Discorso di Angelo Urgo, Segretario del Comitato lombardo del PMLI, alla commemorazione del 10 marzo a Milano
Il nostro attaccamento a Stalin è basato sull'attaccamento all'autentica società socialista
Chi infanga Stalin riempie la megadiscarica abusiva del revisionismo anticomunista

Pubblichiamo qui di seguito il testo integrale del discorso pronunciato dal compagno Angelo Urgo, Segretario dell'Istanza regionale del PMLI, alla commemorazione di Stalin che si è svolta domenica 10 marzo a Milano, ultima delle iniziative organizzate dal Partito in Lombardia per i 60 anni della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale.
In queste stesse pagine pubblichiamo anche i passi salienti degli interventi pronunciati in tale occasione dai compagni Alessandro Frezza, Responsabile dell'Organizzazione di Viggiù (Varese) del PMLI, Cristina e Mattia.
La cronaca dell'iniziativa è apparsa su
Il Bolscevico ultimo scorso.

 
Compagne e compagni, amiche e amici,
quando 60 anni fa, il 5 Marzo 1953, venne annunciata la morte di Stalin, un dolore infinito e profondo accomunò il popolo sovietico ai popoli del mondo e all'umanità avanzata e progressiva e un sentimento di sgomento turbò i proletari e i marxisti-leninisti per la gravissima e irreparabile perdita di colui che aveva dedicato l'intera sua esistenza e logorato ogni sua energia fisica e mentale alla causa entusiasmante della rivoluzione e del socialismo, alla causa dell'emancipazione della classe operaia e di tutti i lavoratori dall'oppressione e dallo sfruttamento capitalistici, alla causa della liberazione dei popoli oppressi dall'imperialismo.
Noi perdevamo il grande Maestro del proletariato internazionale che aveva ispirato saggiamente e diretto vittoriosamente, dalla scomparsa di Lenin e per quasi un trentennio, il Partito Bolscevico, l'Unione Sovietica, il movimento comunista internazionale, il campo socialista e la rivoluzione mondiale, arricchendo in ogni campo il patrimonio ideale e scientifico del marxismo-leninismo.
Per commemorare degnamente il 60° Anniversario della scomparsa di Stalin il PMLI, ovunque è presente e nonostante le intimazioni poliziesche del regime neofascista come quelle avvenute a Napoli, a Catania e Rimini, ha allestito banchini di propaganda e organizzato iniziative pubbliche - avvalendosi del video realizzato dal Partito "Con Stalin per sempre", della biografia sempre realizzata dal PMLI "Stalin, la vita e l'opera", dei numeri speciali de "Il Bolscevico" e di un Documento ad hoc dell'Ufficio politico del PMLI - per far conoscere agli operai, ai lavoratori, alle masse popolari e ai giovani la vita e l'opera di questo grande Maestro del proletariato internazionale, non con un intento nostalgico ma con un forte proponimento militante, di chi si ispira al suo esempio, alla sua tenacia e fermezza, per chiamare tutti gli anticapitalisti, a unirsi a noi nella lotta contro il capitalismo, per il socialismo!
È grazie alla loro tenacia e fermezza sui principi e sugli obiettivi strategici del Partito del proletariato se Lenin e Stalin hanno potuto realizzare, in condizioni sfavorevoli e difficilissime, quel capolavoro storico che è la Rivoluzione d'Ottobre, e se Stalin è riuscito a guidare con successo la classe operaia e tutto il popolo lavoratore dell'URSS nel realizzare il socialismo a partire da un solo Paese, annientare il mostro nazifascista e diffondere il germe del socialismo nel mondo intero!

L'erede di Lenin
Sì, compagne e compagni, Stalin fu colui che, prendendo il testimone di Lenin alla testa del glorioso Partito dei bolscevichi, guidò il popolo sovietico nell'entusiasmante edificazione della prima società socialista della storia dimostrando così la completa scientificità della teoria universale del marxismo-leninismo!
