Al vertice straordinario dei capi di Stato e di governo a Bruxelles
La Ue si accorda per salvare la Grecia dalla bancarotta. Ma le masse devono pagare un caro prezzo
Berlusconi chiede di alzare l'età pensionabile

 
Il vertice straordinario dell'Unione europea (Ue) che si è tenuto il 10 febbraio a Bruxelles aveva sul tavolo la questione del salvataggio dal fallimento della Grecia, un paese membro del gruppo dell'euro, la cui instabilità finanziaria rischia di creare grosse difficoltà alla moneta della superpotenza europea. Un problema da affrontare urgentemente dato che non è solo la Grecia a traballare, sono vicinissimi alla soglia del pericolo altri paesi come Spagna, Portogallo e Irlanda e secondo diversi analisti anche l'Italia. Per non parlare di altre situazioni critiche come quelle dell'Ungheria, che ha evitato la bancarotta solo grazie a un prestito di 20 miliardi di euro del Fondo monetario internazionale, della Banca mondiale e dell'Unione europea, della Lettonia che ha bisogno di altri prestiti e della Romania che ha ottenuto 20 miliardi di euro da Fondo monetario e Ue ma non sembra in grado di restituirli.
Il vertice Ue ha stabilito di "prendere misure decise e coordinate, se necessario, per preservare la stabilità finanziaria dell'eurozona nel suo insieme" e di soccorrere la Grecia per ridurre drasticamente il suo debito, attualmente al 12,7% del pil, entro il 2010, col governo del socialista Georgios Papandreou che ha promesso di rientrare al livello del 3% del Pil entro il 2012. Ma di non spendere per il momento nemmeno un euro.
Il comunicato finale del vertice, diretto per la prima volta dal presidente permanente, il belga Herman Van Rompuy, ha preso atto che "il governo greco non ha domandato nessun sostegno finanziario" e espresso fiducia nella manovra di risanamento decisa da Atene, una manovra pagata a caro prezzo dalle masse popolari.
In ogni caso l'Ue ha affidato alla Commissione e alla Banca centrale europea (Bce) il compito di una "sorveglianza stretta che si basi sull'esperienza del Fondo Monetario Internazionale" sulla manovra promessa da Atene. E nel caso sarà la Ue a "proporre le misure aggiuntive" se il primo taglio di 4 punti al deficit entro l'anno non fosse realizzato.
A dettare l'esito del vertice sono stati i paesi più forti, Germania e Francia in testa, le cui banche hanno in mano crediti verso Atene per una cifra sopra gli 85 miliardi di euro che rischiavano di andare in fumo. E di dare un'altra mazzata anche ai due pur "robusti" paesi ancora alle prese con le code della crisi economica. È stata in particolare la cancelliera Merkel a stringere i cordoni della borsa e a pilotare il vertice ristretto con Francia, Bce, il primo ministro greco George Papandreou e il neo presidente della Ue, Herman Van Rompuy, verso la soluzione servita preconfezionata al tavolo dei 27.
Il piano di rientro del deficit messo a punto dal governo del premier Papandreou sarà caratterizzato dal congelamento degli stipendi e dal blocco del turnover nel settore pubblico nel 2010, dal congelamento degli interventi pubblici e da un aumento dell'età pensionabile per tutti i settori fino a 65 anni di età. Un piano che colpisce duramente i lavoratori e le masse popolari che già sono scese in piazza per impedirne l'attuazione. Dopo il riuscito sciopero di tutto il settore pubblico le organizzazioni sindacali hanno proclamato, per il 24 febbraio, un nuovo sciopero generale nel settore privato.
La discussione a Bruxelles sul piano di lacrime e sangue del governo greco ha dato spazio al neoduce Berlusconi per rilanciare a sua volta la questione dell'innalzamento dell'età pensionabile; come se i suoi governi e quelli di Prodi che si sono alternati negli anni passati non avessero già ampiamente ridotto le pensioni pubbliche e spostato sempre più in alto il imite di età per andare in pensione. "Al vertice europeo - ha spiegato il presidente del consiglio italiano al termine del summit - ho posto il problema dell'età pensionabile, visto che c'è l'esigenza da parte di tutti". "Le pensioni stanno pesando sempre di più sui bilanci di tutti gli stati", ha ripetuto, non sono un diritto per i lavoratori ma un "costo" che deve essere ancora ridotto. Magari con "meccanismi di gradualità" come richiesto dalla Ue.

17 febbraio 2010