Manovre Usa in Congo per il controllo dI materie prime e per contrastare la presenza della Cina Nel corso degli ultimi tre mesi nelle regioni nordorientali della Repubblica democratica del Congo si sono svolte almeno due offensive congiunte delle forze armate congolesi con quelle dei vicini Ruanda e Uganda per riprendere il controllo di alcune zone occupate dalle milizie del Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp) del generale Laurent Nkunda Batware nel Nord Kivu e della Lord's Resistance Army (Lra), i ribelli ugandesi guidati da Joseph Kony, rifugiati da alcuni mesi nel parco del Garamba. A giudicare dai risultati, le operazioni militari si sono risolte con un mezzo fiasco ma la novità sta nel fatto che per la prima volta gli eserciti dei tre paesi confinanti hanno cooperato nel combattere le milizie ribelli sotto una regia ben definita, quella dell'imperialismo americano. Che ha messo al lavoro il suo nuovo comando per l'Africa, l'Africom, e deciso a entrare in azione per dire la sua nel gioco del controllo delle ricchezze della regione e contrastare la sempre più massiccia presenza del concorrente imperialismo cinese. Le ricche regioni orientali del Congo sono state teatro nel corso degli ultimi anni di una vera e propria guerra alimentata dalle forze del generale dissidente Nkunda che ha goduto del sostegno del vicino Ruanda. Nkunda sostiene di difendere la sua comunità dei tutsi banyamulenge dagli attacchi delle formazioni di hutu interahamwe, le milizie delle Forze democratiche di liberazione del Ruanda (Fdlr) che il governo congolese è accusato di sostenere che si sono rifugiate in Congo dopo aver massacrato i tutsi in Ruanda durante il genocidio del 1994. La stessa motivazione, dare la caccia ai responsabili del genocidio dei tutsi, con la quale il suo finora sponsor Paul Kagame, il presidente del Ruanda per due volte ha invaso il vicino paese. Tra l'incudine e il martello ci stanno le popolazioni locali, vittime della lunga lista di massacri che si susseguono sotto lo sguardo imbelle delle forze Onu, inquadrate nella missione Monuc, presenti nella regione. Alla fine dell'ottobre scorso le milizie di Nkunda erano arrivate a un passo dalla conquista di Goma, la capitale della provincia, che l'esercito regolare congolese sembrava non in grado di difendere. Gli scontri erano cessati per una dichiarazione di cessate il fuoco unilaterale promulgato dal Cndp in attesa dei risultati delle trattative che erano in corso sia tra Congo, Uganda e Ruanda che al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Una situazione simile a quella del Nord Kivu si registrava nella vicina provincia orientale al confine del Lago Albert, dove si erano rifugiati i ribelli ugandesi della Lra. In queste regioni orientali del Congo il potere del governo di Kinshasa era pressoché nullo, il gioco era condotto di fatto dai vicini Ruada e Uganda che avevano messo le mani sul commercio delle risorse naturali minerarie e agricole a vantaggio loro e delle multinazionali. Con l'ovvio benestare di Usa, Francia e Gran Bretagna. Che si sono trovate a fronteggiare l'ingresso del concorrente Cina. Nel 2008 il governo di Pechino ha firmato con Kinshasa un contratto per un prestito di 9,2 miliardi di dollari per finanziare la costruzione di strade, di due dighe idroelettriche, ospedali, scuole, collegamenti ferroviari e lo sviluppo di nuove aree minerarie. In cambio ha ottenuto diritti di sfruttamento sulle enormi risorse di rame e cobalto congolesi. Un accordo denunciato da Nkunda, che accusava il governo di Kinshasa di "aver svenduto il paese alla Cina", e dal Fondo monetario internazionale (Fmi) perché non rispetterebbe le regole del commercio dando alla Cina un diritto di precedenza sullo sfruttamento minerario. Il Fmi minacciava di annullare la cancellazione del debito contratto dal Congo che vale 11 miliardi di dollari. Con maggiore efficacia si muovevano gli Usa. Prima della pubblicazione di un rapporto dell'Onu in cui si accusava il Ruanda di ingerenza in Congo con l'appoggio al Cndp di Nkunda promuovevano un'intesa tra i governo dei due paesi che portava il 5 dicembre scorso alla firma da parte dei due presidenti Paul Kagame del Ruanda e Joseph Kabila del Congo di un accordo che portava il Ruanda a mollare il protetto Nkunda e a definire l'operazione militare congiunta nel Nord Kivu. Per convincere con successo i due rivali all'intesa, gli Usa mettevano sul tavolo la minaccia di sospensione degli aiuti economici, che nel 2006 sono stati di 103 milioni di dollari al Ruanda e 171 al Congo. Anche la Gran Bretagna era pronta a sospendere i propri aiuti che sempre nel 2006 erano ammontati a 84 milioni di dollari per il Congo e 65 per il Ruanda. Alla fine dello scorso gennaio 7.000 soldati ruandesi sono entrati nel Nord Kivu per colpire le Fdlr. Il bilancio dell'operazione conclusa a fine febbraio è di una decina di ribelli uccisi e di circa duecento catturati. Prima dell'attacco il governo ruandese aveva messo in carcere l'ex protetto Nkunda. Un completo fallimento si è invece rivelata l'altra operazione militare congiunta tra Congo e Uganda contro la Lra. L'operazione denominata "Lightning Thunder" era iniziata il 14 dicembre scorso e era diretta dal figlio del presidente ugandese. I soldati ugandesi hanno attaccato il campo di Kony ma lo hanno trovato deserto: i combattenti dell'Lra si erano dati alla fuga, probabilmente preavvertiti. Le due operazioni militari erano state preparate e organizzate sotto l'egida degli Usa. Nella manovra "Lightning Thunder" è entrato direttamente in ballo un gruppo di una ventina di consiglieri e analisti dell'Africom, distaccato presso il confine tra Uganda e Congo munito di apparecchiature satellitari e rifornimenti logistici. Un sigillo militare alle intese tra Congo, Ruanda e Uganda per lo sfruttamento comune delle risorse del Nord Kivu e dei grandi giacimenti di petrolio presso il lago Albert, sotto il controllo di Usa, Francia e Gran Bretagna prima che ci metta sopra le mani la concorrente imperialista Cina. 4 marzo 2009 |