Stalin disse: "Guardate solo in che modo i capitalisti vogliono uscire dalla crisi economica. Essi riducono al massimo il salario degli operai. Essi riducono al massimo i prezzi sulle materie prime. Ma essi non vogliono ridurre un po' seriamente i prezzi sulle merci industriali e di approvvigionamento del consumo di massa. Questo significa che essi vogliono uscire dalla crisi a tutto scapito dei principali consumatori delle merci, a scapito dei lavoratori. I capitalisti tagliano il ramo su cui essi siedono. E al posto di una uscita dalla crisi essi ottengono un suo approfondimento, ottengono l'accumulo di nuove premesse che porteranno a una nuova e ancor più violenta crisi"(1). Sembra parlare a noi, oggi! E invece era il 1931, ma si parlava dello stesso argomento: il capitalismo nella sua inevitabile crisi di sovrapproduzione!
Bisogna pensare che proprio nei primi anni '30 il sistema capitalistico mondiale era attanagliato dalla più grave crisi economica della sua storia, dalla quale sarebbe uscito solo attraverso la carneficina della seconda guerra mondiale imperialista, e l'URSS di Stalin, unico Paese a non essere colpito dalla grande depressione e anzi avanzare a grandi passi nello sviluppo economico e nell'industrializzazione, mostrava in modo evidente e tangibile a tutti la superiorità del socialismo sul capitalismo, suscitando l'ammirazione e il rispetto del mondo intero.
Parlando ad un auditorio di operaie, operai, lavoratrici e lavoratori stakhanovisti, Stalin spiegava che la presa del potere politico da parte della classe operaia e dei suoi alleati non basta, occorre proseguire decisamente nell'edificazione del socialismo: "Certo, è una buona cosa cacciare i capitalisti, cacciare i grandi proprietari fondiari, cacciare i sicari zaristi, prendere il potere e ottenere la libertà. Questo è molto bene. Ma purtroppo la libertà, da sola, è lungi dall'essere sufficiente. Se il pane non basta, se la carne e i grassi non bastano, se non bastano i manufatti, se le abitazioni sono cattive, con la sola libertà non si fa molta strada. È molto difficile, compagni, vivere di sola libertà. Perché si possa vivere bene e felicemente è necessario che i benefici della libertà politica siano completati dal benessere materiale. La particolarità caratteristica della nostra rivoluzione sta nel fatto che essa non ha soltanto dato al popolo la libertà, ma anche il benessere materiale, ma anche la possibilità di una vita agiata e civile. Ecco perché da noi la vita si è fatta felice". Di fronte alle evidenti e concrete conquiste del socialismo in ascesa, affermava: "La gente non lavora, da noi, per gli sfruttatori, né per l'arricchimento dei parassiti, ma per sé, per la propria classe, per la propria società, per la società sovietica, in cui sono al potere i migliori uomini della classe operaia. E per questo che il lavoro ha per noi un'importanza sociale, è oggetto di onore e di gloria. Sotto il capitalismo il lavoro ha carattere privato, personale. Se hai prodotto di più, ricevi di più e vivi per conto tuo, come puoi. Nessuno ti conosce né vuole conoscerti. Lavori per i capitalisti, li arricchisci? E come potrebbe essere diversamente? Ti si è arruolato appunto perché tu arricchisca gli sfruttatori. Se non sei d'accordo, va nelle file dei disoccupati e vegeta come puoi: ne troveremo degli altri, più trattabili. E per questo che il lavoro umano non è molto apprezzato sotto il capitalismo. (...) Le cose vanno ben diversamente in regime sovietico. Qui l'uomo del lavoro è al posto d'onore. Qui egli non lavora per gli sfruttatori, ma per sé, per la sua classe, per la società. Qui l'uomo del lavoro non può sentirsi abbandonato e solo. Al contrario, l'uomo del lavoro, da noi, si sente libero cittadino del suo Paese, come fosse un uomo pubblico. E se lavora bene e dà alla società ciò che può dare, è un eroe del lavoro ed è circondato di gloria"(2).
Durante la Grande Rivolta del Sessantotto andava in voga lo slogan "Viva il compagno Giuseppe Stalin, terrore dei borghesi, terrore dei fascisti, terrore di tutti i falsi comunisti". Questo motto vale anche oggi dato che Stalin è raffigurato tuttora come il diavolo in persona dai borghesi, dai fascisti e dalla maggior parte dei partiti falso-comunisti come PRC, PdCI, PCL, PDAC ed SC, questo perché la sua è la personificazione stessa della lotta mortale tra socialismo e capitalismo, tra rivoluzione e reazione, tra la dittatura dichiarata del proletariato per costruire la nuova società socialista, e la dittatura malcelata della borghesia per mantenere e consolidare il vecchio capitalismo basato sull'arricchimento di una minoranza di sfruttatori per mezzo della proprietà privata dei mezzi di produzione sociale e sulla rapina imperialista dei popoli e delle nazioni oppresse.
