Uva massacrato di botte in caserma a Varese Il terzo caso, dopo quello di Aldrovandi e di Cucchi, che dimostra come operano le "forze dell'ordine" Giuseppe Uva, il 43enne arrestato a Varese la notte del 13 giugno 2008 e morto la mattina seguente, fu "massacrato di botte in caserma" dalle "forze dell'ordine" e dunque il suo decesso non è avvenuto né per "autolesionismo" come sostengono i carabinieri né per un'incompatibilità con i farmaci somministrati al pronto soccorso per cui sono finiti sotto inchiesta due medici. A sostenerlo è l'amico della vittima, Alberto Biggiogero, il quale è convinto che Giuseppe sia morto in seguito a un pestaggio organizzato per vendetta da un carabiniere la cui moglie aveva una relazione con Uva. La versione degli "atti di autolesionismo" sostenuta dai massacratori in divisa di Uva viene smentita anche dalla registrazione di una telefonata intercorsa fra due carabinieri nelle stesse ore in cui Giuseppe era ricoverato agonizzante in ospedale. Nel colloquio i due militi in riferimento allo stato psico-fisico di Uva e di uno dei suoi aguzzini in divisa commentano: "Non so chi è tra i due... il migliore. Uva... No... Uva fisicamente lo puoi tenere, è debole. L'altro è intenibile". Già al momento dell'arresto, ha raccontato Alberto, Giuseppe: "che aveva avuto rapporti con la moglie di un carabiniere'' viene pesantemente minacciato: "Uva proprio te cercavamo". I due amici vengono quindi arrestati in stato di ubriachezza, condotti nella caserma di via Saffi e sistemati in stanze separate. Poco dopo una decina di poliziotti e carabinieri iniziano a massacrare di botte Giuseppe. "C'era via vai di carabinieri e poliziotti, mentre udivo provenire le urla di Giuseppe, che echeggiavano per tutta la caserma assieme a colpi dal rumore sordo". Dopo quasi due ore di calci e pugni, Alberto col suo telefonino riesce a chiamare il 118 e sussurra all'operatore "Stanno massacrando un ragazzo". Il 118 si mette in contatto con la caserma e chiede se deve inviare l'autoambulanza. "No guardi, sono due ubriachi che abbiamo qui - risponde un militare - ora gli togliamo i cellulari. Se abbiamo bisogno vi chiamiamo noi". Venni preso - ha detto ancora Biggiogero - e "sopraffatto con vari ceffoni e scarpate mi hanno imposto di stare zitto se non volevo fare la stessa fine... Udivo le urla incessanti di Giuseppe per circa un'ora e mezza ancora". Il massacro va avanti fino alle 5 del mattino quando gli aguzzini in divisa finalmente si decidono a richiedere un Trattamento sanitario obbligatorio per Uva. Trasportato al pronto soccorso, Giuseppe viene poi trasferito al reparto psichiatrico dell'ospedale di Circolo, mentre Alberto viene lasciato andare. Verso le 8,30 due medici - gli unici indagati della vicenda - gli somministrano sedativi e psicofarmaci e poche ore dopo Giuseppe cessa di vivere. Per due anni, denunciano i parenti e l'avvocato della famiglia Uva, le indagini sono rimaste ferme. A parte "i primi interrogatori nei giorni successivi di poliziotti e carabinieri, non è stato più sentito nessuno". Eppure i dubbi e gli interrogativi sulle ultime ore di vita di Giuseppe sono tanti e tutti da chiarire. A cominciare dal perché le due volanti di turno più quella del capoturno confluiscono tutte in via Saffi per due ubriachi appena arrestati? "È normale che tre pattuglie siano impegnate per due ore e, mentre tutto il territorio di Varese resta sguarnito, nessuno fa relazione su quello che hanno fatto?". Perché, se al momento dell'arresto "il soggetto dà in escandescenze", il trattamento sanitario viene chiesto parecchie ore dopo e un così grave ritardo? Chi ha fatto sparire gli slip di Giuseppe intrisi di sangue? Come si spiegano le ferite e i lividi sul volto, il sangue sui vestiti, la macchia rossa tra pube e regione anale? Perché l'autopsia non ha previsto esami radiologici per evidenziare eventuali fratture? "Sono passati quasi due anni e non abbiamo avuto ancora giustizia. - dice in lacrime Lucia Uva, sorella di Giuseppe - Non sappiamo ancora perché nostro fratello è morto: se per le botte o per i farmaci somministrati in ospedale. Aspettiamo che un giorno qualcuno dica la verità". La famiglia Uva ha chiesto anche la riesumazione del cadavere di Giuseppe e una nuova autopsia sul corpo, fotografato dalla sorella all'obitorio, pieno di lividi e nuovi interrogatori sia per i carabinieri e i poliziotti in servizio a Varese la notte tra il 13 e il 14 giugno 2008 e presenti nella caserma di via Saffi sia per Alberto Biggiogero, unico testimone, mai sentito dal magistrato inquirente. 7 aprile 2010 |