Nonostante il referendum dove oltre 3 milioni e 600 mila lavoratori e pensionati (96%) hanno votato NO e la grandiosa manifestazione del 4 aprile a Roma promossi dalla Cgil Confindustria, Cisl, Uil e Ugl varano il nuovo modello contrattuale padronale e corporativo, la Cgil non firma Rinaldini: "La Fiom non lo applicherà" Dal 22 gennaio scorso, giorno in cui governo, associazioni padronali, Cisl, Uil e Ugl (ex Cisnal) firmarono contro la volontà manifesta della Cgil, l'accordo quadro per il nuovo modello contrattuale, padronale e corporativo, in sostituzione del precedente patto sulle stesse regole del 23 luglio 1993, ci sono stati due avvenimenti di grandissimo rilievo sindacale, entrambi promossi dalla Cgil, che non potevano e non dovevano essere ignorati: il referendum svolto tra lavoratori e pensionati con 3.643.836 No all'accordo separato (pari al 96% dei votanti) e la grandiosa manifestazione nazionale del 4 aprile cui hanno partecipato 2 milioni e 700 mila manifestanti che aveva tra i motivi, anche la contestazione del suddetto patto che demolisce il contratto nazionale e programma la riduzione dei salari. Invece, sordi e arroganti oltre ogni limite, autoritari e provocatori il vertice della Confindustria, capitanato dal suo presidente, Emma Marcegaglia, e i leader di Cisl, Uil e Ugl Bonanni, Angeletti, Polverini si sono riuniti il 15 aprile per firmare "l'Accordo interconfederale... per l'attuazione dell'accordo-quadro sulla riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio", in pratica una fotocopia. Era presente anche il leader della Cgil, Guglielmo Epifani per ribadire i dissensi già espressi e confermare il rifiuto a firmare il suddetto accordo. La vigilia di questo incontro era stata animata da un violento attacco di Bonanni alla Cgil. In una intervista sul Corriere della Sera aveva accusato la Cgil di "ambiguità" e di "opportunismo" sulla vicenda degli attacchi ai manager da parte dei lavoratori. E riferendosi al rifiuto dell'accordo sul nuovo modello contrattuale, aveva aggiunto. "Non riesco a capire come Epifani possa ancora subire il fascino culturale della sinistra radicale", "liscia la tigre della rivoluzione e soffia sul fuoco". Immediata e ferma la replica della Cgil: "Bonanni ha passato il segno - si legge nella nota diffusa -. Nulla giustifica, se non un intento 'inaccettabilmente strumentale, le considerazioni sulla Cgil espresse dal segretario della Cisl. Chiaramente sta prendendo lucciole per lanterne: o non è in grado di interpretare quello che legge oppure comincia a manifestare una volontà manipolatoria". A proposito di "fascino", bisognerebbe chiedere a Bonanni quanto pesa su di lui quello del neoduce Berlusconi, visto che non si vergogna di recarsi in segreto nella sua casa privata per concordare come far capitolare la Cgil e come dar vita a un nuovo sindacato "complice" di governo e padronato, di stampo neocorporativo e neofascista, da terza repubblica, da costruirsi non per caso anche con il concorso dell'ex sindacato fascista, Cisnal, oggi Ugl. La firma dell'accordo separato L'incontro svoltosi nella foresteria di Confindustria, tutto precostituito, è durato poco, giusto il tempo per le firme. Non è stato nemmeno letto il testo dell'accordo, dato per conosciuto. La bozza era sta diffusa giorni prima. Epifani accompagnato dai segretari confederali Susanna Camusso e Fabrizio Solari, ha consegnato una lettera alla Marcegaglia dove sono riassunti i motivi di dissenso della Cgil. In essa si ricordano le 59.337 assemblee organizzate nei luoghi di lavoro in tutte le categorie e il voto contrario di oltre 3 milioni e 600 mila tra lavoratori e pensionati e si afferma: "la nostra contrarietà all'intesa è già nota, e si basa, per la parte fondamentale sulla convinzione che il modello definito separatamente riduce la qualità e l'estensione della contrattazione nazionale e di secondo livello". La posizione richiamata da Epifani è quella assunta all'unanimità dal direttivo nazionale della Cgil il 30 gennaio scorso dove, tra l'altro. è scritto: "La Cgil ha detto no a quell'accordo perché non tutela i salari, perché indebolisce la contrattazione a partire dalle deroghe e dalla limitazione dell'autonomia contrattuale delle categorie, perché limita il diritto di sciopero, attraverso una misurazione della rappresentatività