Come affermò il compagno Mino Pasca nel suo memorabile discorso pronunciato a nome del Comitato centrale del PMLI il 2 marzo 2003 alla storica Commemorazione di Stalin per il 50° della scomparsa tenutasi al Palazzo dei Congressi di Firenze: "finché fu vivo Stalin la borghesia interna e internazionale non ebbe alcuno spazio in Urss e nel movimento comunista internazionale, fu denudata, sbugiardata, umiliata e sconfitta e visse nel terrore, in questo e solo in questo consisteva il cosiddetto terrore staliniano, del suo tramonto storico, lei che si ritiene eterna e universale, mentre la realtà sovietica quotidiana mostrava quanto essa fosse superflua e inferiore rispetto alla nuova classe proletaria giunta al potere dell'economia, dello Stato e dell'intera società.

Gli imperialisti mordono il freno
Finché fu vivo Stalin gli imperialisti, che si chiamassero Hitler o Mussolini, Churchill o Truman, schiumavano di rabbia nell'impossibilità di fare bene e senza freni il solo mestiere che conoscono, quello di macellai dei popoli. (...)
La figura di Stalin personificava la contrapposizione stessa tra socialismo e capitalismo, tra rivoluzione e controrivoluzione, tra progresso e reazione, a tal punto da costringere i revisionisti kruscioviani, ossia la borghesia salita al potere nel partito e nello stato sovietici a sferrare e concentrare, nel 1956 al 20° congresso del Pcus, esclusivamente contro Stalin il loro criminale attacco, che chiameranno destalinizzazione, per rovesciare il socialismo nella patria dei soviet. Ecco chi dobbiamo 'ringraziare' se oggi il mondo è globalizzato sotto il tallone di ferro dell'imperialismo e la Russia è tornata indietro di un secolo, governata da un nuovo zar, Putin, sponsorizzato e protetto dal neoduce Berlusconi, e piagata dall'arretratezza economica e da un regime dispotico e fascista, dalla miseria dei lavoratori e dall'arbitrio poliziesco e mafioso, dalle peggiori diseguaglianze economiche, sociali e nazionali e dall'annientamento sistematico e dalla feroce repressione delle nazionalità oppresse.
A partire dal colpo di Stato fascista di Krusciov, gli anticomunisti e i fascisti che erano stati costretti a mordere la polvere rialzarono la testa e riversarono tutta la bile sin lì accumulata in una campagna di sistematica e vergognosa demonizzazione di Stalin e di distruzione della sua figura, vomitando fiumi di falsità e di menzogne assurde e fantasiose, mostruose e meschine sulle sue attività, vita e opera fino a dipingerlo come il diavolo in persona e ad accusarlo di tutto e del contrario di tutto. Tanti nemici, tanto onore: nessun'altra grande personalità nella storia ha ricevuto un trattamento analogo.
Tutti e cinque i grandi Maestri del proletariato internazionale sono stati ripagati dal nemico di classe con ogni sorta di persecuzione, repressione e calunnia. Eppure nessuno è odiato dai fascisti, imperialisti e borghesi quanto Stalin, e qui sta la ragione del rapporto speciale che ci lega a lui. Quanto più lo attaccano tanto più noi lo difendiamo, più lo calunniano più noi lo amiamo, più lo demonizzano più noi ci identifichiamo in lui. Difendendo Stalin difendiamo noi stessi, la nostra storia, l'intera causa per il socialismo"(3).
Tutti i servi della classe dominante borghese e dell'imperialismo, dai fascisti, passando tra i liberali, i democristiani e i socialdemocratici riformisti fino ai falsi comunisti di marca trotzkista e revisionista, hanno fatto e fanno tutt'oggi a gara nell'assecondare i loro padroni, che come mecenati della menzogna li ricompensano lautamente, nel definire Stalin un "assassino", "un criminale", "un bandito", "un despota medievale"; "il più grande dittatore della storia", "come Hitler", "peggio di Hitler"... e mi fermo qui perché ho abbastanza rispetto per la bocca con la quale parlo per non volerla insozzare nel ripetere degli epiteti così grossolani, volgari e infamanti!

