Al Forum mondiale delle nuove comunicazioni Gli Usa non mollano le chiavi di internet La Ue strappa solo un forum di confronto ma senza potere Gli Usa hanno le chiavi di Internet e non le mollano. Questo il succo del Summit mondiale sulla società dell'informazione (Wsis, nella sigla inglese) che si è chiuso il 16 novembre scorso a Tunisi. Già in apertura del forum mondiale delle nuove comunicazioni promosso dall'Onu, al quale hanno partecipato 10 mila delegati e circa 50 capi di Stato, il segretario generale delle Nazioni unite Kofi Annan aveva ringraziato gli Stati Uniti per aver sviluppato Internet e averla mantenuta a disposizione di tutti; una marcia indietro rispetto ai contenuti dei documenti preparatori del summit nei quali si parlava di una "gestione multipolare" della rete che ha una sempre maggiore importanza anche in tutte le attività economiche. Era un segnale nel linguaggio diplomatico che indicava la bocciatura delle richieste di spostare dagli Usa all'Onu o ai singoli governi il controllo dei nomi di dominio di Internet (i suffissi del tipo .com, .org, .it, etc). D'altra parte nello scorso giugno l'amministrazione americana aveva messo la pietra tombale alle discussioni avviate nel precedente summit del 2003 a Ginevra dichiarando di voler mantenere la "supervisione a tempo indeterminato" dell'Icann, l'ente privato che dipende dal dipartimento del commercio Usa, che distribuisce i domini. Il monopolio dell'imperialismo americano sulla Rete era messo in discussione da vari paesi, Cina, Iran, Brasile e dalla Ue che proponeva tra l'altro di affidare a un consorzio europeo la futura gestione dei nomi. I rappresentanti americani hanno respinto tutte le richieste. Il pieno fallimento del summit è stato evitato con l'istituzione di un forum che prende il nome di Internet Governance Forum (Igf) e che nei prossimi anni dovrà ridiscutere la gestione dei domini e le regole di funzionamento di tutta la Rete; un forum di semplice discussione, senza poteri, costituito essenzialmente da rappresentanti dei governi e delle aziende del settore. Il documento finale del summit tunisino, generico e pieno di promesse, ha un paragrafo dove si spiega con precisione cosa l'Igf non deve fare: "l'Igf non avrà funzioni di supervisione e non sostituirà nessun accordo, istituzione o organizzazione, le sue decisioni saranno neutrali e non vincolanti, non avrà nessun ruolo nel funzionamento e nell'operatività di Internet". Funzionamento, le cui chiavi restano in mano alla Icann. La società privata con sede in California, controllata dal governo americano e dove sono presenti le grandi imprese del settore, da quando è nata Internet stabilisce quali domini esistono su Internet e quali sono i soggetti autorizzati a registrare nuovi siti. Se uno Stato vuole costruire un proprio dominio deve chiedere l'autorizzazione alla Icann. Che può concederlo in pochi giorni o bloccare la richieste per anni come nel caso della Palestina. Il potere della Icann si esercita inoltre non solo sull'accesso ma anche sull'uso di Internet potendo inibire o cancellare gli indirizzi: lo scorso anno ha chiuso per una settimana gli indirizzi .ly ed escluso dalla rete la Libia. Evidente la condizione di controllo monopolistico da parte dell'imperialismo Usa e delle multinazionali americane del settore su Internet che il forum di Tunisi ha confermato. Secondo le stime del summit, a breve termine gli indirizzi web aumenteranno fino a sessanta, ottanta miliardi; la dichiarazione di Ginevra del 2003 auspicava che entro il 2015 Internet sia esteso a altre 850 mila comunità. Sarà ancora la Icann, e quindi l'amministrazione americana, a decidere dove crescerà e dove si svilupperanno la rete e le attività connesse nei prossimi anni. 14 dicembre 2005 |