Stato di assedio a Vicenza. Provocatori controlli ai pullman "noglobal". A Padova perquisito lo Sherwood Festival In 20mila marciano contro il raddoppio della base Usa Dal Molin Le "forze dell'ordine" provocano, limitano il percorso concordato, infine caricano e manganellano i manifestanti. Ferrero invoca una scelta "radicalmente non violenta". La delegazione del PMLI tiene alta la bandiera antimperialista Grave attacco al diritto di manifestare Dal nostro inviato Sabato 4 Luglio si è svolta a Vicenza una grande manifestazione popolare contro l'allargamento della base americana Dal Molin. Erano circa ventimila tra donne, uomini, genitori e bambini, giovani e anziani, operai e lavoratori, molti vicentini. Il corteo colorato, con magliette, striscioni, bandiere era partito regolarmente alle 15,45 da Caldogno con tranquillità e si svolgeva pacifico come tutte le altre manifestazioni dei 3 anni precedenti contro la costruzione della nuova base militare Usa all'aeroporto Dal Molin. I manifestanti non si apettavano che le "forze dell'ordine", contrariamente a quanto pattuito nei giorni precedenti, stravolgessero gli accordi presi e addirittura usassero la violenza contro di loro! Ebbene sì, sabato 4 luglio a Vicenza si è assistito all'ennesima dimostrazione di cosa intenda per democrazia lo Stato borghese in camicia nera: violenza per chi "osa" dissentire dalle decisioni prese da chi governa. Delle intenzioni della polizia i vicentini si erano accorti già dalla mattina quando i primi contingenti di "forze dell'ordine" si erano disposti, diversamente dalle manifestazioni precedenti e da quanto annunciato dal questore Giovanni Sarlo, all'esterno del Dal Molin, lungo la strada che dovrebbe percorrere il corteo. A 50 metri dal Presidio Permanente, lungo l'argine del fiume Bacchiglione che costeggia il Dal Molin e sul Ponte Marchese si schiera il Tuscania, unità dei carabinieri che ha combattuto per l'imperialismo italiano in Afghanistan. Proprio all'imbocco del ponte viene piazzato un blindato con il rostro sul paraurti anteriore e i lancialacrimogeni. Non viene permesso ai pullman turistici di percorrere via S. Antonino; il tragitto era stato definito in accordo con l'amministrazione comunale e la questura, ma le "forze dell'ordine" sbarrano la strada ai pullman dei manifestanti. Intorno alle 13 e 15 la strada, su cui dovrebbe transitare il corteo, viene interrotta da due blindati che si schierano di traverso e da decine di agenti. È ormai evidente che il corteo non può transitare in strada S. Antonino e proseguire lungo il percorso autorizzato. Sull'argine, i carabinieri del Tuscania indossano i caschi nonostante manchino due ore alla partenza. Intorno alle 15 e 45 il corteo parte. Si rinnova la richiesta affinché sia garantita la possibilità di svolgere il percorso autorizzato pacificamente e senza la presenza minacciosa di centinaia di uomini in assetto antisommossa a circondare il corteo. Il questore rifiuta di far transitare il corteo sul percorso autorizzato e smentisce di aver dichiarato, alla vigilia, che la manifestazione avrebbe potuto svolgersi liberamente. Il corteo rifiuta di entrare nella trappola costruita da Sarlo, volta a intimidire e impaurire chi vuol difendere la propria terra. Di fronte al rifiuto della questura di lasciar svolgere la manifestazione, una testa di alcune centinaia di giovani autoprotetta da barriere che riportano la caricatura di Obama e caschi prova ad avanzare per permettere al corteo di proseguire senza minacce. Appena le barriere vengono poste di fronte ai carabinieri, quest'ultimi caricano con molte manganellate e alcuni lacrimogeni urticanti. Le barriere e i caschi fanno sì che, al termine della giornata, non ci saranno feriti. Al Presidio, intanto, si raggruppano migliaia di persone determinate a proseguire il corteo e in attesa che il diritto a sfilare sia garantito. Alle 17,30 le "forze dell'ordine" si ritirano dalle strade laterali al percorso autorizzato e viene liberato