L'amore del popolo russo
Qui la domanda sorge spontanea: è possibile che tra gli onesti operai e lavoratori vissuti nell'URSS di Stalin, e tra chi successivamente ne raccolse la viva testimonianza di esperienza storica, si possa dar credito a tutte le menzogne che riempiono la megadiscarica abusiva del revisionismo storico anticomunista?
Per darci una risposta basiamoci su alcuni dati provenienti da fonti insospettabili di "comunismo". Sul sito internet del Tg1 il 5 marzo viene pubblicata questa notizia (ovviamente non annunciata in nessuna edizione andata in onda del medesimo telegiornale) che riferisce che a seguito di un recentissimo sondaggio del Centro demoscopico Levada: "il 49 per cento dei russi considera, ancora oggi, positivo il ruolo di Stalin nella storia del Paese, mentre il 32 per cento crede che abbia avuto un ruolo negativo"(4). Quindi, 1 russo su 2 è per Stalin mentre solo 1 su 3 si dichiara contro!
In un allarmato articolo di Piero Sinatti pubblicato il 23 luglio 2008 su "Il Sole 24ore", il quotidiano della Confindustria, si leggeva: "Il fatto è che Stalin in Russia è sempre popolare, ma solo tra le generazioni più anziane, tra i pensionati e altri percettori di redditi bassi, tra gli abitanti di piccole città e i centri rurali, delle regioni del Volga e del sud" mentre "gli antistaliniani (e antileniniani) si trovano soprattutto tra i cittadini sotto i 40 anni, tra le classi di maggior reddito e tra gli abitanti dei grandi centri, specie nel Nord Ovest russo"(5). Quindi Stalin è amato in Russia da chi oggi vive il capitalismo in condizioni di disoccupazione, di sfruttamento, di povertà e di bisogno e tra coloro che hanno goduto del benessere sociale e della superiorità politica e morale della società socialista sovietica staliniana; mentre Stalin è avversato tra ceti ricchi borghesi degli oligarchi capitalisti e dei mafiosi e tra coloro che non avendo vissuto nel vero socialismo staliniano hanno un'idea del "socialismo" derivata dall'aver vissuto nell'URSS revisionista di Krusciov, di Breznev, di Andropov, di Cernenko e di Gorbaciov, in cui veniva restaurato il capitalismo e nella quale sistematicamente si diffamava con varie calunnie la figura di Stalin e la sua opera.
In poche parole compagni: i conti tornano! Altro che "dittatore"! Altro che "criminale"! Stalin vive nel grande cuore rosso della maggioranza degli onesti, degli oppressi e degli sfruttati di tutta la Russia!
Le migliaia di ritratti di Stalin portati in piazza a Mosca, San Pietroburgo e in altre città della Russia e di altre ex repubbliche sovietiche in occasione del 5 Marzo, del 1° Maggio, del 9 Maggio e del 7 Novembre e le ripetute iniziative propagandistiche delle gigantografie di Stalin sugli autobus di linea di città russe ed ex sovietiche, finanziate da migliaia di contributi di semplici cittadini vorranno pur dire qualcosa? Certamente si!
L'attaccamento a Stalin, quindi, è basato sull'attaccamento ad una autentica società socialista. Ma quando si ha una autentica società socialista?
Si ha un autentico socialismo quando la proprietà della terra, delle fabbriche e dei mezzi di produzione e di scambio è pubblica; quando è soppresso lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo; quando ad ogni cittadino è garantito il diritto al lavoro, alla casa, all'istruzione e assistenza sanitaria pubbliche e gratuite; quando lo Stato è diretto dalla classe operaia come classe dominante e d'avanguardia nella società, che esercita la sua dittatura di classe contro qualsiasi resistenza o tentativo di restaurazione del capitalismo da parte della borghesia interna, vecchia e nuova che sia, e da parte del circostante imperialismo; quando l'eguaglianza dei diritti economici, sociali, culturali e politici è garantita a tutti senza discriminazioni nazionali, religiose o razziali; quando è concretamente garantita l'eguaglianza dei diritti dei cittadini indipendentemente dalla condizione, dall'origine, dal sesso, dal lavoro svolto; quando vi è la garanzia non solo dei diritti dei cittadini ma anche dei mezzi materiali necessari all'esercizio di questi diritti!
