Calpestando la volontà popolare e il risultato referendario Vendola rifiuta la riduzione delle tariffe dell'acqua La beffa della nuova legge regionale sulla ripubblicizzazione dell'acquedotto pugliese "È indispensabile fare i conti con la realtà per non precipitare nei burroni della demagogia: sull'Acquedotto Pugliese abbiamo deciso di intraprendere la strada dell'efficientamento e su quella proseguiremo. Per questo non abbasseremo le tariffe". Queste le parole pronunciate dal governatore della regione Puglia, il neoliberale e presidenzialista Nichi Vendola (SEL), a margine dell'assemblea dell'Acquedotto Pugliese (Aqp) che ha presentato a fine giugno il bilancio 2010. Vendola è così il primo amministratore pubblico che rifiuta pubblicamente di dare attuazione alla volontà della maggioranza del popolo italiano espressa attraverso la vittoria dei Sì ai due referendum sull'acqua. Con tale vittoria è stato stabilito non solo che la gestione delle risorse idriche non può essere assoggettata a logiche, meccanismi e regole di mercato e di profitto, ma che deve essere pure eliminata la possibilità dei gestori di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta degli utenti un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio. La cosa a quanto pare non sembra interessare Vendola. La giustificazione "tecnica" l'ha affidata all'assessore alle opere pubbliche Amati (PD) che ha ricevuto carta bianca per la gestione della delicatissima fase di passaggio dell'Aquedotto pugliese (Aqp) da società per azioni ad ente pubblico. "In Puglia la remunerazione del capitale investito del 7% è un costo: quello che pagheremo ogni anno fino al 2018 sul bond in sterline pari al 6,92% contratto durante la gestione dell'era Fitto". Va premesso che ciò non riflette la realtà dei fatti. Lo si può dedurre dal piano d'ambito del 2009 dell'autorità idrica pugliese, il vero motore legislativo della gestione dell'acqua. Infatti, qui vi si legge, in conformità con quanto prevedeva la legge fino al 13 giugno scorso: "La remunerazione del capitale investito rappresenta il ristoro economico e l'incentivo riconosciuto al soggetto gestore per il finanziamento degli interventi mediante l'impiego di mezzi propri. Il tasso di remunerazione è fissato dal Comitato per la Vigilanza sulle risorse idriche ed è attualmente del 7%". Il 7%, dunque, non ha nulla a che fare con gli interessi pagati attualmente da Aqp per investimenti nei famigerati fondi derivati sottoscritti dall'ex governatore PDL Fitto nel 2005. Tant'è vero che tali interessi vengono correttamente calcolati nel bilancio come "costo finanziario". Ma, ammesso e non concesso, che così fosse stato, perché non dirlo prima? Perché presentarsi di fronte agli elettori come sostenitore dei referendum e cavalcare l'onda della vittoria senza chiarire prima che la Puglia non avrebbe in ogni caso dato corso al loro responso? Di fronte ai giornalisti che basiti per le sue dichiarazioni gli domandavano perché non lo avesse detto prima dei referendum, l'imbroglione Vendola, abbandonando il suo solito e accattivante gergo prosaico, ha risposto lapidariamente e provocatoriamente: "Perché nessuno me lo ha chiesto". Che faccia tosta! La cosiddetta "ripubblicizzazione" dell'Aqp Una beffa che in verità era già iniziata all'indomani dei referendum, proprio il 14 giugno quando il Consiglio regionale pugliese ha approvato la nuova legge sulla cosiddetta "ripubblicizzazione" dell'Aqp che lascia perplessi innanzitutto i Comitati pugliesi che in qualche forma avevano potuto partecipare alla stesura della legge stessa. Solo che in Consiglio regionale la legge è arrivata con profonde modifiche al testo originario in particolare per quanto riguarda la cancellazione del riferimento al servizio idrico integrato pugliese come "servizio pubblico locale di interesse generale, privo di rilevanza economica e sottratto alla regola della concorrenza", oppure alla mancanza di garanzie del quantitativo di acqua minimo vitale da assicurare a tutti, o l'affidamento a società miste di attività diverse dal Servizio idrico integrato ma "da esso rivenienti". Infine, la questione dell'Amministratore unico che, nominato direttamente dal governatore, sostituisce il meccanismo del Consiglio di Amministrazione in cui entravano i tre sindaci dei bacini maggiori, una rappresentanza dei Comuni e vari portatori d'interesse. In sostanza, la legge lascia ampi e pericolosi varchi alle logiche private, di profitto e di mercato. In tutte le province pugliesi si sono tenuti diversi incontri dei comitati, confluiti il 25 giugno scorso in una affollata assemblea regionale a Bari. La rabbia sta montando nei confronti del governatore pugliese: "Siamo rimasti sconcertati - denuncia il Comitato pugliese "Acqua Bene Comune" - nel leggere sulla stampa le dichiarazioni del Presidente della Regione Nichi Vendola... La presa di posizione del Presidente Vendola e il suo rifiuto ad abbassare le tariffe, inoltre, ci pare in contraddizione con quello che dovrebbe essere lo spirito e l'obiettivo della nuova legge regionale sull'Acquedotto Pugliese: usiamo il condizionale perché, ad oggi, permane una mancanza di chiarezza di fondo sulla natura giuridica dell'ente e i nostri dubbi non sono stati dissipati dalla lettura del testo definitivo della legge. A questo punto - e prima di ogni altra cosa - sembra lecito chiedersi (e chiedere) se l'Acquedotto diventerà realmente un soggetto di diritto pubblico (e quale) o rimarrà una società per azioni". In Puglia si assiste alla "trasformazione del processo più innovativo in un processo ambiguo", ha denunciato Margherita Ciervo all'Assemblea nazionale dei Comitati referendari tenutasi a Roma il 2 e 3 luglio, riportando lo sconcerto dei comitati pugliesi per l'approvazione in 24 ore dalla vittoria dei Sì al referendum di una legge piena di insidie grazie alla cancellazione della dicitura "servizio di interesse generale". Ma di fronte alle perplessità e alla richiesta di un incontro chiarificatore del Comitato pugliese-Forum italiano dei Movimenti per l'acqua Vendola ha per ora risposto picche e a puro scopo di cortesia ha mandato a incontrarlo i capigruppo di PD e SEL. E non è la prima volta che il governatore pugliese snobba e passa sopra i Comitati per l'acqua pubblica ogni volta che hanno osato mettere in discussione il suo operato o premuto perché Vendola mantenesse le sue promesse elettorali fra cui quella di realizzare entro i primi cento giorni di governo la legge sulla ripubblicizzazione dell'Acquedotto pugliese. Di giorni ne sono invece passati oltre 450 e la vera e completa ripubblicizzazione appare ancora lontana. 13 luglio 2011 |