Contro il treno super veloce Torino-Lione
70 mila manifestanti assediano il cantiere della devastazione della Val Susa
Battaglia di 7 ore in risposta alle provocazioni delle "forze dell'ordine". Solidarietà del PMLI ai 223 feriti e 5 arrestati tra i manifestanti. Maroni chiede di punire per tentato omicidio i "violenti". I comitati No Tav negano la presenza dei Black bloc. Militante presenza del PMLI nel corteo partito da Chiomonte
Il governo dei manganellatori deve dimettersi

"Dalla Valle che Resiste e non si arrende", così si intitolava il comunicato con cui il Coordinamento dei comitati No Tav riunito a Bussoleno, provincia di Torino, il 29 giugno indiceva per domenica 3 luglio, una manifestazione nazionale per rispondere allo sgombero, avvenuto il 27 giugno, del presidio della Maddalena: "La manifestazione avrà carattere popolare con l'obbiettivo di assediare le zone di accesso alla Maddalena occupate illegittimamente dalle forze di polizia e dalle ditte incaricate di costruire un immenso campo militare - dichiaravano i No tav - e non un cantiere, distruggendo il territorio senza alcuna considerazione per l'ambiente, la storia e la civiltà della nostra Valle e non solo".

Gli antefatti
In 70 mila hanno risposto dalla Val Susa in lotta, la quale ha raccolto la solidarietà di delegazioni di manifestanti provenienti da più parti d'Italia in treno, pullman, aereo per ingrossare i tre cortei partiti rispettivamente da Exilles, Giaglione e Chiomonte, tutti in provincia di Torino.
Che la partecipazione all'appuntamento sarebbe stata imponente lo lasciava presupporre la grande mobilitazione nei giorni precedenti la manifestazione in risposta allo sgombero del presidio dei No Tav e alle ritorsioni in perfetto stile nazi-fascista contro la popolazione della Val Susa e il suo territorio. Tra cui, denuncia il movimento, l'occupazione militare di tutta l'area della Maddalena, tra la Dora e il torrente Clarea, presidiata da centinaia di carabinieri e agenti di polizia che impedivano il transito perfino ai vignaiuoli che coltivano le famose vigne di quel versante, molte delle quali danneggiate dai gas tossici lanciati nello sgombero del 27. Ma anche l'occupazione da parte di reparti della polizia delle stanze del Museo archeologico della Maddalena, il danneggiamento di preziosi reperti dell'area archeologica, la devastazione del campeggio No Tav con la distruzione delle tende letteralmente tagliate a pezzi, allo scopo di provocare gli attivisti. Rabbia aveva provocato l'assurda morte di Anna Reccia di 65 anni, investita e uccisa sul colpo da un blindato dei carabinieri che si stava recando in Val Susa per la militarizzazione della zona.
Da segnalare gli scioperi spontanei in numerose fabbriche metalmeccaniche della Val Susa, dove gli operai hanno fermato la produzione per protestare duramente contro lo sgombero del presidio della Maddalena.

La marcia
Al corteo di Exilles, dove sfilavano tutti gli amministratori della provincia, in testa erano i bambini con lo striscione che riportava una foto di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e la scritta "Giù le mani dalla Valsusa", chiara denuncia degli interessi mafiosi, ben sostenuti dalle istituzioni borghesi, nella costruzione della Tav. Una decisa risposta dei più piccoli all'assessore ai Trasporti della Regione Piemonte, Barbara Bonino, PDL, che aveva invitato le famiglie a non partecipare alla marcia popolare, agitando lo spauracchio del rischio violenze. Tantissimi gli striscioni tra cui "alta velocità la truffa del secolo", "La Val di Susa esige rispetto. No Tav, No Mafia".
La marcia è scandita da canti ed è ritmata dallo sbattere dei bastoni e delle pietre contro il guardrail da parte di migliaia di manifestanti agguerriti e decisi ad andare ben oltre i percorsi autorizzati, fino all'obbiettivo dichiarato di assediare il cantiere. Le tante bandiere del movimento con la scritta rossa No Tav e la croce sul treno si mischiano con quelle di associazioni e partiti, Prc, Sinistra Critica, Verdi, Movimento 5 Stelle, Arci e Fiom.
Al bivio per Ramats, da dove parte la strada che porta al cantiere della Tav, il corposo corteo partito da Chiomonte, a cui partecipa anche il PMLI, si unisce al vivace e colorato corteo di Exilles.
