastinabile un intervento del governo per frenare l'impoverimento delle famiglie che oggi sta diventando esplosivo. Non solo dal 2007 al 2008 le condizioni delle masse popolari sono già peggiorate pesantemente, non solo milioni di famiglie di lavoratori già non arrivano neppure alla terza settimana, ma tutto ciò è destinato a peggiorare ulteriormente nel corso dell'anno appena iniziato. Siamo ufficialmente in recessione e la ripresa è prevista solo e forse nel 2010. Il prossimo futuro sarà dunque un periodo durissimo che non può essere affrontato con le elemosine e i bonus governativi. Occorrono rimedi strutturali ed efficaci: aumenti degli stipendi e delle pensioni sociali, minime, basse e medie, il ripristino della scala mobile, tagli fiscali ai redditi medio-bassi e aumento delle tasse ai redditi alti e altissimi, tassazione dei grandi patrimoni e delle grosse reddite, blocco totale dei licenziamenti, stabilizzazione dei precari, "ammortizzatori sociali" universali, alzare l'indennità di cig e di disoccupazione pari al salario medio degli operai dell'industria per un periodo non inferiore a tre anni estendendola anche ai giovani in cerca di prima occupazione, ampi interventi pubblici nel Mezzogiorno, abbattere gli interessi bancari sui mutui sulla prima casa. È ora insomma che il governo metta in campo le risorse necessarie per risolvere i gravi problemi delle masse popolari altrimenti dovrà rispondere di fronte al popolo e di fronte alla storia della macelleria sociale cui stiamo andando incontro. 18 febbraio 2009 |