Vertice euro-africano a Lisbona L'Unione europea tenta di contendere lo spazio alla Cina in Africa I governi africani: volete rapinare le risorse dei nostri paesi No di Senegal e Sudafrica agli Epa L'8 e 9 dicembre si è svolto a Lisbona il secondo vertice euro-africano cui hanno partecipato i capi di Stato e di governo di 53 Paesi africani e dei 27 dell'Ue che ha varato un piano di azione per i prossimi tre anni allo scopo di rafforzare i rapporti tra i due continenti che saranno verificati nel prossimo summit convocato nel 2010 in Libia. In particolare con 31 stati dell'Africa sub-sahariana sono stati definite le strategie di sostegno e le azioni prioritarie di interventi in vari settori per i quali la Ue ha stanziato 8 miliardi di euro per il periodo 2008-2013. A giudicare dai commenti dei responsabili dell'Unione europea (Ue) e dell'Unione africana (Ua) il summit di Lisbona ha aperto "un nuovo spirito" e segnato un "mutamento radicale nei rapporti tra i due continenti". A sentire il presidente senegalese Abdoulaye Wade non è tutto oro quello che luccica: "sono d'accordo con questo spirito di creare una nuova relazione con l'Europa ma dobbiamo definire che tipo di relazione è" perché se è quella che dovrebbe essere definita negli accordi di partenariato economico (Epa) non va bene. "E' chiaro che l'Africa respinge gli Epa" ha specificato Wade lasciando per protesta anzitempo il summit. La questione degli accordi commerciali tra i due continenti è stato il tema economico sul quale al vertice non è stato raggiunto alcun accordo per la contrarietà espressa da molti tra i principali paesi africani Senegal e Sudafrica, in testa ma anche da Nigeria e Namibia. Gli Epa sono gliaccordi che la Commissione europea vorrebbe firmare con i paesi Acp (Africa-Caraibi-Pacifico) entro il 31 dicembre poiché a fine 2007 dovrebbe, secondo l'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), scadere il regime di accesso preferenziale ai mercati europei delle merci di questi paesi come definito nei vecchi accordi di Cotonou. La Ue pretende di creare una zona di libero scambio tra Europa e Africa con l'abolizione dei dazi doganali e la garanzia dell'accesso delle merci di entrambi i mercati senza misure di protezione. Una misura che favorirebbe le più forti economie imperialiste europee. La Commissione europea ha cercato di rompere il fronte dell'opposizione di molti paesi africani e caraibici e delle varie organizzazioni regionali avviando trattative con i singoli paesi disponibili ma al dunque del vertice di Lisbona ha dovuto ripiegare su un compromesso, la sigla di accordi temporanei "per evitare un'interruzione nel regime commerciale tra i due blocchi". La Ue non demorde. Neanche i paesi africani. "C'è una forte asimmetria tra l'Europa e i paesi Acp, non possiamo accettare di creare una zona di libero scambio con la Ue" ha ribadito il senegalese Wade, che ha denunciato come i precedenti accordi "di Lomé e di Cotonou non hanno portato niente all'Africa, l'Africa non si è sviluppata come avrebbe dovuto secondo le stime. Perché allora dovremmo negoziare nuovi accordi commerciali? Nessuno ci garantisce che possano funzionare". Sulla stessa lunghezza d'onda il presidente della Commissione dell'Unione Africana, Alpha Oumar Konaré, ex presidente del Mali che rivendicando pari diritti tra Europa e Africa ha sostenuto: "è tempo di sotterrare definitivamente il patto coloniale basato sulla schiavitù e sulle postazioni commerciali. Non possiamo più essere solo esportatori di materie prime, non possiamo più accettare di essere solo un mercato di importazione di prodotti finiti". L'Europa è ancora il primo partner economico dell'Africa ma è un primato che viene sempre più insidiato dallo sbarco in forze nel continente africano della Cina e non solo. A Lisbona l'ha messo in evidenza Konaré che ha ricordato il lungo elenco dei summit tra Africa e altri paesi o altre regioni che si sono già svolti negli anni passati o che sono in programma nel 2008, dalla Cina all'India, a Brasile, Organizzazione degli Stati americani, Giappone e Oceania per sottolienare che la Ue non può più permettersi di imporre ciò che vuole. Negli occhi dei governanti Ue resta vivo il ricordo del vertice di Pechino all'inizio del novembre dello scorso anno quando quarantotto capi di stato e di governo africani hanno stretto la mano al presidente Hu Jintao portato a casa contratti e investimenti, riduzioni del debito e promesse di aiuti. La Ue cerca di rispondere. Ci ha messo sette anni a convocare il secondo vertice, dal primo del Cairo nel 2000, e cerca di stringere i tempi. A chiusura del vertice di Lisbona il presidente della Commissione europea Barroso ha precisato che "a partire dal 2008 i negoziati ricominceranno, in vista della conclusione, prima o poi, degli accordi pieni". 19 dicembre 2007 |