In diverse migliaia anche alla marcia partita dal paese di Giaglione per raggiungere, attraverso i sentieri di montagna, l'area del cantiere. Nel corteo, composto pressocché da giovani militanti dei Comitati della Val Susa, viene portata anche una sagoma del sindaco di Torino Piero Fassino, PD, che in una mano tiene una mazzetta di banconote da 500 euro, e nell'altra regge una lupara.
È un'intera valle che si ribella e resiste in una formidabile e partecipatissima lotta di massa che ormai è entrata nella storia dei movimenti italiani.
Ben accolta la presenza militante del PMLI, i cui compagni hanno diffuso centinaia di volantini dal titolo "Condanniamo l'aggressione ai No Tav. Il governo dei manganellatori e che non rispetta la volontà popolare deve dimettersi!". La Commissione per il lavoro di organizzazione ha inviato i ringraziamenti dei dirigenti nazionali del PMLI, con alla testa il compagno Giovanni Scuderi, nei quali si legge, fra l'altro, "Senza la vostra generosa presenza, il Partito sarebbe stato assente a una importante manifestazione per una causa che sta molto a cuore al PMLI...Tutti i manifestanti hanno potuto vedere che il PMLI fa quanto può per dimostrare la propria solidarietà militante alla giusta causa dei No Tav".

La violenta repressione poliziesca e la ribellione delle masse
Imponente lo schieramento di guerra messo in campo dal governo del neoduce. Decine i blocchi di poliziotti, finanzieri, militari, presenti in maniera massiccia, in assetto antisommossa, con mezzi blindati, ruspe, idranti, a chiudere ogni accesso alle strade che portano al cantiere. Pressoché continuo il passaggio di elicotteri sopra i manifestanti che, per evitare i blocchi, in migliaia deviano dai percorsi autorizzati, invadendo le strade interpoderali e infine inerpicandosi tra i boschi. Per braccare questi coraggiosi manifestanti il governo decide di usare anche reparti militari speciali, tra cui "I Cacciatori della Sardegna" dei carabinieri, corpo specializzato nei rastrellamenti e nella ricerca di latitanti nei territori impervi e nei boschi della Sardegna.
Il corteo proveniente da Exilles si ramifica in due tronconi: alcune migliaia, proseguono verso la centrale elettrica di Chiomonte, mentre un altro consistente gruppo di alcune migliaia di giovani manifestanti risale il fianco della montagna per poi riscendere tra i boschi fino al piazzale dell'ecomuseo nell'area della Maddalena.
Il combattivo corteo di Giaglione che aveva risalito la fiancata della montagna nella tarda mattinata rioccupa la baita-presidio che dà sull'imbocco dell'area di cantiere da dove i No Tav erano stati sgomberati il lunedì precedente. La gioia popolare per la vittoria conseguita è grande e nei pressi della baita rioccupata si allestisce una merenda per le migliaia di manifestanti arrivati, ma ben presto la violentissima reazione delle "forze dell'ordine" trasforma in infermeria il luogo di ritrovo riconquistato, dove verranno medicati decine di manifestanti a causa degli scontri che dalle 11 a pomeriggio inoltrato, per circa 7 ore, si svolgeranno nei paraggi.
Ma la premeditata e violenta repressione militare del regime era già partita verso le 10,30 nei boschi adiacenti al cantiere, con lancio di lacrimogeni ad altezza d'uomo contro i manifestanti che tentano di scendere a valle.
Impressionanti le immagini dei video diffusi in rete, nei quali si possono sentire gli spari dei lacrimogeni ad un ritmo serratissimo, con l'evidente obbiettivo di asfissiare quante più persone possibile. Durante gli scontri nel bosco, un manifestante viene gravemente ferito da un lacrimogeno sparato ad altezza d'uomo.
Più tardi i manifestanti denunceranno in rete l'uso del gas CS, un'arma chimica vietata persino in guerra, ma che il neoduce continua ad utilizzare contro le lotte delle masse popolari italiane. Si tratta di un gas altamente tossico che oltre a danneggiare gravemente i polmoni, può nuocere al cuore e al fegato e se si è esposti a lungo c'è una significativa possibilità di effetti letali a causa del cianuro che viene accumulato nei tessuti umani.