Queste sono, in estrema sintesi, le condizioni generali sulle quali poggia un'autentica società socialista; non c'è nessun "socialismo del XXI secolo" che regga a confronto!
Quello che avevano sognato per secoli gli spiriti più avanzati dell'umanità venne realizzato agli inizi degli anni '30 in Unione Sovietica sotto la guida di Stalin, il socialismo venne così sancito per legge nella grandiosa Costituzione staliniana del 1936 il cui progetto fu precedentemente presentato ai popoli dell'URSS stampato in 60 milioni di copie, discusso in 527 mila assemblee, cui presero parte 36 milioni di cittadini sovietici che per mesi e mesi lo discussero e votarono proposte in circa 154 mila emendamenti che contribuirono a perfezionare l'originario progetto. Questa, compagne e compagni, è vera partecipazione democratica, altro che chiacchiere arancioni di "democrazia partecipata"!
Per i lavoratori dell'URSS quella Costituzione fu un bilancio di lotte e di vittorie del socialismo realizzato; per i marxisti-leninisti di tutto il mondo essa è tutt'oggi un grandioso programma di lotta contro il capitalismo, per il socialismo!

Le contraddizioni nel socialismo
Detto ciò dobbiamo comunque ricordare che la costruzione del socialismo in URSS non fu certo un processo lineare e privo di conflitti. Tutt'altro. Fece emergere contraddizioni i cui effetti attraversarono la società, il governo e il Partito. La lotta di Stalin contro i vari Trotzki, Zinoviev, Kamenev, Bucharin, Rikov, Tomski, ecc., fu una vittoria contro la borghesia di cui questi revisionisti e controrivoluzionari, erano i rappresentanti. La loro sconfitta determinò la convinzione in Stalin che fosse definitivamente scomparsa in URSS anche la borghesia. Questa fu una opinione errata e quanto affermato da Stalin nella sua ultima grande opera scientifica "Problemi economici del socialismo nell'URSS'' costituisce un riconoscimento di questo errore ponendo l'attenzione sull'esistenza di contraddizioni di classe nel socialismo. Sarà poi Mao che, analizzando a fondo tutta l'esperienza storica della dittatura del proletariato e le esperienze di costruzione del socialismo in URSS, in Cina e negli altri Paesi socialisti, chiarirà dal punto di vista teorico che la vittoria della Rivoluzione e l'affermazione del socialismo non sono, di per sé, un fatto irreversibile, acquisito una volta per tutte; ma che in tutta l'epoca di transizione al comunismo continuerà la lotta tra proletariato e borghesia, tra socialismo e capitalismo, e sarà lo sviluppo della lotta di classe a determinare la vittoria del socialismo e la permanenza al potere della classe operaia. La Grande rivoluzione culturale proletaria cinese ideata e diretta da Mao sarà, sul piano pratico e dell'azione concreta, la realizzazione della teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato.
Compagne e compagni,
l'altro ieri era l'8 Marzo, Giornata internazionale della donna, e ciò ci obbliga a ricordare quali sono i meriti del socialismo realizzato sotto la guida di Stalin in merito all'emancipazione femminile. Vediamo per esempio come veniva trattato il diritto alla maternità.
Fin dai primi mesi di gravidanza la lavoratrice sovietica - che godeva ovunque del diritto al lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato - riceveva un aiuto in denaro o, nel periodo di guerra, in viveri. Durante tutto il periodo della gravidanza ella poteva frequentare gratuitamente appositi ambulatori, dove riceveva consigli medici, aiuti e medicinali. Era fatto obbligo agli enti statali e a tutte le aziende pubbliche e collettive (quelle private erano ammesse solo se fondate sul lavoro personale, escludente lo sfruttamento del lavoro altrui) che occupavano donne incinte di adibirle ai lavori più leggeri, era assolutamente proibito far loro fare ore straordinarie e di licenziarle. Per due mesi prima del parto e per i due mesi successivi le partorienti erano dispensate dal lavoro pur ricevendo lo stesso salario di sempre. Questo valeva per tutte le lavoratrici: operaie, impiegate, maestre o colcosiane che fossero!
Le madri sovietiche ricevevano dal sindacato un piccolo corredo per il nascituro. Se non potevano allattarlo, ambulatori speciali le rifornivano il latte necessario per lo svezzamento artificiale.
