Vendola rinnega anche l'appellativo compagno Il neoliberale e presidenzialista preferisce il termine amico, come i vecchi democristiani Se permanevano in qualcuno perplessità residue a riconoscere la natura anticomunista e la vocazione neoliberale e democristiana del presidente di SEL, ci ha pensato lo stesso Nichi Vendola a sbriciolarle con le sue clamorose dichiarazioni pronunciate il 6 luglio a Roma in occasione della presentazione del libro "Oltre i partiti", scritto dal suo amico Goffredo Bettini, il potentissimo e ricchissimo boss del PD romano capolista nel 2006 delle lista diessina al Senato, l'uomo ombra artefice delle elezioni a sindaci della capitale di Rutelli (1993, 1997) e di Veltroni (2001), a "cui mi lega una complicità totale", come ha più volte tenuto a confessare. "Nel Pci mi dicevano che non si doveva dire 'amico', che bisognava dire 'compagno'. Ho passato tutta la vita a ripetermi questa frase. Ma ora ho capito che era una stronzata, perché è stato un alibi per molti crimini. Io preferisco stare con molti amici, che mi aiutano a crescere". Un messaggio sprezzantemente anticomunista, alla Berlusconi per intendersi, che più chiaro non poteva essere: comunismo uguale a crimini, se c'è qualcosa da salvare nella storia recente e può farci crescere lo si trova solo nella DC. Sono state queste le sue esatte parole pronunciate "condividendo l'elaborazione di Bettini:.. Superare una contrapposizione ideologica tra radicali e riformisti", secondo quanto si leggeva nel resoconto apparso su "il manifesto" del 7 luglio, che, tuttavia, lo copriva a sinistra parlando di tutto ma guardandosi bene dall'informare i lettori che costui aveva rinnegato la parola stessa compagno a favore del democristianissimo e rassicurante amico. Ci pensava qualche giorno dopo il quotidiano del magnate De Benedetti a far esplodere la bomba mediatica utilizzando opportunamente la stessa rete per dare il massimo della risonanza a quelle parole così da consacrarlo davanti all'opinione pubblica nazionale e internazionale quale candidato leader del "centro-sinistra" affidabile per la borghesia e il capitalismo e lontano anni luce dal suo passato comunista, sia pure nell'accezione revisionista. Con ciò confermandosi l'organo ufficioso del "centro-sinistra" che va dettando al PD non solo linea politica e scelte strategiche e tattiche, come ha fatto all'indomani dell'ultima tornata elettorale, ma persino dirigenti, candidati e leader, com'è accaduto a Milano per Pisapia. Non datano da oggi le spiccate simpatie del quotidiano "la Repubblica" per il neoliberale e presidenzialista Vendola e questa vicenda ha il sapore di una sponsorizzazione davanti al capitale e al Vaticano, un'operazione tanto riuscita da indurci a pensare che fosse concordata tra gli stessi Ezio Mauro e Vendola. Insomma quello del leader di SEL non è uno scivolone ma un preciso segnale rivolto all'elettorato, all'esterno e all'interno del PD, da Fioroni a Casini, a Rutelli, nel preciso momento in cui le gerarchie ecclesiastiche sono indaffarate a resuscitare la DC. Un modo per rassicurarli che, da buon credente quale si è sempre professato, lui saprà dare nuova vita a una sorta di compromesso storico dei giorni nostri. E del resto non spostavano di una virgola il senso del suo messaggio politico le precisazioni e la sua successiva intervista rilasciata alla trasmissione "In Onda" su La7 mentre sugli schermi scorrevano le belle immagini delle bandiere rosse con le grandi falci e martello e dei cartelli del PMLI. Noi non siamo affatto stupiti dalla sortita di Vendola, perché conosciamo la sua storia politica e la missione, che si dette al fianco del suo maestro trotzkista Bertinotti, di rifondare, cioè di cancellare il comunismo dando vita al PRC. Quello che dice oggi non poteva dirlo ieri e l'altro ieri per una semplice ragione di opportunità politica: allorché doveva coprire a sinistra la liquidazione del PCI revisionista attuata dal rinnegato Occhetto, intercettando i tanti autentici combattenti per il socialismo che non erano disposti a seguire il tradimento del gruppo dirigente di quel partito che si sarebbe irreversibilmente trasformato nel partito di "sinistra" del regime neofascista. La parola compagno Vendola l'ha da sempre tradita per la semplice ragione che non si è mai battuto contro il capitalismo e per il socialismo, la novità sta semmai nell'aver egli ritenuto ormai maturo il momento di rinnegarla anche dal punto di vista formale. È la sorte di tutti i traditori del proletariato: dapprima conducono una lotta senza quartiere dall'interno contro i principi rivoluzionari dei grandi Maestri del proletariato internazionale in nome del revisionismo e del riformismo borghesi, poi sono costretti dagli avvenimenti storici e dalle circostanze (per lui si tratta della possibilità di consacrarsi leader del "centro-sinistra" con le primarie e magari domani capeggiare il futuro governo) a venire allo scoperto e a combattere il marxismo-leninismo dall'esterno in nome non più del revisionismo ma direttamente del liberalismo borghese. Bene hanno fatto i tanti e tanti compagni di base iscritti a SEL e i tanti anticapitalisti a polemizzare vivacemente col leader neoliberale e presidenzialista e a bollarne il tradimento, riaffermando che mai rinunceranno a chiamarsi compagni perché non sono disposti anche loro a gettare il cervello all'ammasso neoliberale e a morire democristiani. E allora, che lo abbandonino al suo squallido destino e lo lascino marcire da democristiano! Noi marxisti-leninisti non rinunceremo mai alla bandiera rossa con la falce e martello, annegandoli nell'arancione o nel viola, né all'appellativo compagno, che ha impresso, sin dalla radice latina "cum panis" e al suo significato letterale di chi mette in comune la vita a cominciare dal pane che ci nutre e aiuta a crescere, la precisa etimologia politica che accomuna quanti riconoscono nel "Manifesto del Partito Comunista" del 1848 di Marx ed Engels il loro atto di nascita politica e ideologica e condividono la lotta contro il capitalismo e la storia della causa dell'emancipazione del proletariato e della conquista e costruzione del socialismo. Sono esattamente queste la vocazione e la ragione di esistere del PMLI. 20 luglio 2011 |