non condivisibile. Così come è costruito l'accordo separato non produce l'universalità del modello, è già evidente la differenza tra pubblico e privato... Rimane netta - prosegue il documento del direttivo della Cgil - la percezione di uno smisurato affidamento alla bilateralità, che sganciato da una precisa attività contrattuale può favorire una pericolosa scelta di sostituzione della contrattazione e costituzione di un ceto che può trasformarsi in casta". Un po' più nel dettaglio. L'accordo sottoscritto che rende operativo il nuovo modello contrattuale, introduce la triennalità della durata del Ccnl anche per la parte economica (fino ad ora era biennale), assume un meccanismo per la rivalutazione dei salari chiamato IPCA (Indice dei prezzi al consumo in ambito europeo) depurato però dagli aumenti dei prodotti energetici, un meccanismo persino peggiore di quello attualmente in vigore che impedisce il recupero del potere d'acquisto perso a causa dell'inflazione. Sposta aumenti contrattuali sul salario variabile per incentivare gli straordinari e aumenti di produttività da realizzarsi con aumenti di lavoro. Tutta la retorica sulla contrattazione di secondo livello è un puro inganno, dato che la stragrande maggioranza dei lavoratori delle piccole imprese è nell'impossibilità a praticarla. Vi sono poi le deroghe che possono stabilire normative e trattamenti economici meno vantaggiosi rispetto a quelli previsti dai Ccnl e dalle leggi dello Stato "da concordare tra le parti", vi sono inaccettabili limiti al diritto di sciopero e lunghi e spropositati periodi di "pace sociale" imposti prima e dopo la presentazione delle piattaforme rivendicative, infine le bilateralità estese in modo abnorme che cambiano radicalmente la natura delle relazioni sindacali e del sindacato stesso con un segno collaborazionista e corporativo. Occorre lo sciopero generale con manifestazione sotto Palazzo Chigi Forte la denuncia del segretario della Fiom. Per Gianni Rinaldini, l'accordo separato "è un'enormità che non era mai stata fatta, neanche nei periodi di massima divisione sindacale, come negli anni Cinquanta. Non si era mai arrivati a tanto". Il nuovo accordo, aggiunge, "non definisce solo nuove relazioni industriali ma anche un nuovo modello di sindacato che, come dice Sacconi, è complice". "La Fiom - conclude perentorio - non applicherà le nuove regole della contrattazione al contratto dei metalmeccanici", che scadrà, per la parte economica, a fine 2009. Per Giorgio Cremaschi, leader di "Rete 28 aprile", occorre "una nuova piattaforma sindacale, molto più avanzata di quella degli anni della concertazione, ma anche una nuova pratica sindacale, che azienda per azienda, contratto per contratto, renda vano l'accordo separato e lo trasformi in un totale fallimento". "Se vogliamo ricostruire - continua - l'unità delle lavoratrici e dei lavoratori, dobbiamo aprire un conflitto di fondo con il modello sindacale che propongono Confindustria, Cisl e Uil": È ovvio che questo nuovo grave passo compiuto in sintonia con il governo del neoduce Berlusconi, da Confindustria e sindacati complici non può rimanere senza una risposta di lotta forte e tempestiva. A questo proposito sono importanti due scadenze già programmate: la riunione del direttivo nazionale della Cgil fissata per il 21 aprile dalla quale dovrebbero uscire decisioni chiare e concrete su come proseguire la lotta contro l'accordo separato e contro le politiche del governo, specie in riferimento alla crisi economica e sociale in atto. Quella giusta sarebbe, noi del PMLI lo andiamo dicendo da tempo, la proclamazione dello sciopero generale con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi. Dalla stessa riunione potrebbero uscire anche delle disposizioni per lo svolgimento del congresso nazionale, ormai sono in molti nella Confederazione a chiederle, con i segretari dei metalmeccanici e della Funzione pubblica in testa. E la riunione del direttivo nazionale della Fiom del 28-29 aprile che stabilirà il percorso e le modalità per la non applicazione dell'intesa del 15 aprile. Ma è dalle fabbriche che dovrebbe arrivare subito un segnale forte di contestazione, con ordini del giorno, assemblee e scioperi in difesa dei diritti sindacali, contrattuali e salariali delle lavoratrici e dei lavoratori. 22 aprile 2009 |