Promossa da Fridays for Future in 35 città italiane
Sciopero globale per il clima
Decine di migliaia di giovani e di ambientalisti mettono nel mirino il governo neofascista Meloni e la sua politica ambientale.
Legare la lotta per l'ambiente e contro il riscaldamento globale a quella contro il capitalismo per il socialismo
 
Decine di migliaia di giovani e di ambientalisti sono scesi in piazza venerdì 6 ottobre in 35 città italiane, dando vita al secondo sciopero globale per il clima del 2023, l'appuntamento semestrale promosso dall'organizzazione internazionale ambientalista fondata dall'attivista svedese Greta Thunberg, Fridays for Future. Al fianco di FFF non hanno fatto mancare il proprio appoggio - fra le altre - alcune delle maggiori associazioni ambientaliste come il WWF, alcuni sindacati d base e confederali, l’ANPI e tantissimi collettivi studenteschi.
Al centro della protesta dei giovani c’è il governo Meloni, reo di aver recentemente tagliato dal Pnrr i fondi stanziati per contrastare la crisi climatica, ma non solo. La cricca neofascista di governo è stata infatti accusata a ragione di negazionismo climatico: “Un governo che, all’indomani di una catastrofe (il riferimento è alle alluvioni in Emilia Romagna, ndr ), nega ogni correlazione tra fenomeni estremi e crisi climatica è un governo negazionista. E per questo inadeguato a indicare risposte per prevenire i peggiori scenari prospettati dalla scienza climatica” ha affermato infatti il portavoce di FFF, Giacomo Zattini, nel presentare la giornata di protesta.
Il movimento ambientalista arringa anche sulla necessità di far rispettare all’Italia i patti sulla defossilizzazione dell’energia tra il 2030 e il 2035, e per questo vengono presi di mira anche i colossi della produzione energetica come Eni, Snam e Saipem che continuano ad investire in fossili come dimostra il cosiddetto “piano Mattei” messo in piedi del Governo.
Uno sciopero che parla dunque di giustizia climatica, di transizione realmente verde, libera dai fossili e giusta, ma che individua anche nel governo Meloni il principale nemico di questo processo denotando una profonda connotazione politica antifascista e, nei fatti, anche anticapitalista.
Il fatto che questa iniziativa giunga a mano di due mesi dall'inizio della Cop 28 di Dubai, la cui location la dice lunga su quali saranno i contenuti e con tutta probabilità anche gli esiti, rafforza l'importanza di questa iniziativa nazionale.
Anche se alla giornata di mobilitazione non ha aderito Ultima Generazione – così come agli “Stati generali del clima” convocati da vari gruppi nella speranza di trovare unità di intenti e di forme di protesta -, FFF ha fatto sapere che c'è bisogno di una forte "resistenza climatica" invitando le attiviste e gli attivisti "a tornare in piazza nonostante la preoccupante repressione dell'attivismo, con la consapevolezza che tutela collettiva e coesione saranno le basi per una partecipazione sicura ma potente".
 

