Il risultato del vertice della maggioranza governativa L'Italia di Prodi resta a Kabul La "sinistra radicale" cede Non una parola sull'ampliamento della base USA di Vicenza La coalizione di governo è "insostituibile" e la sua politica estera e di difesa non cambia, ed è fondata sulla "partecipazione attiva" dell'Italia alle alleanze e alle missioni internazionali di cui fa parte. Si resta quindi a Kabul e si va avanti con l'ampliamento della base USA a Vicenza, e chi nei partiti della coalizione non è d'accordo o tentenna si deve adeguare, perché non c'è alternativa a questa maggioranza e a questa linea. È questo il prevedibile e scontato risultato del vertice della maggioranza - leader dei partiti, capigruppo parlamentari e ministri, oltre al premier Prodi - che si è tenuto il 6 febbraio nella sede dell'Unione a Roma per il "chiarimento" sulla politica estera e di difesa della coalizione. Un "chiarimento" sollecitato anche da Napolitano, dopo lo scivolone al Senato che ha visto il governo battuto sulle comunicazioni di Parisi, e dettato dalla necessità di ricompattare la maggioranza sulla politica estera e di difesa alla vigilia di passaggi critici come la manifestazione del 17 febbraio a Vicenza e la conversione in parlamento del decreto di rifinanziamento della missione di guerra in Afghanistan. Il colpo a sorpresa che ha beffato il governo al Senato è passato grazie alla defezione di alcuni parlamentari DS e Margherita che hanno votato con la Casa del fascio, ma al vertice dell'Unione ad essere messi sotto torchio sono stati i leader della "sinistra radicale", PRC, PdCI e Verdi, a dimostrazione che in questa fogna di rinnegati, riformisti, democristiani e trotzkisti che è l'Unione della "sinistra" borghese è sempre la destra a farla da padrone (vedi la vergognosa svendita dei Pacs), e la "sinistra radicale" deve solo reggere il sacco e zitta. Del resto non è che Prodi e gli altri leader dell'Ulivo abbiano dovuto sudare molto per metterla in riga, dato che la "sinistra radicale" ha ceduto subito senza creare problemi e ha firmato d'amore e d'accordo il comunicato finale sulla' "insostituibilità" della coalizione e sulla riconferma dell'attuale linea di politica estera e di difesa. A scanso sorprese, comunque, Prodi si era incontrato prima in un vertice ristretto con Parisi, D'Alema e Rutelli, tanto per ribadire chi è che decide davvero nella coalizione e preparare il documento precotto poi servito a tutta la congrega. Al pre-vertice è stato successivamente ammesso anche Giordano per limare ulteriormente il documento, cosicché restavano eventualmente da "convincere" solo Diliberto e Pecoraro Scanio, del resto non certo intenzionati a fare le barricate. Anzi, il segretario del PdCI, che pure si era irritato per la procedura irrituale del pre-vertice, ha finito poi per fare le spallucce dichiarando che "sulla base di Vicenza non cade un governo". Per ammorbidire la "sinistra radicale" è tornata a fagiolo anche la vicenda della lettera-appello "agli italiani" a restare in Afghanistan pubblicata sulle pagine compiacenti de "La Repubblica" dagli ambasciatori dei sei paesi imperialisti con in testa Usa e Gran Bretagna. Ciò ha permesso a D'Alema di fare un po' di puzzo nei giorni prima del vertice parlando di intervento "irrituale" degli alleati, tanto per consentire a Prodi di vantare un "cambio di passo" del suo governo in politica estera e nei rapporti con gli USA. Salvo, subito dopo il vertice, nell'incontro con l'ambasciatore americano Spogli, chiudere in tutta fretta il caso e con "reciproca soddisfazione". Con queste premesse, insomma, il vertice vero e proprio si è svolto e concluso senza problemi nel giro di un paio d'ore. Della base di Vicenza, come ha rivelato la capogruppo dei Verdi e PdCI al Senato, Manuela Palermi, "si è toccato appena". Ma nel comunicato finale non se ne accenna nemmeno. Esso recita infatti: "I segretari dei partiti e i presidenti dei gruppi parlamentari, ribadita l'insostituibilità della coalizione di governo, confermano il pieno sostegno alla sua poilitica estera e di difesa, fondata sulla partecipazione attiva, solidale e paritaria alle organizzazioni internazionali nelle quali l'Italia esercita la sua responsabilità in piena attuazione dell'art. 11 della Costituzione, e ribadiscono la loro comune volontà di proseguire lungo le linee del programma dell'Unione". Il che, nella pratica, significa: avanti come se nulla fosse su Kabul e su Vicenza e sull'intera linea interventista e imperialista che il governo Prodi ha ripreso e sviluppato dal governo neofascista e guerrafondaio di Berlusconi. Nessuna obiezione da parte dei leader della "sinistra radicale", messi alla frusta dalla maggioranza, ad assumersi il compito di convincere con le buone o con le cattive i loro parlamentari riottosi (del resto non molti) a rivotare la missione in Afghanistan, come già fecero a luglio. Giordano ha promesso di "fare ogni sforzo per l'unità della coalizione": "So di avere delle responsabilità e cercherò di portarle avanti fino in fondo", ha aggiunto il segretario di Rifondazione trotzkista. "Io non voglio assolutamente far cadere il governo, ma voi dovete darmi una mano", ha piagnucolato a sua volta Diliberto. È a questo sporco scopo, a dare cioè "una mano" ai due leader falsi comunisti per impedire che un solo voto dei loro parlamentari dissidenti vada perduto, che nei prossimi giorni D'Alema andrà in parlamento a illustrare la linea del governo e in quella sede ha promesso che ritirerà fuori dal cappello la ridicola formuletta della "conferenza di pace sull'Afghanistan", peraltro già snobbata in tutte le sedi internazionali e di cui gli americani e la Nato non vogliono neanche sentir parlare. Ma tanto è bastato ai leader della "sinistra radicale", insieme ad un altro paio di sciocchezze come la promessa di aumento dei fondi alla cooperazione e la proposta di acquisto di oppio afghano per farne morfina sanitaria, per dichiararsi "soddisfatti" del vertice. Salvo poi costernarsi subito dopo per essere sbugiardati da certe dichiarazioni che rischiano di mandare all'aria questo castello di ipocrisie, come quella di Parisi al vertice Nato di Siviglia sulla nostra permanenza in Afghanistan già stabilita come minimo fino al 2011: "Noi dobbiamo recuperare i voti di chi 'dissente' e lui che fa? Infila le dita negli occhi di quelli che dobbiamo recuperare", si è lamentato infatti Diliberto su "La repubblica", nella stessa pagina che riportava in evidenza le dichiarazioni del guerrafondaio Parisi che svelano la vera natura imperialista e di lunga durata della missione militare in Afghanistan. 14 febbraio 2007 |