Il vertice Ue non affronta alla radice il problema del clima Sconti per l'Italia e altri Paesi europei Per il presidente di turno dell'Unione europea, il francese Nicolas Sarkozy, il vertice dell'11 e 12 dicembre a Bruxelles si è chiuso con un "successo storico", con l'approvazione all'unanimità del cosiddetto pacchetto sul clima che annuncia quale obiettivo dei 27 paesi un taglio del 20% di emissioni di gas inquinanti, il 20% di risparmio energetico e il raggiungimento del 20% di energia dalle fonti rinnovabili entro il 2020. "Non c'è un continente al mondo che si è dotato di regole così vincolanti come quelle che abbiamo appena adottato", magnificava il risultato di Bruxelles Sarkozy mentre Berlusconi sottolineava che in questo modo l'Europa si è posta "all'avanguardia sull'ambiente" accaparrandosi dei meriti per un risultato che solo fino al giorno precedente al vertice dichiarava di voler mandare a monte ponendo il veto al progetto elaborato nelle trattative delle settimane prcecenti. Certo la superpotenza europea col pacchetto sul clima si inserisce sulla strada già aperta dagli Usa, con il progetto di Obama di rilancio dell'economia anche attraverso gli investimenti sulle fonti diverse dal petrolio, ma solo per non rimanare troppo addietro nel settore e non tanto per spirito ambientalista. Nei fatti il problema dei mutamenti climatici e delle necessarie misure per abbattere decisamente i gas inquinanti prodotti dal sistema economico capitalista resta, le misure della Ue non lo attaccano alla radice, promettono interventi diluiti nel tempo e ancora più attenutati dagli sconti concessi a vari paesi per ottenere il consenso al pacchetto. La base dell'intesa era stata approvata dai 27 nello scorso vertice del 15 ottobre con l'opposizione dell'Italia e di alcuni paesi dell'Est europeo. Berlusconi faceva proprie le contestazioni al piano europeo della presidente di Confindustria Marcegaglia ritenendolo troppo "oneroso" per le aziende italiane che avrebbero dovuto sborsare a loro dire una cifra spropositata per ridurre le emissioni inquinanti. Cifra contestata dalla Commissione europea e dagli altri partecipanti al vertice che varavano comunque il pacchetto. Col presidente Sarkozy che si impegnava a "trovare delle soluzioni per i paesi che hanno manifestato dei problemi". Rimbalzato a Bruxelles il governo Berlusconi tornava alla carica al consiglio dei ministri dell'Ambiente del 20 ottobre avanzando la proposta di inserire nel testo una clausola di "revisione" sull'applicazione del pacchetto da attuare nel corso del 2009. Come dire il rinvio di un anno nel varo del piano. Proposta respinta. Al nuovo appuntamento del vertice dell'11 dicembre il governo italiano si presentava con una proposta simile e con la minaccia del neoduce di porre il veto all'accordo. L'intesa raggiunta a Bruxelles prevede che "la Commissione presenterà al Consiglio europeo nel marzo 2010 una analisi dettagliata della conferenza di Copenaghen (che si svolgerà nel 2009, ndr), in particolare per ciò che riguarda il passaggio di una riduzione dal 20% al 30%". L'incontro di verifica ci sarà ma per aumentare e non diminuire la quota di riduzione dei gas inquinanti. Le misure decise dalla Ue sono comunque molto diluite nel tempo. L'intesa prevede una serie di settori industriali esonerati dal progetto di riduzione degli inquinanti o dalle eventuali multe per non averle ridotti; sono i settori di cemento, acciaio e alluminio, come voleva la Germania, e carta, ceramiche e vetro, che interessavano all'Italia e che sono entrate nell'elenco con riserva. Il sistema del pagamento per le emissioni inquinanti è stato inoltre diluito nel tempo e arriverà a regime solo nel 2025, cinque anni dopo la conclusione del piano originale. Fra le altre modifiche peggiorative del progetto iniziale, varate su richiesta di una dozzina di paesi fra cui l'Italia, vi è quella di tenere di conto nel computo di ogni paese degli impianti relizzati dalle aziende nazionali in paesi esteri. "Un impianto eolico relizzato dall'Italia in Albania sarà computato come fosse realizzato in Italia" ha spiegato il ministro degli Esteri Frattini. I paesi dell'Est europeo hanno ottenuto per loro che nel settore termoelettrico i vincoli entreranno in vigore in maniera ancora più diluita e hanno inoltre portato a casa un pacchetto di ulteriori finanziamenti per la riconversione delle loro industrie. Se Legambiente ha definito l'intesa di Bruxelles "un piccolo passo nella buona direzione", Greenpeace ha bocciato senza attenuanti l'intesa ritenuta "un accordo vuoto" e il Wwf "troppo annacquato". La parola passa ora al parlamento europeo per la ratifica dell'intesa. Il vertice europeo ha tra l'altro ratificato un secondo pacchetto di misure per far fronte alla crisi finanziaria e ha rilanciato il percorso di ratifica del Trattato di Lisbona con l'impegno del governo irlandese a tenere un secondo referendum, dopo la bocciatura nel primo, entro il novembre del prossimo anno. 17 dicembre 2008 |