Tra i manifestanti, moltissimi accusano malori, vertigini e vomito. A quel punto diviene chiaro che si è di fronte a una vera e propria odiosa ritorsione di massa che non risparmierà niente e nessuno. A quel punto gli organizzatori decidono di portare in fretta i bambini verso Chiomonte perché nella valle sta cominciando a concentrarsi il gas micidiale. Più tardi verranno denunciate cariche anche a gruppi in cui erano presenti bambini e anziani, ma anche l'uso di idranti con acqua urticante, di proiettili di gomma e il lancio di pietre quando le scorte di lacrimogeni erano finite e non arrivavano quelle nuove.
I manifestanti, soprattutto le avanguardie che erano arrivate alle reti di recinzione per far pressione contro di esse, rispondono raccogliendo le pietre e ritirandole indietro.
Verso le 13,30 Beppe Grillo, arrivato allora alla manifestazione, riferendosi alla linea repressiva usata contro i No Tav parla di "prove tecniche di dittatura", definendo eroi i Valsusini. Quando verrà duramente criticato da tutta la destra e la "sinistra" borghesi come una sorta di aizzapopolo, farà una clamorosa marcia indietro affermando: "Sono il primo a condannare e a voler sapere chi sono i black bloc annunciati dai media da giorni. Li trovino, li arrestino", di fatto avallando l'infame teoria che bisogna condannare la reazione dei giovani valsusini contro le "forze dell'ordine".
La repressione delle forze dell'ordine è talmente dura che molti manifestanti devono inerpicarsi tra i boschi per sfuggire ai gas e, a conclusione della giornata, devono rompere le barricate di cemento e ferro e cercare di aggirare lo schieramento antisommossa, passando dal torrente Clarea, mentre vengono inseguiti dal lancio di lacrimogeni verso il greto del piccolo corso d'acqua dove si nascondevano.
Intanto i manifestanti curano e applaudono i feriti, quando possibile i lacrimogeni vengono raccolti e buttati nel fiume e vengono spenti gli incendi appiccati dalle "forze dell'ordine" in maniera criminale nei boschi per stanare i giovani impegnati nella battaglia.
La caccia all'uomo si protrae fino a notte, ma il cantiere ha potuto riaprire solo perché i valsusini avevano deciso di dichiarare conclusa la giornata con la promessa: "ritorneremo".
A conclusione della storica giornata di rivolta della Val Susa contro l'arroganza del regime neofascista si conteranno 5 arrestati, per i quali noi chiediamo l'immediata scarcerazione esprimendo loro solidarietà che va anche ai 223 feriti No Tav.
In totale i feriti sono 400: una cifra che da sé la dice lunga sulla partecipazione e l'appoggio di massa a questa battaglia.
Alberto Perino, leader storico dei No Tav, dichiara "Volevamo assediare il cantiere e l'abbiamo assediato. Quindi abbiamo vinto". E aggiunge: "Abbiamo visto che chi usa la violenza è chi tira i lacrimogeni ad altezza d'uomo".
Un giovane di 29 anni, Fabiano, ricoverato in ospedale con fratture al setto nasale e alle braccia e contusioni in più parti del corpo, denuncia di essere stato torturato e massacrato a colpi di manganello durante una violentissima carica delle "forze dell'ordine".
Il giorno dopo sul sito dei No Tav compare l'invito a segnalare al pool di avvocati del Coordinamento ferite a causa dell'aggressione di forze di polizia, danni a cose e a testimoniare su fatti violenti, illeciti, illegali, compresi gli insulti e le minacce pronunciate dagli agenti di polizia.

Le reazioni della destra e della "sinistra" borghese
Nonostante l'evidenza di quanto è successo, dopo la durissima repressione poliziesca scatenatasi con una violenza scientifica pari soltanto a quella usata durante il G8 di Genova del 2001, il movimento No Tav è anche costretto a subire gli insulti dalla destra del regime neofascista "Sono d'accordo - dichiara il ministro di polizia Maroni, Lega - con chi sui giornali ipotizza il reato di tentato omicidio" a carico dei manifestanti che hanno preso parte alla battaglia da lui definiti "violenti" e "terroristi".
Colpisce la durezza dell'attacco del nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, ai No Tav: "Quel che è accaduto in Val di Susa - afferma - per responsabilità di gruppi addestrati a pratiche di violenza eversiva, sollecita tutte le istituzioni e le componenti politiche democratiche a ribadire la più netta condanna, e le forze dello Stato a vigilare e intervenire ancora con la massima fermezza", di fatto, giustificando la repressione nazi-fascista messa in campo dalle "forze dell'ordine" contro i manifestanti e invitando chiaramente a proseguire sulla stessa linea repressiva del governo Berlusconi, inasprendola.
