Sotto la regia del liberaltrotzkista Bertinotti I vendoliani lasciano il PRC guardando verso D'Alema L'arcirevisionista Diliberto lavora per l'unità con il residuo di Rifondazione trotzkista Come annunciato, i vendoliani lasciano Rifondazione trotzkista. Una decisione formalizzata all'assemblea dell'ex corrente minoritaria del PRC, "Rifondazione per la sinistra", tenutasi a Chianciano il 24 e 25 gennaio, che ha avviato un "percorso" per un "nuovo soggetto politico". Il governatore della Puglia Nichi Vendola è stato seguito fuori dal PRC, fra gli altri, dall'ex segretario Franco Giordano, da Alfonso Gianni, Rina Gagliardi, Elettra Deiana, Gennaro Migliore, Daniele Farina, Ciccio Ferrara e, ovviamente, dal liberaltrotzkista Fausto Bertinotti - a ben vedere il regista di tutta l'operazione -, che ha benedetto i fuoriusciti ("fate bene ad andarvene") e anche quelli che resteranno ("non fate male a restare"). Infatti, non tutti gli esponenti vendoliani lasciano il partito di Ferrero. Secondo il tipico metodo trotzkista dell'entrismo circa un terzo dell'area resterà in Rifondazione a fare "il ponte del dialogo" con il "nuovo soggetto politico". Fra questi: l'ex vicepresidente del Senato Milziade Caprili, l'europarlamentare Giusto Catania, gli ex parlamentari Augusto Rocchi, Matilde Provera e Luigi Cogodi, l'ex sottosegretario Rosa Rinaldi, il responsabile enti locali Raffaele Tecce, il responsabile ambiente Tommaso Sodano, il membro della direzione PRC Sandro Valentini. Il "nuovo soggetto politico" non ha ancora né forma né contenuti precisi. Anche se, almeno ad ascoltare le parole di Vendola che ha introdotto l'assemblea, tale "nuovo soggetto" oscilla fra l'idealismo gramsciano e l'apostolato cattolico; fra slogan berlusconiani ("Sinistra delle libertà") e la sbornia elettorale americana. Egli ha infatti sostenuto che "Non ci sono resurrezioni in politica, ma solo nuovi parti, un nuovo partire piuttosto che un nuovo partito, un processo piuttosto che una sigla, una nuova casa in cui la sinistra delle libertà possa ospitare comunità di popolo e non elites di presunte avanguardie". "Io penso - ha continuato - ad una sinistra federale, a cantieri aperti, plurali, curiosi, includenti, che abitino nei territori. Penso ad una sinistra capace di presentarsi come una profezia laica, l'annuncio di tempi nuovi. Obama ha già cambiato il mondo...". E ancora: "Una sinistra del lavoro e delle libertà che ingaggi un molecolare corpo a corpo contro la paura e la solitudine... Una politica gentile, capace di ascoltare l'avversario... Una politica che annuncia non il nostro primato ideologico ma il nostro amore per la terra e per la vita, che anima speranza...". Verso D'Alema La verità è che la "speranza" dei vendoliani, che non si rassegnano all'esilio parlamentare e governativo, è rappresentata da D'Alema a cui guardano come interlocutore ma anche come possibile futuro leader di partito. Lo dicono espressamente i due bertinottiani doc, la trotzkista luxemburghiana Rina Gagliardi e Alfonso Gianni (già PCd'I (ml)-Nuova Unità, OCI ml, MLS, PdUP, DP, PRC). La prima spiega: "È evidente che io spero in una deflagrazione del PD, cioè una scomposizione e conseguente ricomposizione della sinistra italiana". "Certo che sarei contenta se dalle eventuali ceneri del PD nascessero due nuove forze politiche, una di sinistra e una di centro. È evidente che noi dovremmo essere molto interessati alla prima, che magari verrebbe guidata da D'Alema". "Su un'ipotesi del genere io non ci metterei una ma otto firme - aggiunge Alfonso Gianni -. Un bel partito socialdemocratico con noi dentro? Magari". E Giordano dal palco: "Dalla crisi del PD può rinascere la sinistra". Del resto, quando Bertinotti auspica un "big bang" come occasione per "ricostruire una sinistra che non esiste più", si riferisce proprio a quello che potrebbe accadere nel PD nel caso di una seconda pesante sconfitta elettorale alle europee e alle amministrative di primavera, ossia la scomposizione del PD in due partiti: uno di "sinistra" dalemiano e uno di centro diretto da Rutelli e Casini. Per di più non è un mistero che D'Alema avesse tifato esplicitamente per i vendoliani all'ultimo congresso di Rifondazione di Chianciano. Anche per questo i fuoriusciti da Rifondazione non vogliono per ora parlare di un nuovo partito. L'unica cosa che hanno partorito è un coordinamento nazionale del nuovo movimento (dovrebbe chiamarsi "movimento per la sinistra"), eletto su scheda libera e a voto segreto composto da dieci esponenti: Celeste Costantino, Titti De Simone, Elettra Deiana, Daniele Farina, Nicola Fratoianni, Alfonso Gianni, Beatrice Giavazzi, Gennaro Migliore, Betti Piccolotti e Alì Rashid. L'altro risultato è che alcuni esponenti vendoliani hanno colto al balzo l'occasione per prove di dialogo col PD. A Torino un assessore e un consigliere provinciale hanno fatto gruppo a sé e hanno dato la loro disponibilità a una coalizione di "centro-sinistra" anche se sosterrà la Tav. A Firenze i due consiglieri comunali usciti dal PRC come primo atto sono entrati in maggioranza e hanno votato contro la commissione d'indagine sull'area Fondiaria. A Napoli sono restati nella nuova giunta Iervolino rimpastata. L'aspirazione di Diliberto Intanto, l'arcirevisionista Diliberto lavora per l'unità con ciò che resta della moribonda Rifondazione trotzkista: "Rimettiamoci insieme", è l'appello del segretario del PdCI a Ferrero nell'anniversario della nascita del PCdI (così si chiamava nel 1921 il PCI revisionista). "La nostra proposta: la riunificazione dei Comunisti, per lo meno, noi e Rifondazione Comunista che veniamo da una comune storia e abbiamo alle spalle una divisione, di cui io francamente non vedo più la ragione già da qualche anno, proviamo a rimetterci insieme. È un'operazione politica ma anche di assoluto buon senso. Siamo fuori del Parlamento. È la prima volta che accade nella storia repubblicana. Abbiamo ottenuto, tutti insieme, percentuali imbarazzanti. Veniamo da una clamorosa sconfitta, ma da una sconfitta si esce guardando avanti, cercando di rimettere insieme i cocci". Si tratta di cocci revisionisti, trotzkisti e liberali buoni solo per le discariche. Ormai i fautori del socialismo lo dovrebbero aver ben capito: il loro futuro è il PMLI e la lotta per l'Italia unita, rossa e socialista. 28 gennaio 2009 |