Ponte Marchese. Il corteo può ripartire. Decine di donne fanno cordone davanti ai carabinieri del Tuscania che hanno maschera antigas sul volto e manganello in mano. A testimonianza che il movimento è di natura popolare e ben accetto dalla popolazione è emblematica la scena che si ripete lungo il percorso cittadino: gli abitanti delle case lasciano le canne per innaffiare il giardino fuori dai cancelli con l'acqua che sgorga per dissetare i manifestanti. Un gesto gradito che riporta alla memoria quanto avvenne a Genova nel 2001. Dopo tanto caldo cocente il corteo si è concluso sotto un forte temporale. Il governo del neoduce Berlusconi ha mostrato ancora una volta il suo volto violento, schierando un apparato militare gigantesco per impaurire le famiglie che si ostinano a osare la speranza. L'apparato repressivo ha impedito alle donne e agli uomini di piantare le proprie bandiere al Dal Molin, ma ha anche mostrato il modo in cui si vuol realizzare la base statunitense: con l'imposizione e l'uso della forza. Il corteo, d'altra parte, ha dimostrato la propria determinazione a non lasciarsi sbarrare la strada da chi avrebbe voluto vietare lo svolgimento della manifestazione. Comunque l'obiettivo di chi governa è stato raggiunto, pochi secondi di scontri voluti e cercati dalle "forze dell'ordine" sono bastati per avere qualche foto e filmato da manipolare in falsi e vergognosi servizi messi in onda nei telegiornali e scritti sui quotidiani del regime. Tacendo, oltretutto, dei provocatori e pretestuosi "controlli" ai pullman dei "noglobal" e della pretestuosa perquisizione preventiva allo Sherwood Festival di Padova col fermo di manifestanti pronti a partire per Vicenza. Si trattava solo ed esclusivamente di una manifestazione contro la costruzione della nuova base militare Usa all'aeroporto Dal Molin. Quasi nessuno ha detto che le "forze dell'ordine" hanno violato gli accordi e hanno provocato gli scontri bloccando la strada concordata per il corteo. Il neoduce Berlusconi ha voluto dare una prova di forza in vista dell'imminente G8 a L'Aquila per il quale il terremotato capoluogo abruzzese è stato ridotto a gigantesca caserma. Il ruolo del PMLI Era presente il PMLI, con una delegazione composta da militanti e simpatizzanti della provincia di Bergamo, di Milano e provincia e di Viggiù. La rossa delegazione teneva alto un cartello con la giusta parola d'ordine del Partito: "No dal Molin. Via l'Italia dalla Nato. Via la basi Usa e Nato dall'Italia. Abbattiamo il governo del neoduce Berlusconi e la terza repubblica". Essa è stata molto combattiva e politicamente al centro dell'attenzione. I compagni hanno lanciato slogan e cantato "Bella Ciao" a squarciagola. In pratica siamo stati l'avanguardia antimperialista del corteo. Le rosse bandiere dei Maestri e del Partito hanno sventolato alto nel cielo vicentino. Sono state vendute copie de Il Bolscevico. A differenza dei vari Ferrando, ecc., (presenti solo per una vetrina), il PMLI ha manifestato al fianco della popolazione locale che vuole combattere contro l'imperialismo Usa e italiano, integrandosi con i vicentini. Solo con la lotta di massa, anche dura e duratura, si vince e non con la "non violenza" ghandiana predicata da Ferrero, il quale ha detto: "di fronte a queste modalità una scelta radicalmente non violenta può riversare la responsabilità su chi usa la forza, può mettere a nudo le scelte del governo". Noi marxisti-leninisti appoggeremo sempre la giusta lotta della popolazione vicentina e lotteremo al suo fianco affinché la nuova base Usa Dal Molin non venga edificata! La Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI ha rivolto le proprie congratulazioni ai compagni lombardi presenti a Vicenza attraverso una lettera in cui, tra l'altro, si afferma che "i dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi hanno apprezzato molto la vostra unità, disciplina e combattività antimperialista in una situazione delicata e difficile". 8 luglio 2009 |