Dopo la nascita del bambino, terminati i quattro mesi di esonero dal lavoro, se la giovane madre voleva continuare a lavorare lo faceva, ma nessuno la costringeva, oppure, se voleva, poteva dedicarsi tutta alla cura del suo o dei suoi bambini. Se continuava a lavorare, aveva diritto a mezz'ora per allattare il bambino che viveva durante il giorno nel nido d'infanzia aziendale dove la madre lavorava. Quando il bambino si ammalava la madre (o comunque un genitore) poteva, previa prescrizione medica, restare a casa e ricevere ugualmente l'intiero salario.
Questo è solo un aspetto dell'emancipazione femminile nell'URSS di Stalin, quello della maternità, che già da solo basta a dimostrare quanto sia arretrata a confronto l'attuale condizione media della donna lavoratrice italiana nel capitalismo!
Basandosi sull'esperienza dell'Unione Sovietica di Stalin, aggiungendoci l'ulteriore sviluppo di quella avutasi nella Cina socialista di Mao, il PMLI ha elaborato la sua linea politica strategica di lotta per l'emancipazione femminile. Come affermato dalla compagna Monica Martenghi, Responsabile della Commissione per il lavoro femminile del CC del PMLI, nell'editoriale sull'8 Marzo di quest'anno pubblicato su "Il Bolscevico" n. 9: "Per le masse femminili sfruttate e oppresse è decisiva la questione della conquista del potere politico da parte del proletariato maschile e femminile, che resta la madre di tutte le questioni. È questo l'atto fondamentale che facendo tabula rasa della proprietà privata capitalistica, dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e dell'intera sovrastruttura ideologica, statale, politica, culturale e morale capitalistica è in grado di spalancare le porte all'emancipazione della donna le cui leve principali sono la partecipazione in massa al lavoro produttivo e la socializzazione del lavoro domestico. È attraverso queste due leve che le masse femminili potranno partecipare veramente ad ogni livello e grado alla gestione della vita economica, produttiva, politica, sociale e culturale al pari dell'uomo"(6).
Per Stalin l'avanzamento delle donne era una condizione fondamentale per l'edificazione e lo sviluppo del socialismo, ecco cosa affermava in un colloquio coi colcosiani provenienti da tutta l'URSS: "Una cosa debbo dirvi: non sottovalutate le donne fatele coraggiosamente avanzare. Se uomini e donne lavorerete insieme attivamente nei colcos, sposterete le montagne. Non arrestatevi dinanzi a niente e sarete tutti ricchi. Perché il colcos è una ricchezza per tutti se tutti lavoreranno con impegno"(7). E questo principio di non sottovalutare le donne e farle coraggiosamente avanzare non vale solo per i colcos e la produzione di allora ma vale anche oggi nel nostro Partito e varrà oltremodo nella futura Italia unita, rossa e socialista!

Il PMLI e gli insegnamenti di Stalin
Il PMLI è fiero di essere l'unico Partito in Italia ad ispirarsi coerentemente agli insegnamenti di Stalin. A lui per esempio si è ispirato il nostro Ufficio politico nel redigere il documento elettorale astensionista, in particolare alla seguente citazione, tratta da uno scritto dell'8 Marzo 1906 in cui Stalin confutava le obiezioni di coloro che si opponevano al boicottaggio della prima Duma (il parlamento) della Russia: "La tattica della partecipazione alle elezioni indebolisce lo spirito rivoluzionario del popolo, poiché i fautori della partecipazione invitano il popolo a elezioni poliziesche e non ad azioni rivoluzionarie, vedono la salvezza nelle schede elettorali e non nell'azione del popolo"(8).
I 12.931.661 astensionisti che hanno sfiduciato i partiti del regime e il parlamento borghese alle elezioni politiche del 24-25 febbraio 2013, i 2.000.453 astenuti che hanno sfiduciato le corrotte istituzioni borghesi federate della Lombardia, rispettivamente pari al 27,5% e al 25,85% del corpo elettorale, ci dimostrano l'irresistibile processo di distacco della classe operaia e delle masse lavoratrici e popolari da questo Stato che fa gli interessi dei loro sfruttatori ed oppressori e quindi del loro sistema sociale, il capitalismo, che con la globale crisi economico-finanziaria in corso sta dimostrando in modo inconfutabile la sua totale incompatibilità con il processo storico di sviluppo e di progresso dell'intiera umanità contro la quale si sta ponendo di traverso, di ostacolo nello sbarrargli il cammino!
