Continua la mobilitazione dei lavoratori contro l'accordo separato del 21 dicembre Né licenziamenti né chiusure devono passare alla Fincantieri La vertenza non è chiusa La mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori Fincantieri iniziata prima di Natale e proseguita senza soluzione di continuità nei primi giorni del nuovo anno; la ribellione delle RSU di FIM e UILM nei cantieri di Palermo e Ancona verso le decisioni assunte dai rispettivi dirigenti nazionali contro l'accordo separato sottoscritto dalla direzione aziendale e dai sindacati collaborazionisti FIM, UILM e UGL, ma non dalla FIOM, dicono con chiarezza che la vertenza non può essere considerata chiusa perché i contenuti dell'accordo sono inaccettabili e vanno profondamente cambiati. Un accordo non dissimile, nella sostanza, a quello proposto nel giugno scorso dall'amministratore delegato, Alessandro Bono, che prevedeva oltre 2.500 esuberi e la chiusura dei cantieri di Castellammare di Stabia e di Sestri Ponente, poi ritirato a seguito della forte reazione di lotta degli operai interessati Così aveva motivato la FIOM il no a questa ipotesi di accordo: "È un piano industriale che non ha alcun fondamento - aveva detto il coordinatore nazionale della FIOM per la cantieristica, Alessandro Pagano - alcun riferimento preciso. C'è totale insufficienza dell'intervento industriale e questo accordo non tutela i lavoratori. C'è stata una forzatura inaccettabile, avevamo chiesto tempo per poter coinvolgere il ministero dello Sviluppo economico e per poter avere delle garanzie. È un piano che deve gestire - proseguiva - 1.200 esuberi più due cantieri su cui pesa un punto interrogativo pesante, Castellammare e Sestri Ponente. Non si è tenuto conto di questo ... non ci fermeremo qui". " Questo piano non solo è uguale a quello ritirato a giugno - aveva insistito sul punto il segretario generale FIOM, Maurizio Landini -, ma forse è anche peggiore, perché il numero di esuberi è più alto e si dice che non sanno cosa far fare a due cantieri, Sestri Ponente e Castellammare di Stabia". Dei 1.200 esuberi dichiarati solo 200 potranno godere dello scivolo verso la pensione. Per gli altri c'è la cassa integrazione e poi, nulla. "C'è una responsabilità politica - aveva aggiunto - il governo doveva fare da cabina di regia per evitare quello che è successo". Tanto più considerando che Fincanteri è una grande azienda interamente pubblica. I lavoratori ma anche le RSU, dal giorno dopo la firma, in modo progressivo hanno sviluppato la mobilitazione contro l'accordo separato, dando di fatto ragione alla FIOM e torto a FIM e UILM le quali, detto per inciso, hanno tra i lavoratori Fincantieri una rappresentanza nettamente minoritaria. Nei vari stabilimenti, Genova, Palermo, Ancona, sono stati organizzati presidi permanenti e attuati scioperi, cortei, blocchi stradali, dimostrazioni davanti alle prefetture e persino l'occupazione per alcune ore dell'aeroporto Cristoforo Colombo di Genova. "La partecipazione alle iniziative in corso in questi giorni - si legge in un comunicato FIOM del 3 gennaio - nonché la richiesta da parte di lavoratrici e lavoratori di estendere e generalizzare le iniziative di lotta in tutto il Gruppo, dimostrano che tutti hanno capito molto bene la gravità della situazione determinata con l'accordo separato. Una situazione che può essere cambiata - continua - soprattutto attraverso l'intervento diretto del Governo e il rispetto degli impegni da esso presi il 3 giugno scorso". Ma vi è un altro aspetto importante della reazione di dissenso dei lavoratori. Sta nel fatto che essa ha assunto progressivamente una dimensione unitaria anche tra i delegati RSU come è avvenuto nel cantiere di Ancona dove i delegati FIM e UILM, oltreché FIOM, hanno deciso di non firmare l'accordo separato. A Palermo è successa una cosa analoga e forse ancora più forte: nel capoluogo siciliano non solo le RSU ma anche le segreterie provinciali di FIM e UILM hanno nettamente preso le distanze dall'accordo separato. Con il consenso riscontrato tra i lavoratori la FIOM ha potuto dire che la trattativa deve essere riaperta "a partire da un vero piano industriale sostenuto dal governo attraverso politiche adeguate agli obiettivi di crescita e di sviluppo; un piano che garantisca concretamente, nell'attuale fase di crisi, la salvaguardia e la continuità produttiva di tutti i siti e i cantieri". Un primo obiettivo è stato raggiunto: la convocazione di tutti i sindacati di categoria, compresa la FIOM, da parte del ministro dello Sviluppo economico e delle infrastrutture, Corrado Passera, per il 10 gennaio. Quello successivo è ottenere una modifica sostanziale del suddetto accordo e un impegno serio del governo per il rilancio produttivo e occupazionale della cantieristica nel nostro Paese, anche attraverso innovazioni e riconversioni. 11 gennaio 2012 |