Coinvolte 35 città
A Torino il corteo di oltre un migliaio di persone è stato aperto dallo striscione “Governo negazionista, stop investimenti fossili”. Il serpentone ha sostato durante il suo percorso di fronte alla sede di Italgas, dove sono stati lanciati slogan contro la compagnia e contro l'utilizzo del gas come “energia alternativa”. “ll gas non è una risorsa per la transizione energetica, devono dire la verità”, hanno spiegato gli attivisti. In corteo anche la rete del Climate Social Camp, Last, Acmos e le sigle Cigil-Cisl-Uil ed uno spezzone dal Fiom. Dopo le cariche della polizia contro i manifestanti del 3 ottobre, il movimento si mostra oggi compatto e determinato: “Ci preoccupa la repressione – dicono dalla piazza -, ma non ci impedisce di voler combattere la crisi del secolo”.
A Milano il corteo è stato aperto dallo striscione "We are unstoppable" (Siamo inarrestabili), seguito da centinaia di giovani di FFF e del Coordinamento dei collettivi studenteschi. Il serpentone è partito da largo Cairoli percorrendo poi le vie del centro città, sostando sotto palazzo Marino, sede del Comune, dove hanno protestato contro il "greenwhashing del Comune di Milano", contro la crescente speculazione edilizia (in città si è passati dai 2 ai 18 ettari di cementificazione annui) e per i trasporti pubblici gratuiti. I giovani hanno chiesto "giustizia climatica ora", criticando la gestione della città di Milano "falsamente green"; tanti gli slogan per la “resistenza climatica”, per la giustizia sociale e contro il piano Mattei ed i tagli ai fondi del Pnrr.
A Bologna il fulcro della manifestazione è stato naturalmente l'alluvione e le sue disastrose conseguenze. In prima fila alcuni manifestanti hanno marciato con scarponi sporchi di fango. Gli attivisti hanno denunciato sia il ritardo nel taglio delle emissioni da parte dei governi precedenti e dell'attuale, indicato come causa dell'aumentare degli eventi meteorologici estremi, sia la cementificazione anche qui fuori controllo, che impermeabilizza il terreno ed espone al rischio idrogeologico. Assieme all’alluvione sono stati rilanciati i temi che da anni agitano lo scenario bolognese: l’ampliamento del passante autostradale, le trivellazioni, il rigassificatore di Ravenna. Tutte infrastrutture che trovano l’appoggio delle istituzioni locali ma sulle quali gli ambientalisti sono pronti a dar battaglia. “No a trivelle e rigassificatori, niente profitti sui nostri polmoni”, si leggeva nel grande striscione verde di testa nel corteo. Degna di nota anche la presenza di una delegazione di operai della Marelli di Crevalcore che è intervenuta a Bologna; l’azienda ha decretato la chiusura giustificandola come conseguenza della crisi energetica e della transizione all’elettrico. Naturalmente l'ennesimo alibi di un capitalismo di rapina, interesse e sfruttamento, che non esita a mollare gli stabilimenti e di lasciare a casa centinaia di operai se i loro profitti non sono abbastanza.
In Toscana la manifestazione più partecipata è stata quella di Firenze , dove il corteo aperto dallo striscione “Another world is possible” (Un altro mondo è possibile), è partito intorno alle 10 dal piazzale dei Caduti per poi chiudersi nel parco del Terzolle con un’assemblea. I giovani di FFF e delle altre organizzazioni presenti fra le quali il collettivo di fabbrica GKN, hanno impugnato striscioni e cartelli con scritto “basta sovvenzioni ai combustibili fossili”, e “la nostra rabbia è energia rinnovabile”. Anche qui dito puntato contro il Governo Meloni “delle speculazioni”, ma anche contro le politiche repressive ed antisociali del sindaco PD Nardella. Nel mirino il piano di ampliamento dell'aeroporto, ma anche il progetto dello scudo verde, che sanzionerebbe l’ingresso in città dei veicoli più inquinanti, in assenza però di alcun potenziamento adeguato del trasporto pubblico, per i quali i giovani studenti chiedono la gratuità. Al grido di ‘Non molliamo’ circa 200, tra studenti delle superiori, rappresentanti politici e dei sindacati sono scesi in piazza a Lucca . Al loro fianco, oggi, c’erano anche i Parents for Future, movimento spontaneo dei genitori nato nel 2019 a sostegno delle proteste dei giovani. In centinaia anche a Pisa dove oltre alla questione ambientale i manifestanti hanno riaffermato un secco no all’ipotesi di insediamento di una grande base militare all’interno dei confini del Parco di San Rossore.
A Roma la manifestazione è partita da piazza Indipendenza per poi terminare in piazza San Giovanni, ed è stata animata da alcune migliaia di ragazze e ragazze. "Stiamo saltando le nostre lezioni per insegnarne una più importante a voi", recita un cartello issato da un ragazzo. Sugli striscioni, fra gli altri, si è letto "Resistenza climatica contro il negazionismo di stato" e "Pensa al bene comune".
A Napoli il corteo di oltre un migliaio di persone è partito da piazza Garibaldi e si è diretto verso il centro della città. In testa un grande striscione “Stamme jenn a mare cu tutt'e pann (stiamo andando a mare con tutti i panni, ndr ). In caso di emergenza scendere in piazza”.
A Venezia lo sciopero si è tradotto in uno striscione sul quale era scritto "Venezia è simbolo della crisi climatica, saremo la laguna che si ribella. No grandi scavi, no grandi navi, basta moto ondoso". Il movimento cittadino del FFF lo ha appeso su una impalcatura davanti alla Basilica di San Marco denunciando dunque oltre al riscaldamento globale una la città sempre più nelle mani del turismo ricco, della speculazione e sempre meno a misura d'uomo.
A Bari circa 400 persone sono scese in piazza per contestare oltre al governo Meloni, anche la Regione Puglia del governatore PD Emiliano accusati di sbagliare totalmente il senso delle politiche ambientali, a partire dalla discussa legge regionale sulle dune costiere. Al centro delle proteste il destino dell'ex Ilva, il problema della Xylella che continua a falcidiare olivi che continuano ad essere oltre al turismo balneare una delle maggiori risorse della regione; la catastrofica condizione del trasporto pubblico e le nuove infrastrutture energetiche della Regione come il gasdotto Poseidon di Otranto, che punta ancora su una energia climalterante dall'alto impatto ambientale.
In conclusione, alle migliaia di partecipanti che nelle 35 città italiane hanno dato un segnale forte, di coerenza e di lotta contro il cambiamento climatico e, seppur tra le righe, contro il sistema di produzione capitalista che lo genera, non ci stancheremo di dire che il passo decisivo che devono fare è quello di non disperdere le forze in un vicolo parziale e cieco legato a obiettivi di carattere elettoralista o riformista, oppure limitandosi a battaglie parziali seppur giuste, ma di legare la loro apprezzabile lotta per l'ambiente e la giustizia climatica a quella più grande per realizzare una società veramente democratica nella quale siano le lavoratrici e i lavoratori, le masse pensionate, femminili e giovanili, a decidere tutto, incluso il modo di gestire le risorse naturali che abbiamo a disposizione.
Per noi questa società è il socialismo poiché solo il socialismo non è finalizzato alla devastante ricerca del massimo profitto con l'inevitabile rapina e consumo delle risorse umane e materiali del pianeta, mentre è in grado di garantire un controllo popolare efficace e di liberare i cosiddetti “beni comuni" dalle grinfie delle multinazionali private, rendendoli effettivamente pubblici e gestiti in maniera oculata nell’interesse delle popolazioni e della tutela ambientale.
Tutto il resto è contenuto nella lettera aperta alle ambientaliste ed agli ambientalisti che il PMLI ha loro rivolto nel marzo del 2019 e che potrete leggere al link http://www.pmli.it/articoli/2019/20190320_11i_docUPlettereambientalisti.html
 

11 ottobre 2023