Raggiunto l'obbiettivo dei NoTav: tagliata la rete Ventimila in corteo dietro lo striscione "Giù le mani dalla Val di Susa" "La nonna partigiana ce lo ha insegnato, tagliare la rete non è reato" Bella e combattiva manifestazione di massa quella di domenica 23 ottobre, con la quale la popolazione della Val di Susa ha ribadito il suo fermo "NO" alla costruzione della linea ad alta velocità Torino-Lione. A nulla sono valse le parole del ministro leghista Maroni che aveva minacciato "succederà qualcosa di brutto", né le tre pagine di ordinanza del Prefetto di Torino che vietavano "l'accesso a chiunque a tutti i sentieri e alle aree prative e silvestri dei comuni di Giaglione e Chiomonte", né la militarizzazione della zona con 2.000 agenti, né i blocchi di cemento sistemati nei boschi o le recinzioni con il filo spinato che gli israeliani usano per soffocare i territori occupati. Non è valso a nulla neanche il lavorio anti-manifestazione dei dirigenti nazionali e locali del PD, dal deputato Stefano Esposito, che chiedeva lo spostamento della manifestazione lontano da Chiomonte, alla segretaria torinese Paola Brangatini, che chiedeva non venisse autorizzata, in linea con la posizione espressa del coordinatore piemontese Enzo Ghigo del PDL. Neanche i fermi, con oltre 15 giovani portati in questura, e le perquisizioni di manifestanti hanno bloccato la protesta popolare. Nonostante l'operazione di repressione sia stata massiccia: 419 identificati e 286 veicoli perquisiti. Del resto, lo avevano annunciato i NoTav nel loro comunicato precedente al corteo che avrebbero raggiunto il loro obbiettivo, e se ce ne fosse stato bisogno, avrebbero messo in atto le risposte di massa adeguate al comportamento delle "forze dell'ordine": "Domenica la val di Susa dimostrerà che aprire i cantieri è una speranza vana: migliaia di cittadini marceranno per tagliare le reti, per aprire varchi nel recinto. In migliaia taglieremo le reti invitando chi sta dall'altra parte a desistere da violenze e rappresaglie, dal lancio di lacrimogeni e quant'altro: se l'invito non verrà accolto ci difenderemo dai gas, e chi dovesse dare l'ordine di aggredire cittadini pacifici che chiedono giustizia se ne assumerà la responsabilità di fronte al paese che ci guarda ". Mentre le istituzioni nere cercavano ogni stratagemma per impedire il corteo, infatti, le cesoie andavano a ruba nella Val di Susa. Ne sono state vendute a centinaia: l'obbiettivo era arrivare in massa "alle recinzioni abusive del non cantiere di Chiomonte, per darci un taglio". In migliaia, la stima finale parla di ventimila, hanno aggirato i posti di blocco per tentare di raggiungere a piedi Giaglione. A metà mattinata parte il corteo dietro lo striscione "Giù le mani dalla Val di Susa", intonando la parola d'ordine "a sarà dura!". Ad aprire il lungo serpentone, le donne che lanciano il coro: "le donne della Val Susa si danno da fare sappiamo cucire ma anche tagliare", mentre nella valle riecheggiano le parole d'ordine "Fuori le truppe di occupazione" e "La Valsusa paura non ne ha. Non passa la Tav di qua". Lungo il sentiero verso la baita della Val Clarea, i manifestanti tagliano in massa la prima recinzione incontrata e invadono la zona rossa. La testa del corteo, sempre dietro lo striscione "giù le mani dalla Val di Susa" e intonando la parola d'ordine "la nonna partigiana ce l'ha insegnato, tagliare le reti non è reato" giunge alla seconda recinzione. Vista l'impossibilità di tagliare anche queste reti, rafforzate rispetto alle precedenti, il corteo si divide in tre parti, dirigendosi alla baita lungo la strada dei boschi. Nei boschi uno spiegamento enorme di polizia e carabinieri in assetto antisommossa, appoggiati da finanza, alpini e cacciatori di Sardegna. Il corteo nel bosco riesce, tuttavia, ad oltrepassare il fiume e ad arrivare alla baita, circondando e aggirando in migliaia le "forze dell'ordine". Alla baita i manifestanti organizzano un pranzo a base di polenta e immediatamente dopo un'assemblea proprio all'interno della zona rossa stabilita da Maroni, conclusa dall'intervento di uno dei leader del movimento No Tav Alberto Perino, per decidere come continuare la lotta. A metà pomeriggio, mentre in decine rimangono alla baita a presidiare la baita, il corteo torna verso Giaglione. "Ci possiamo ritenere più che soddisfatti, abbiamo raggiunto i nostri obiettivi", ha sottolineato Perino, che ha rinviato "ad una prossima manifestazione che sarà decisa dal coordinamento del movimento", aggiungendo: "Rifaremo le manifestazioni fino a quando le reti del cantiere non cadranno. La partita è lunga ma ce la faremo. Ora il motto non è più 'sarà dura' ma 'è dura'". Una straordinaria e storica giornata di lotta nella quale la popolazione della Val di Susa si è ripresa ancora una volta il suo territorio, assestando un sonoro ceffone politico alla destra e alla "sinistra" del regime borghese. Il movimento No Tav sta certamente crescendo e siamo certi che alla fine prevarrà sul coacervo di sostenitori di questo nero progetto e vincerà questa storica battaglia. 26 ottobre 2011 |