Altri quattro arresti nell'inchiesta sui grandi appalti Verdini ammette di aver raccomandato De Santis e Fusi Il coordinatore del Pdl tira in ballo Fini e Matteoli L'inchiesta sugli appalti per i grandi eventi che il 10 febbraio ha investito in pieno la Protezione civile italiana e in particolare il suo capo, Guido Bertolaso, si arricchisce di nuovi e inquietanti scenari. Il 4 marzo la procura di Firenze ha emesso quattro nuove misure cautelari. In carcere è finito l'imprenditore Maria De Vito Piscicelli (quello che in un'intercettazione, la notte del terremoto in Abruzzo, rideva pregustando i lauti appalti per la ricostruzione). Ai domiciliari (per salute) è stato posto l'avvocato romano Guido Cerruti, considerato vicino ai vertici del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo (la cosiddetta "Ferratella" o meglio il "Sistema gelatinoso" come la chiamano i giudici). Mentre le altre due misure restrittive sono state notificate in carcere rispettivamente ad Angelo Balducci e Fabio De Santis, i funzionari pubblici già arrestati all'inizio dell'inchiesta insieme a Mauro Della Giovampaola e all'imprenditore Diego Anemone. L'accusa contestata ai quattro è di concorso in corruzione continuata e aggravata, con riferimento, in particolare, all'appalto per la scuola marescialli dei carabinieri a Firenze. Il Giudice per le indagini preliminari (Gip) Rosario Lupo ha invece respinto la richiesta di arresto avanzata dai Pubblici ministeri (Pm) Luca Turco, Giuseppina Mione e Giulio Monferini per il costruttore Riccardo Fusi, ex presidente della Btp, perché "si ritiene non sussistere esigenze cautelari particolari". Secondo l'accusa, per rientrare nell'appalto della scuola marescialli, vinto nel 2001 ma poi perso nel 2006 in seguito a un contenzioso relativo all'indice di sismicità, Fusi ha utilizzato Piscicelli per contattare Balducci e De Santis (all'epoca funzionari della Ferratella) e ha chiesto aiuto al coordinatore del Pdl Denis Verdini (presidente del Credito cooperativo fiorentino e indagato per corruzione), che a sua volta si è attivato col ministro Altero Mattioli per nominare De Santis a provveditore per le opere pubbliche della Toscana. Una tresca in cui Cerruti svolge il ruolo di collettore delle tangenti incaricato da Fusi su indicazione di De Santis e Balducci, infatti, scrivono i giudici: "la 'mossa Cerruti' non sia altro che il modo per crearsi la provvista per il pagamento della tangente quantificabile in diversi milioni di euro che sarebbe dovuto andare proprio ai due pubblici funzionari". Al termine del giro Cerruti d'accordo con Fusi avrebbe riscosso "la corresponsione di una somma di denaro pari al 2% sull'importo incassato qualora fosse stato riconosciuto un risarcimento economico per la Btp, ovvero di una somma pari all'0,8% dell'appalto di 350 milioni di euro se i lavori fossero stati riaffidati all'impresa di Fusi". Non solo. Dalle pagine della nuova ordinanza in cui i giudici fiorentini descrivono le diverse attività corruttive svolte da Balducci e De Santis per pilotare alcuni appalti e elencano anche le "utilità" che in cambio hanno ricevuto da alcuni imprenditori, emerge anche un sistema corruttivo ancora più profondo e sofisticato che, a differenza di quanto avveniva fino a qualche anno fa, che al sistema delle "tangenti in denaro e alle provviste ottenute attraverso false fatturazioni e false consulenze" si è affiancato il sistema della "raccomandazione interessata" o, come la definisce il Procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi, dell'"altra utilità corruttiva" che può essere considerata a tutti gli effetti "una nuova forma di corruzione" in cui la tangente non è più un "volgare scambio di denaro" ma uno scambio di "favori, di rendite, di posizioni di potere, regali, autovetture, telefoni cellulari, lavori di ristrutturazione, mobili, soggiorni vacanze, piaceri vari, viaggi, lavoratori dipendenti a disposizione, posti di lavoro per parenti e amici, prestazioni professionali varie, anche sessuali". Come è accaduto, ad esempio, anche con l'avvocato Cerruti che è riuscito a piazzare il figlio di un amico in una camera arbitrale. Il padre era nella commissione tecnica per la scuola dei marescialli dei carabinieri: "Sono riuscito a farti nominare consulente tecnico della camera arbitrale (...) come avevo promesso a papà" sibila il legale al giovane Tommaso Albanesi, primogenito di Silvio, l'ingegnere membro della commissione della scuola. Insomma, un