In margine al vertice Apec di Singapore Usa e Cina non vogliono accordi vincolanti contro l'inquinamento Obama e Hu Jintao svuotano il già deficitario summit sul clima di Copenaghen A Singapore, in margine al vertice delle nazioni dell'Asia-Pacifico (Apec), si è svolto il 15 novembre un incontro tra i leaders presenti sul tema dell'ambiente in vista del summit sul clima in programma a Copenaghen dal 7 al 18 dicembre che ha espresso la volontà in particolare dei presidenti americano Obama e cinese Hu Jintao di non volere alcun accordo vincolante sulla protezione dell'ambiente. Detto dai rappresentanti dei due maggiori paesi inquinatori del pianeta rappresentava la pietra tombale di ogni misura che il già deficitario vertice sul clima si appresta a definire. Secondo quanto dichiarava il consigliere di Obama, Michael Froman, nell'incontro a Singapore "c'è stata la constatazione da parte dei leader che è irrealistico attendersi un accordo entro 22 giorni. Lo stato dei negoziati ha portato a escludere la possibilità di un'intesa in tempi così ravvicinati. Ma è importante che la conferenza di Copenaghen si tenga, sarà comunque un passo avanti". A scanso di equivoci, l'obiettivo di ridurre del 50% le emissioni di anidride carbonica entro il 2050 scompariva dal documento finale del vertice Apec, dove inizialmente figurava. D'altra parte negli Usa il progetto di legge per imporre un tetto alle emissioni inquinanti viaggia con molta lentezza nella discussione al Congresso, sotto le pressioni delle multinazionali americane contrarie alla riforma e con Obama che ha altre priorità, nonostante lo sviluppo dell'energia pulita fosse uno dei punti del suo programma economico per il rilancio degli Usa inginocchiati dalla crisi. Mentre la Cina che vede come il fumo negli occhi i già insufficienti obiettivi di riduzione dell'inquinamento del pianeta definiti a Kyoto e che dovrebbero essere aggiornati e ampliati a Copenaghen, continua a ritenere che la riduzione delle emissioni è anzitutto compito dei paesi da tempo industrializzati, coloro che hanno avuto maggiori responsabilità nel provocare i cambiamenti climatici. Non ha nessuna intenzione di frenare la propria crescita economica che è tale anche per il completo disprezzo dell'ambiente. Da queste condizioni nasce l'asse degli inquinatori Cina-Usa che tra l'altro taglia fuori e mette di fronte al fatto compiuto gli altri paesi, Unione europea compresa. Obama e Hu si sono rivisti due giorni dopo a Pechino per la prima visita ufficiale del presidente americano in Cina e hanno tentato di mettere una toppa al giusto coro di proteste sollevato dalle dichiarazioni fatte a Singapore. In conferenza stampa, il 17 novembre, Obama ha dichiarato di essere favorevole a un accordo sul clima a Copenaghen "che abbia effetti immediati". A Copenaghen, ha affermato, "noi non puntiamo a un accordo parziale o a una dichiarazione politica, ma piuttosto a un accordo che copra tutti i problemi con i negoziati e che abbia effetto immediato". Con Hu Jintao che rincalzava: "Siamo d'accordo di agire sulla base del principio delle comuni responsabilità e di lavorare con altre parti interessate, con il fine di aiutare a far emergere risultati positivi dalla conferenza di Copenaghen". Al solito Michael Froman il compito di precisare che a Copenaghen Stati Uniti e Cina si impegneranno a raggiungere un accordo "politicamente" vincolante su obiettivi immediati di riduzione delle emissioni CO2; il che vuol dire che un'intesa ci potrà essere ma non sarà né operativa né vincolante. 18 novembre 2009 |