Travolto dallo scandalo degli appalti al Viminale, quantunque all'inizio il ministro Cancellieri ne avesse respinto le dimissioni Il vicecapo della polizia Izzo costretto a dimettersi Al suo posto Marangoni: protagonista della mattanza anti G8 a Napoli, condannato per omicidio colposo e per aver favorito la promozione di un funzionario Agli inizi di novembre, sulla base di un esposto anonimo inviato nelle scorse settimane al Viminale, la procura di Roma ha aperto un'inchiesta su un'inquietante ipotesi di reato inerente una serie di appalti pubblici aggiudicati in maniera illegittima. Il dossier, composto da una ventina di pagine, è molto dettagliato ed è stato recapitato in un'unica copia al ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri con una esortazione perentoria: "Per l'amor di Dio, fermateli, fate presto". Secondo le prime risultanze investigative la denuncia anonima fa riferimento a precisi "casi di malaffare nella gestione di appalti e aste per l'acquisto di impianti tecnologici" che si sono verificati presso l'Ufficio Logistico diretto fino all'anno scorso dal prefetto Giuseppe Maddalena. L'inchiesta, coordinata dall'aggiunto Francesco Caporale, che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione, mira a verificare la consistenza delle accuse gravi e circostanziate che riguardano in particolar modo l'acquisto di "software per le centrali operative di tutta Italia, sistemi di videosorveglianza, gestione del numero unico europeo della sicurezza (112) e rilevamento delle impronte digitali da parte della polizia scientifica". Dal dossier emerge anche che il massimo responsabile di tutte le commesse illegittime per centinaia di milioni di euro è il vice capo della polizia, Nicola Izzo che addirittura è accusato di essere il capo di una "cricca" che ha favorito quattro aziende "amiche" nell'aggiudicarsi i milionari appalti tecnologici del ministero. Nell'esposto viene citato anche il misterioso "suicidio" del vicequestore Salvatore Saporito, che si sarebbe sparato un colpo di pistola alla tempia nella caserma di Castro Pretorio il 31 marzo 2011. Saporito era stato coinvolto nell'inchiesta della procura di Napoli su una serie di appalti anomali che riguardavano alcune società del gruppo Finmeccanica. Nell'indagine, sebbene non fosse mai stato interrogato, compariva anche il nome del prefetto Izzo. A tal proposito e certamente non a caso il cosiddetto "corvo" del Viminale nel suo dossier parla del "suicidio" di Saporito come conseguenza non tanto del fascicolo aperto dalla Procura, bensì del mobbing subito dai suoi superiori per avere lui tentato di opporsi al "sistema-appalti dell'Ufficio Logistico del Viminale". Insomma accuse tanto gravi quanto precise e circostanziate che certamente provengono, come ha affermato lo stesso capo della polizia Antonio Mangnelli, da "una persona molto informata" e molto introdotta nei piani alti del ministero dal momento che gli appalti al Viminale sono segreti e non accessibili a chiunque. Accuse di fronte alle quali in un primo momento Izzo, difeso a spada tratta sia dal ministro Annamaria Cancellieri (che aveva respinto le sue dimissioni) sia da Manganelli, ha cercato di reagire affermando fra l'altro che: "Io faccio il vice capo della Polizia, mi occupo di sicurezza. Nella gestione degli appalti non c'entro nulla". Ma poi, incalzato dai sospetti e dalle domande degli investigatori che lo hanno ascoltato come teste, il 7 novembre Izzo ha deciso di confermare le sue dimissioni ed è stato costretto a "fare un passo indietro". Già da diversi mesi, prima la Corte dei Conti e, successivamente, anche un'inchiesta interna aperta circa tre mesi fa, avevano puntato i riflettori sugli appalti e le forniture poco chiare del Viminale. Tra le tante, i 600mila euro buttati nell'acquisto di scarpe per le poliziotte inutilizzabili perché avevano il tacco troppo alto; per non parlare del lotto di pallottole acquistate da una ditta ceca e finite in discarica perché facevano cilecca; o della scelta "antieconomica" ed "inefficace" di rinnovare per altri sette anni il contratto con Telecom (senza nuova gara d'appalto) per i famigerati e inutilizzati braccialetti elettronici per il controllo a distanza dei detenuti agli arresti domiciliari. Dal 2003 al 2011 il ministero ha speso 81 milioni per acquistarne 400, ma ne ha utilizzati solo 14, ora si punta ad acquisirne altri 2000. Su tutto ciò la Corte dei Conti ha rilevato anomalie e procedure molto al di fuori della norma coperte dalla "segretazione" e aggravato dal continuo e ingiustificato ricorso ai requisiti di "indifferibilità e urgenza" per assegnare gli appalti con diverse omissioni sui controlli inerenti il "possesso dell'abilitazione di sicurezza" da parte delle ditte. Ma adesso che il bubbone è scoppiato, il Consiglio dei Ministri su proposta del ministro dell'Interno Cancellieri, si è subito mosso per arginare l'onda di indignazione pubblica e ha nominato al posto di Izzo, Alessandro Marangoni: già questore di Palermo e Milano e attualmente alla direzione centrale delle risorse umane a Roma. 61 anni, ha iniziato la sua carriera alla scuola di polizia giudiziaria di Brescia per poi ricoprire diversi incarichi nelle questure di Verona, Torino e Napoli. Dal 1992 al 1996 è stato in servizio alla Direzione investigativa antimafia e nel 2002 è stato nominato questore. Primo incarico di vertice nella questura della sua città d'origine, lasciata nel 2005 per diventare questore di Padova. Nuovo incarico nell'agosto del 2008, quando Marangoni ha diretto la questura di Palermo, dove rimane 2 anni e mezzo prima di approdare, il 1 novembre del 2010, a Milano. Dal capoluogo lombardo, il nuovo vice capo vicario della polizia se n'è andato questa estate per approdare al Viminale, alla guida della direzione centrale delle risorse umane, dopo esser stato nominato dirigente generale. Marangoni fra l'altro è ritenuto un fedelissimo di Izzo e dello stesso Manganelli ed è stato capo di gabinetto della questura di Napoli quando ci fu la mattanza dei No-global il 17 marzo 2001 e le violenze e i maltrattamenti cui furono sottoposti i manifestanti del nella Caserma Raniero. "Marangoni - denuncia fra l'altro Filippo Bertolami, dirigente del sindacato di polizia Italia Futura - sarà il componente-relatore della Commissione che deciderà i prossimi dirigenti della Polizia di Stato, ma agli ultimi scrutini ha favorito per iscritto la promozione di un funzionario che ha compiuto un salto in graduatoria di 686 posizioni su 1600 candidati e 54 posti disponibili, condannato in via definitiva dalla Cassazione nel 2010 a 1 anno e 10 mesi per omicidio colposo con risarcimento in favore delle parti civili in solido con l'Amministrazione di euro 750.000 'per colpa consistita in imprudenza, imperizia negligenza, inosservanza di leggi regolamenti e discipline (...) rilasciando, nella sua qualità di dirigente del commissariato (...) l'autorizzazione al porto di fucile (...), nonostante che esistessero presso il commissariato numerosi atti rilevanti ai fini di una valutazione negativa sia in ordine alla sua buona condotta sia in ordine all'affidamento che egli non avrebbe abusato delle armi". Altro che "Il Viminale deve essere una casa di vetro, non ci devono essere ombre" come ha detto la Cancellieri; le ombre invece si allungano sempre più inquietanti sui piani alti del ministero degli Interni e del governo. 14 novembre 2012 |