Inchiesta sulla P3 Verdini indagato per associazione segreta e corruzione Il coordinatore del PDL potrebbe essere indagato anche per falso in bilancio e ostacolo alle autorità di controllo finanziario "Affari con Carboni, lo voleva dell'Utri" Per il coordinatore del PDL, Denis Verdini, già indagato (a Firenze, Roma e L'Aquila) per associazione segreta, corruzione, riciclaggio e mendacio bancario nell'ambito delle varie inchieste sulla cossiddetta "loggia P3" e la "cricca" degli appalti sono in arrivo nuovi guai giudiziari che contemplano i reati di falso in bilancio e ostacolo alle autorità di controllo finanziario. Il centro del malaffare è ancora una volta il Credito cooperativo fiorentino (Ccf), di cui Verdini è stato padre e padrone dal 1990 a oggi, che ad ogni successiva analisi da parte degli ispettori di Bankitalia e degli inquirenti rivela nuove e scandalose irregolarità al punto che, scrivono gli investigatori: "Il conflitto di interessi del Credito cooperativo è così macroscopico che è difficile capire perché non sia stato fermato prima". Tra i sessanta rapporti aperti nel corso degli anni da Verdini con la sua stessa banca: conti correnti, depositi titoli, carte di credito e di debito, poi garanzie, crediti, operazioni extra-conto, l'attenzione degli inquirenti si è concentrata su un fido di 2,6 milioni concesso nel 2005 dal Ccf a Verdini e al suo braccio destro Massimo Parisi (deputato PDL) per acquistare quote della Nuova Toscana editrice pur non avendo le necessarie garanzie di rientro del debito. Si tratta dello stesso "giochino" finanziario utilizzato da Verdini per concedere prestiti fino a 10 milioni di euro alla società di costruzioni Btp dell'amico Riccardo Fusi anche lui indagato per corruzione nell'ambito delle varie inchieste sugli appalti. I prestiti erano dati su preliminari di compravendite immobiliari che poi non venivano chiusi. Le nuove ipotesi di reato La Finanza ha accertato che nel bilancio della banca alla voce "rapporti con parti correlate" non c'era traccia dei finanziamenti alle società di Verdini. Da qui scaturisce la nuova ipotesi di reato di falso in bilancio. Il reato sul "mancato controllo" è invece collegato alla creazione di un collegio sindacale - organo di controllo della banca - in cui il presidente del Credito cooperativo era l'avvocato storico di Verdini, Antonio Marotti, e gli altri due sindaci Luciano Belli, socio della moglie di Verdini in Edicity, e Gianluca Lucarelli, presidente del collegio della stessa Edicity. Questi sindaci il 21 aprile 2010 in appendice al bilancio scrivevano: "Dalla nostra attività di controllo e verifica non sono emersi fatti significativi tali da richiedere segnalazioni alla Banca d'Italia". L'indagine di Firenze sul coordinatore del PDL e le sue spericolate operazioni finanziarie con il Credito cooperativo è strettamente legata all'inchiesta romana del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo che, indagando sulla cosiddetta P3 di Flavio Carboni, ha scoperto un giro di assegni da 800 mila euro scambiati tra giugno e dicembre 2009 tra la moglie di Carboni e lo stesso Credito cooperativo fiorentino. Una circostanza che rafforza il ruolo di Verdini all'interno della "loggia" degli appalti. L'ipotesi è confermata dai verbali di interrogatorio del 26 luglio 2010 riempiti dallo stesso Verdini, a piazzale Clodio, davanti ai Pm romani. Gli affari con Carboni per conto di Dell'Utri Dai verbali salta fuori che, in riferimento all'insistenza di Carboni che ad un certo punto propone a Verdini e agli amministratori della Ste la realizzazione di un'edizione sarda del "Giornale della Toscana", il coordinatore del PDL tira in ballo anche Marcello Dell'Utri. "Le mie perplessità - circa un'edizione sarda del Giornale ha affermato Verdini davanti ai Pm romani - furono superate successivamente ad un incontro avvenuto nel maggio 2009 presso l'hotel Eden di Roma, al quale partecipammo io, Carboni, Dell'Utri e alcuni collaboratori di Dell'Utri. Ritengo, dalla confidenza dimostrata, che Dell'Utri conoscesse Carboni da diverso tempo. Sottolineo che Dell'Utri, oltre ad essere mio amico personale, è figura carismatica del PDL, in quanto tra i fondatori di Forza Italia e quindi i suoi pareri godono di particolare autorevolezza... Non ho troncato con Carboni perché era amico di Dell'Utri". Mentre per quanto riguarda il famigerato pranzo a casa sua, a palazzo Pecci Blunt il 23 settembre 2009, Verdini ha aggiunto: "Dovevamo essere in pochi, un pranzo come gli altri, ne faccio a centinaia. E invece mi sono trovato con molte persone, tra cui Carboni e altri che non conoscevo, forse li ha invitati Dell'Utri... Solo adesso mi rendo conto che furono solo espedienti di Carboni e di quelle persone per ottenere favori dalla mia banca". L'affare Caldoro Infine Verdini racconta agli inquirenti anche la sua versione sul falso dossier Caldoro. "Mi giunse in forma anonima un foglio dattiloscritto che riportava un elenco di luoghi, alberghi, date e uomini asseritamente frequentati da Stefano Caldoro. Io avevo già messo da parte la cosa, quando nel mio ufficio si presentò Ernesto Sica, sindaco di Pontecagnano, che io già conoscevo. A gennaio 2010, io e Sica andammo insieme da Berlusconi: al presidente Sica chiese di essere candidato alla presidenza della Regione Campania e, contestualmente, tirò fuori un foglio più corposo di quello che era stato inviato a me, ma molto simile, su Caldoro. D'accordo con Berlusconi, interpellai Caldoro che mi giurò essere tutto falso. Non so per quale motivo Sica sia poi diventato assessore". 17 novembre 2010 |