La verità è che i rappresentanti delle istituzioni borghesi, che non hanno mai accolto alcun invito al dialogo sulla questione della Tav, tronfi e sicuri della loro ipocrita propaganda pacifista e parlamentarista, hanno dovuto incassare una sonora batosta e una durissima lezione da parte delle masse della Val Susa che li delegittima politicamente, li spiazza e li allarma.
A questa canea anti No Tav si aggiunge anche Di Pietro che afferma "I No Tav che hanno colpito la polizia con bulloni e ammoniaca sono dei delinquenti che approfittano delle diverse valutazioni che possono essere fatte sull'alta velocità per dare sfogo ai loro istinti animali e criminali".
Più subdola è la reazione della "sinistra" del regime neofascista che mira a depotenziare la lotta No Tav e a ricondurla nei binari del pacifismo e del parlamentarismo borghese, dividendo i "buoni" dai "cattivi": "Isolare, condannare la violenza e ripudiarne ogni presunta giustificazione è un dovere elementare di tutte le forze politiche e delle persone civili", dichiara il segretario del PD, Bersani, mentre Vendola, leader di SEL arriva a sostenere che la battaglia in Val Susa mette in discussione "la legittimità della contestazione a quel modello di alta velocità".
Nella conferenza stampa del pomeriggio del 4 luglio, il portavoce dei No Tav, Maurizio Piccioni, invece chiarisce in maniera definitiva come sono andate le cose, negando la presenza dei black bloc. La battaglia è stata sostenuta per difesa dai giovani dei Comitati, che avevano l'unica intenzione di assediare il cantiere, non di occuparlo, ma che sono stati accolti da una pesantissima reazione militare: "Quando siamo arrivati contro le reti, ci siamo disposti. In tempo zero c'è piovuto addosso di tutto, di tutto! Lacrimogeni ad altezza d'uomo, idranti con dell'acqua che ti faceva prudere all'istante. Ci siamo trovati in una nuvola di fumo che non sapevamo più cosa fare. A quel punto ciascuno ha pensato bene di difendersi come poteva e come voleva. Questo è quanto. Queste sono state le cose. E da lì è iniziata un altro tipo di giornata. Una giornata in cui molti dei valligiani hanno deciso di non mollare, di continuare ad andare contro le reti e di continuare a fare pressione e dall'altra parte si è voluta mettere la giornata sul piano della guerra, dello scontro frontale".
Non si può gridare allo scandalo per il fatto che si fossero vestiti adeguatamente per sostenere una tale violenza. Dai video in rete appare chiaro che, se non avessero avuto i caschi e le maschere antigas qualche morto ci sarebbe scappato. Avevano già avuto esperienza, i Comitati della Val di Susa, di quale livello di aggressività è disposto a mettere in campo contro loro il governo Berlusconi e si sono attrezzati: "il lunedì noi siamo stati cacciati dal presidio a suon di gas - precisa Piccioni - di intossicati, di persone che sono state male e che abbiamo dovuto portare su per i monti. Questa roba qua l'abbiamo imparata e quindi le persone, senza nessuna organizzazione dietro, in questa settimana sono andate nei negozi, si sono comprate le mascherine antigas e sono arrivate a Giaglione con le mascherine e i caschetti. Quando abbiamo deciso di partire per andare contro le reti tutti si sono vestiti e tutti sembravano da quello che escono dalle foto 'black bloc', ma questi black bloc non esistono".
Impeccabile e chiarificatore il tempestivo comunicato stampa emesso dal PMLI la mattina del 4 luglio: "La battaglia della Val Susa, giusta ed esemplare, era inevitabile", che ristabilisce la realtà dei fatti, individuando il vero ed unico aggressore nel governo del neoduce Berlusconi che "ha dichiarato guerra alla popolazione di Val Susa" e rende onore alle avanguardie dei 70 mila manifestanti, che hanno combattuto questa indimenticabile battaglia.
"Guai a dividere le masse in lotta in buoni e cattivi! Guai a sbagliare il nemico principale, che in questo caso è il governo dei manganellatori, della macelleria sociale, dei cementificatori e dei servi del capitalismo - conclude - Occorre unirsi per liberarsi del nuovo Mussolini con un nuovo 25 Aprile! Ribellarsi contro i reazionari è giusto!".

6 luglio 2011