nuovo "sistema di corruttela consolidato e collaudato, esteso ed efficiente, che coinvolge decine di persone, annidato al vertice dell'amministrazione statale, all'interno della struttura amministrativa della presidenza del Consiglio e, per ciò stesso, pericoloso". Un sistema di potere in grado di inquinare gli appalti e la concorrenza tra le imprese messo in piedi da imprenditori senza scrupoli e da "pubblici funzionari venduti" che "fa rilevantissimi danni non solo alle casse dello Stato ma anche all'ambiente e alla qualità degli interventi pubblici sul territorio". Non a caso, a margine dell'interrogatorio del coordinatore del Pdl, il Gip Lupo scrive che: "Anche volendone dare una benevola lettura, le dichiarazioni difensive di Verdini fanno riflettere sulla scarsa consapevolezza da parte di soggetti che ricoprono cariche pubbliche e comunque ruoli pubblici molto rilevanti circa la negatività delle raccomandazioni. Specie quando queste riguardano posti di potere non di natura politica, ma tecnica". Scrivono i giudici: "Verdini mette Fusi (amico di vecchia data sull'orlo del fallimento) direttamente in contatto con il ministro Matteoli ed è decisivo nel favorire la nomina di Fabio De Santis a Provveditore della Toscana, con tutto ciò che ne consegue". È ancora Verdini che a maggio e giugno 2008 "procura gli appuntamenti a Fusi con 'il nostro' (ministro Matteoli)". Ed è proprio nell'estate del 2008 che la "cricca degli appalti" con a capo Angelo Balducci, presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e stretto collaboratore di Bertolaso alla Protezione Civile, entra in simbiosi col sistema e gli uomini di Verdini garantendo così a Fusi da una parte, Balducci, De Santis e Piscicelli dall'altra, di aggiudicarsi e di spartirsi tutti gli appalti più appetitosi. Scrivono i giudici: "Verdini, a fine luglio 2008, entra direttamente in contatto con Angelo Balducci. E tra i due, che non si conoscevano, si realizza immediatamente una convergenza di interessi. Verdini garantisce a Balducci una copertura politica che gli consenta almeno di attenuare le resistenze che incontra sul 'territorio' nell'esecuzione delle opere concernenti i Grandi Eventi. Balducci, inoltre, ottiene un facile accesso al ministro Matteoli, con cui Verdini ha uno stretto rapporto. Tra i due nasce subito un feeling". Grazie a questo criminale sodalizio la Btp rientrerà in possesso dell'appalto della scuola dei Marescialli, e avrà con consorzio Federico II una bella fetta di lavori per la ricostruzione dell'Aquila. Piscicelli ottiene una buona parte degli appalti per i 150 anni dell'Unità d'Italia e di quelli del post-terremoto. Mentre De Santis grazie all'intervento decisivo di Matteoli, diventa prima collaudatore del cantiere della scuola dei Marescialli e poi provveditore alle opere pubbliche della Toscana. Una verità talmente evidente che Verdini (al contrario di quanto ha fatto Balducci nell'interrogatorio del 12 febbraio 2010) non ha potuto negare durante la sua deposizione del 15 febbraio davanti ai Pm di Firenze in cui ha confermato di aver raccomandato De Santis e Fusi perché: "diversi esponenti politici me l'hanno chiesto, fiorentini, romani, questo riguarda normalmente le nomine. Di De Santis ne ho parlato anche con il senatore Cingolati della Commissione Lavori pubblici. Poi, ho chiesto a Matteoli: 'Vedi se lo puoi nominare'". Lui, dopo un mese, mi ha chiamato: "Quella cosa te l'ho fatta". Io ho telefonato a Fusi e gli ho detto: "Ora sarai contento. È stato nominato. Ora fai quello che ti pare". E infatti De Santis appena nominato annuncia esultante alla sua "cricca di banditi" che adesso: "Abbiamo licenza di uccidere, ci possiamo pigliare tutto ciò che ci pare". Una frase che la dice lunga e che i giudici riportano non a caso in neretto nell'ordinanza. Dalle carte dell'inchiesta, sempre a proposito della nomina di De Santis e dell'interessamento di Matteoli, spunta fuori anche il nome del presidente fascista della Camera nera Gianfranco Fini. In una telefonata del 19 gennaio Verdini riferisce a Fusi: "Ora io domattina tanto parlo con... un'altra volta con... con il nostro...". Fusi: "eh...". Verdini: "Però forse se tu ti facessi fare una nota tecnica nella quale si dice che è già successo che è possibile... perché questa cosa gliela aveva chiesta... Fini addirittura ad Altero... Altero però ha detto... 'Io sai con Denis bisogna che ci faccia...' e... me l'ha chiesta anche lui...". 31 marzo 2010 |