Sulla battaglia della Valsusa La polizia rovescia la responsabilità sugli aggrediti dalla repressione Gravissimo è quanto accaduto domenica 3 luglio in Valsusa quando, oltre a usare il manganello e i lacrimogeni aggredendo i manifestanti, le forze di polizia, che hanno fatto storicamente della menzogna e dell'ipocrisia la loro bandiera, hanno rovesciato sui manifestanti la colpa dell'aggressione. Al pari dei falsificatori di prove e torturatori della Scuola Diaz di Genova costoro sono stati ringraziati dal ministro della polizia Maroni, che ha avuto la faccia tosta di affermare che "un gruppo di delinquenti ha cercato la vittima, ha cercato di ammazzare poliziotti e carabinieri che altro non facevano che il loro dovere difendendo la legalità, il che significa attentare alla loro vita" omettendo però di dire che sono stati i manifestanti a doversi difendere dalle forze di polizia. Maroni ha ritirato fuori la storiella dei Black bloc, confortato dal capo della DIGOS di Torino Giuseppe Petronzi: entrambi hanno sottolineato che oltre a un corteo pacifico vi sarebbero stati, secondo loro, numerosi infiltrati di questo fantomatico movimento, e Petronzi specifica addirittura con assoluta sicurezza che questi fantomatici Black bloc proverrebbero addirittura dall'estero. Una prima smentita a quest'ultima affermazione è data dal fatto che i quattro arrestati negli scontri sono tutti italiani: Marta Bifani è di Parma, Salvatore Soru di Maranello, Roberto Nadalini di Modena e Gianluca Ferrari di Marghera. Bolognese è il denunciato a piede libero, Fabiano Di Berardino, che è stato ferito negli scontri e la cui testimonianza è importante, dal momento che parla di inaudita violenza degli agenti nei suoi confronti anche quando giaceva ferito sulla barella. Del resto la testimonianza dell'attivista bolognese sull'inaudita violenza scatenata dalla polizia è pienamente confermata dalla ricostruzione dei fatti sia del portavoce del movimento NO-TAV Maurizio Piccioni sia da uno dei legali dell'organizzazione, avvocato Bertone, che sta raccogliendo prove circostanziate delle violenze gratuite da parte della polizia a cominciare dall'uso di lacrimogeni con gas Cs sparati ad altezza d'uomo. Piccioni precisa che fu la polizia che per impedire ai gruppi di manifestanti che avevano lasciato il corteo principale di riconquistare il cantiere (la riconquista era l'obiettivo dichiarato ed esplicito) iniziò a lanciare lacrimogeni, acqua e anche sassi con inaudita violenza contro i manifestanti che quindi dovettero difendersi. Contrariamente a ciò che ha detto la DIGOS poi - ha aggiunto Piccioni - i giovani con caschi ed anche maschere antigas non erano fantomatici Black Bloc bensì i ragazzi che si erano staccati dal corteo principale i quali, memori dell'esperienza del mercoledì precedente quando la polizia aveva usato inaudita violenza per forzare il presidio dei manifestanti, si erano ovviamente premuniti. Anche le "prove" prodotte ed esibite in conferenza stampa dagli imbroglioni istituzionali della DIGOS (estintori, molotov, bottigliette con ammoniaca, addirittura un mortaio artigianale) devono essere prese con grande beneficio di inventario, ricordando bene l'armamentario esibito a Genova nel 2011 come "prova" della violenza dei manifestanti, salvo poi essersi dimostrato in Tribunale che ben determinati pubblici ufficiali avevano falsificato le prove ed esortato, come Gianni De Gennaro, colleghi a dichiarare il falso in Tribunale. Insomma, non sono bastati il morto di Genova e i tanti morti che negli anni si sono succeduti vittime della criminale violenza poliziesca. Rovesciando ciò che ha detto Maroni possiamo ben dire che è la polizia che voleva il morto e non i manifestanti che si sono limitati a difendersi da una preordinata violenza poliziesca in quanto difendevano e continuano a difendere gli interessi delle masse valligiane in lotta. 13 luglio 2011 |