Il vertice euro-mediterraneo non si pronuncia sul diritto alla resistenza contro l'occupazione mentre condanna il terrorismo "in tutte le sue forme" In un intervento congiunto pubblicato sulla stampa il 28 novembre il primo ministro spagnolo Josè Zapatero e il premier inglese Tony Blair auspicavano che il vertice euro-mediterraneo, che si chiudeva lo stesso giorno a Barcellona, rilanciasse la cooperazione tra i 25 paesi dell'Unione europea (Ue) e i 10 della sponda sud del Mediterraneo verso l'obiettivo della costituzione di un'area di libero scambio entro il 2010, il progetto lanciato dalla Conferenza di Barcellona nel 1995. Dall'ordine dei temi oggetto del vertice risultava però che i punti principali che stavano a cuore al padrone di casa e al presidente di turno della Ue erano il controllo dei flussi migratori e la lotta al "terrorismo". Due aspetti di cui si parla rispettivamente nel Programma di lavoro quinquennale varato dalla conferenza e nel Codice di condotta contro il terrorismo trasformato da documento ufficiale in una Dichiarazione della presidenza. Il documento ufficiale sul terrorismo preparato dalla presidenza anglo-spagnola ha evitato di pronunciarsi sul diritto alla resistenza contro l'occupazione. I paesi arabi avevano chiesto l'inserimento di un capitolo ove si faceva riferimento ai Territori occupati e si sosteneva il diritto alla resistenza contro l'occupazione del popolo palestinese. Israele si opponeva e i rappresentanti Ue reggevano il sacco a Tel Aviv respingendo la richiesta araba. Non a caso diversi paesi arabi non erano rappresentati dalle massime autorità, una forma di protesta spiegata dal presidente algerino Abdelaziz Belkhadem che accusava la Ue di "non aver fatto sufficienti pressioni su Israele". Il diritto dei palesrtinesi alla resistenza era sostenuto dal segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, che ribadiva: "Là dove c'è occupazione c'è la resistenza". Il documento illustrato da Zapatero in ben due passaggi afferma la "totale condanna del terrorismo in tutte le sue forme" e enuncia l'impegno comune a "rispettare tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite per la lotta contro il terrorismo". Respinge "qualsiasi tentativo di associare il terrorismo a qualunque nazione, cultura o religione" ma rimanda ai lavori della sessantesima sessione dell'Assemblea generale dell'Onu, che si chiuderanno nel settembre 2006, la "definizione legale" degli atti terroristici. Su questo termine non si è trovata una "formulazione condivisa" ha notato il ministro degli Esteri italiano Gianfranco Fini, tra i fautori della tesi resistenza all'occupazione eguale terrorismo. Sul tema dei flussi migratori si dilunga il programma di lavoro quinquennale che tra l'altro afferma: "la migrazione, l'integrazione sociale, la giustizia e la sicurezza sono temi di comune interesse nella partenership (...) che devono essere affrontati attraverso un approccio globale e integrato". Ma accanto alle promesse di investimenti europei per aiutare lo sviluppo e l'occupazione dei paesi più poveri dell'altra sponda del Mediterraneo si insiste molto sulla "gestione dei flussi migratori" e sulla "riduzione significativa del livello di migrazione illegale". Difatti i cosiddetti paesi frontalieri affrontano il problema dei migranti come una questione soprattutto di ordine pubblico, di competenza di polizia e guardie di frontiera a protezione di frontiere blindate; dai poliziotti spagnoli a protezione delle barriere di filo spinato nelle colonie di Ceuta e Melilla ai lager dei Cpt in Italia. Quanto all'obiettivo della costituzione dell'area di libero scambio entro il 2010 il programma indica un percorso che prevede misure come la liberalizzazione del commercio dei prodotti agricoli, nei servizi e in altri settori. 7 dicembre 2005 |