Al vertice europeo di Bruxelles Varato il meccanismo di stabilizzazione permanente a difesa dell'euro Ma partirà solo nel giugno 2013. Nessuna misura a favore dell'occupazione e del potere di acquisto dei salari Il vertice europeo che si è tenuto a Bruxelles il 16 e 17 dicembre ha dato il via libera al meccanismo europeo di stabilità (Esm, nella sigla inglese) a difesa dell'euro, un meccanismo permanente, aperto alla partecipazione di creditori del settore privato, che prenderà il posto dell'attuale meccanismo temporaneo varato l'estate scorsa con non poche dificoltà per arginare la prima crisi dell'area euro, quella della Grecia, che minacciava di trascinare gli altri paesi nella crisi finanziaria con un effetto domino. Si potrebbe pensare che a questo punto l'euro è al sicuro, ha uno scudo ben organizzato che lo protegge, ma non è così; il fondo partirà solo a metà del 2013. Fino ad allora l'ancora di salvezza resta il fondo "temporaneo", con tutti i dubbi sulla sua efficacia qualora la crisi travolgesse qualche paese più grosso di Grecia e Irlanda, che nella lista nera sono seguite dalla Spagna, attualmente in pole position col Portogallo, da Belgio e Italia. "Gli Stati membri la cui moneta è l'euro possono creare un meccanismo di stabilità da attivare, se indispensabile, per la salvaguardia dell'area euro nel suo insieme. L'erogazione di qualsiasi assistenza sia richiesta al meccanismo sarà assoggettata a stretta condizionalità", recita il documento finale del vertice recependo i diktat della Germania che non lo voleva automatico, vincolato a strette condizioni e comunque sottoposto a un voto all'unanimità, per poter esercitare un diritto di veto. Per creare l'Esm è necessaria una procedura di modifica seppur semplificata dei Trattati Ue, perchè il testo attuale non autorizza che un paese della zona dell'euro sull'orlo della bancarotta possa essere salvato dai partner. Il vertice ha quindi deciso un percorso che prevede una decisione formale sull'istituzione del meccanismo nel prossimo vertice del marzo 2011, le 27 ratifiche nazionali entro la fine del 2012 e l'entrata in vigore del nuovo testo per il 1° gennaio 2013. Ci saranno altri 6 mesi di tempo per mettere a punto il meccanismo e rendere operativo il nuovo fondo entro il giugno 2013, quando scadrà formalmente il fondo provvisorio anticrisi. Che di fatto resta l'unico argine per i prossimi due anni e mezzo per reggere l'urto dei possibili colpi contro l'area euro. Della debolezza della decisione di Bruxelles se ne sono sono accorti anche i mercati finanziari che il 17 dicembre non hanno dato tregua ai paesi dell'euro in difficoltà registrando un'impennata del differenziale di rendimento tra il titolo di riferimento tedesco e quelli già più deboli di Grecia, Spagna e Portogallo; contemporaneamente sono aumentati in maniera significativa anche i titoli di assicurazione sul debito di Grecia, Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda che pagheranno più interessi per rifinanziarsi. Una debolezza evidenziata anche dal direttore generale del Fondo monetario internazionale, il francese Dominique Strauss-Kahn, che ha sottolineato come "l'Europa ha bisogno di un piano globale all'inizio del 2011 per affrontare i problemi dei bilanci e delle banche e arginare la crisi. Se non se lo daranno, i mercati continueranno a credere che dopo un paese ne verrà un altro e un altro ancora e non finirà mai". La preoccupazione dei paesi dell'eurozona li ha ridotti a sottolineare la necessità di mettere sotto stretta sorveglianza bilanci e debito, ricordando l'obiettivo di riportare il rapporto tra debito e prodotto interno lordo sotto il 3% entro il 2013, e a metter mano a nuove riforme, leggi tagli alle spese sociali e previdenziali, con la discussione ancora aperta sulle possibilli sanzioni per chi non rispetta gli impegni. Mentre Germania, Francia e Gran Bretagna hanno chiesto di congelare il bilancio comunitario fino al 2020 sui valori del 2013. Gli aumenti del bilancio, dicono i tre paesi, devono limitarsi a seguire l'inflazione, non devono servire a finanziare nuove spese. Eppure i segnali negativi della crisi economica sono ancora ben presenti tanto che nel 2011 sono attesi un forte rallentamento del già debole tasso di crescita, un aumento della disoccupazione e l'esplosione di nuovi focolai di crisi. Il giorno precedente l'apertura del vertice europeo, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) aveva segnalato un nuovo aumento della disoccupazione nei paesi maggiormente sviluppati mentre l'Ilo, l'Organizzazione internazionale del lavoro, nel rapporto annuale sulle retribuzioni aveva sottolineato come la crisi globale ha avuto effetti devastanti per il mercato del lavoro, creando quasi 29 milioni di nuovi disoccupati, e dimezzando il tasso di crescita globale dei salari. In altre parole denunciava che la recessione ha colpito milioni di lavoratori che hanno perso il lavoro ma anche coloro che lo hanno conservato e che hanno visto ridotto fortemente il loro potere d'acquisto. Il vertice di Bruxelles non ha messo niente sul piatto a favore dell'occupazione e della difesa del potere di acquisto di salari e stipendi mente ha accolto con favore la decisione della Banca centrale europea (Bce) di aumentare il capitale sociale da 5,76 a 10,7 miliardi di euro, a partire dal 29 dicembre prossimo, per affrontare "l'aumento della volatilità nei cambi, nei tassi di interesse, nei prezzi dell'oro e nel rischio di credito". 22 dicembre 2010 |