Dobbiamo quindi fare il possibile per far comprendere alla classe operaia ed alle masse lavoratrici e popolari italiane che solo il socialismo può cambiare davvero l'Italia, abbattere il capitalismo e la dittatura borghese e dare il potere al proletariato, innanzitutto, ed alle masse lavoratrici postesi sulle sue posizioni rivoluzionarie. Come afferma l'Ufficio politico del PMLI, nella lettera di ringraziamento a tutte le Istanze intermedie e di base del Partito, alle Squadre di propaganda dell'astensionismo marxista-leninista, ai simpatizzanti del PMLI che da soli hanno propagandato l'astensionismo marxista-leninista, l'astensionismo è un voto "che noi abbiamo il dovere, attraverso la nostra propaganda e la nostra proposta politica, di trasformare in voto cosciente dato al PMLI e al socialismo. Un lavoro di lunga durata, che non si deve limitare alle sole campagne elettorali, che richiede una seria e profonda preparazione ideologica e politica e un impegno costante nei propri ambienti di lavoro, di studio e di vita. Con la coscienza che le illusioni elettorali, parlamentari, governative, costituzionali, riformiste e pacifiste sono ancora molto forti nell'elettorato, anche quello di sinistra, e che queste illusioni a volte riescono a influenzare e a ghermire gli astensionisti più deboli, meno colti in senso proletario rivoluzionario e marxista-leninista".
Continuiamo, dunque, con determinazione e perseveranza a lottare contro le illusioni elettorali e il capitalismo, per il socialismo!
Prendiamo esempio da Stalin, studiandone la vita e l'opera, acquisendone la sua perseveranza e fermezza sui principi come nostra fonte di ispirazione e guida per l'azione nel superare tutte le difficoltà e nel costruire un grande, forte e radicato PMLI per aprire la strada al socialismo in Italia.
Come ha detto il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, "Stalin ha segnato profondamente il XX secolo e rimarrà in eterno una grande bandiera rossa di combattimento per tutti gli sfruttati e gli oppressi del mondo"(9).
Solo il socialismo può cambiare l'Italia, abbattere il capitalismo e la dittatura borghese e dare il potere al proletariato!
Eleviamo la nostra preparazione ideologica, politica e organizzativa sulla base del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e della linea politica ed organizzativa del Partito per rendere il PMLI un Gigante Rosso non solo nella testa ma anche nel corpo!
Con Stalin per sempre, contro il capitalismo per il socialismo!
Al servizio del Partito!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!


Note
(1) Stalin: Sui compiti dei dirigenti d'impresa - Discorso alla prima Conferenza federale dei lavoratori dell'industria socialista - 4 febbraio 1931 - pubblicato su "Il Bolscevico" n. 7 del 21 febbraio 2013
(2) Stalin: discorso del 17 novembre 1935, pubblicato in italiano dalle Edizioni in lingue estere di Mosca.
(3) Mino Pasca: discorso pronunciato, a nome del Comitato centrale del PMLI, il 2 marzo 2003 alla commemorazione del 50° della scomparsa di Stalin.
(4) http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-5a5c78de-7b68-4f96-a621-3796f87b3a09.html
(5) "Il Sole 24ore" del 28 luglio 2008 - "Stalin, per i russi il 'concittadino' più illustre"
(6) Monica Martenghi: Viva l'8 Marzo, l'emancipazione femminile e la lotta contro il capitalismo per il socialismo - editoriale pubblicato su "Il Bolscevico" n. 9 del 7 marzo 2013
(7) Stalin: "A colloquio coi colcosiani" - pubblicato su "Il Bolscevico" n. 1 del 10 gennaio 2013
(8) Stalin: "La Duma di Stato e la tattica della socialdemocrazia", 8 Marzo 1906, Opere complete, Edizioni Rinascita, Vol. 1, pag. 244
(9) Giovanni Scuderi, "Teniamo alta la grande bandiera rossa di Stalin", Editoriale in occasione del 115° Anniversario della nascita di Stalin, "Il Bolscevico" n. 47/1994

20 marzo 2013