Il neoduce controlla cinque televisioni nazionali su sei
LA CASA DEL FASCIO COMPLETA L'OCCUPAZIONE DELLA RAI
Rai 1 a Forza Italia, Rai 2 alla Lega, Rai 3 all'Ulivo. Mimun (FI), Mazza (AN), Di Bella (DS) direttori di Tg1, 2, 3
ATTACCO DUCESCO DI BERLUSCONI ALLA LIBERTA' DI INFORMAZIONE E DI OPINIONE
Il 17 aprile, con la nomina dei direttori delle reti e dei telegiornali, la casa del fascio ha completato l'occupazione della Rai, cominciata il 22 febbraio scorso con l'elezione del nuovo Consiglio di amministrazione a ferrea maggioranza governativa presieduto da Antonio Baldassarre e con la nomina del nuovo direttore generale, il berlusconiano Agostino Saccà.
La spartizione delle poltrone è andata più o meno come previsto, con la casa del fascio che ha fatto man bassa e l'Ulivo cacciato nella riserva indiana di un Tg3 dimezzato. Anche se qualche strascico polemico e qualche malumore è rimasto nel partito di Fini, di fronte a Forza Italia che ha fatto la parte del leone al banchetto spartitorio, e che si è pure visto scavalcato dalla Lega di Bossi nella corsa alla direzione di Rai due.
Tutta targata Forza Italia, infatti, la rete uno Rai, alla cui direzione è stato chiamato il berlusconiano Fabrizio Del Noce, già deputato di Forza Italia nel '94 e conduttore di Linea verde, mentre a dirigere il Tg1 è stato promosso un altro berlusconiano di ferro, Clemente Mimun, già direttore del Tg2. La rete due è andata ``a sorpresa'' al leghista Antonio Marano, proveniente da Stream, ex sottosegretario nel primo governo Berlusconi, che ha battuto in breccia il candidato di AN Massimo Magliaro. Il partito di Fini si consola però con la direzione del Tg2, aggiudicata come previsto a Mauro Mazza, ex socialista ed ex vicedirettore del Tg1. La rete tre è rimasta all'Ulivo, alla cui direzione il nuovo Cda Rai ha nominato Paolo Ruffini, proveniente dai Gr, in quota Margherita. Il diessino Antonio Di Bella è stato confermato alla direzione del Tg3, che però viene smembrato dei Tg regionali, affidati alla direzione di Angela Buttiglione, in quota Udc nonché sorella del ministro alle Politiche comunitarie.
Al ``centro-sinistra'' è rimasta dunque una sola rete, e per di più a mezzadria con la casa del fascio. L'Ulivo sparisce quasi completamente anche dalla rete radiofonica, con l'accorpamento di Radio 3 a Radio 2 sotto la direzione di Sergio Valzania, mentre la direzione del Gr è stata assegnata ad un uomo di Fini, Bruno Socillo. Per il ``centro-sinistra'' i due consiglieri dell'Ulivo, Zanda e Donzelli, sono riusciti a strappare solo la Divisione 2, reclamata da FI e assegnata per il rotto della cuffia a Giuseppe Cereda, e la conferma della Divisione radiofonia per Marcello Del Bosco.

LA POLITICA FALLIMENTARE DELL'ULIVO
Per il neopresidente del Cda Rai, il rinnegato Baldassarre, queste nomine ``non sono mai state così pluraliste nella storia della Rai''. ``Su dodici nomine ne abbiamo date otto alla maggioranza e quattro alla minoranza, cioè oltre il 30-40 per cento'', ha sottolineato l'ex presidente della Consulta, che non capisce le ``lamentele'' dell'Ulivo, ``a meno che - ha precisato - non si parta dall'idea che esistono tre reti date alla maggioranza, le reti Mediaset, ma non sono ragionamenti corretti''.
Invece l'Ulivo ha tutti i motivi per dolersene, visto che è stato praticamente estromesso da tutti i posti che contano e relegato in un ghetto, mentre la casa del fascio, con le tre reti Mediaset più le due e mezzo Rai e l'intera rete radiofonica, senza contare mezza La7, ha assunto di colpo il controllo del 95 per cento dell'informazione radio televisiva italiana. Un disastro che il ``centro-sinistra'' si è andato a cercare, con le sue aperture al nuovo Cda di Baldassarre che avrebbe soddisfatto l'``esigenza di pluralismo'' (Violante, ndr), e puntando tutto sulla vecchia pratica lottizzatoria, nella speranza che i due rappresentanti dell'Ulivo riuscissero a strappare qualche poltrona in più, o almeno la riconferma di giornalisti e manager di ``provata professionalità'' e non diretta espressione governativa. Invece i nomi proposti da Zanda e Donzelli, come Santoro, Freccero, Fazio, Annunziata, Balassone e Lerner sono stati tutti respinti dalla maggioranza, che ha imposto la sua rosa blindata.
Cosicché ora il ``centro-sinistra'' si lecca le ferite e apre la resa dei conti al suo interno, con il ``correntone'' facente capo a Giovanni Berlinguer che parla di DS che ``escono stritolati da questa storia'', chiede le dimissioni dei due consiglieri in quota Ulivo e accusa la commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai presieduta dal diessino Petruccioli di ``non aver svolto le sue funzioni, preferendo l'accettazione silenziosa di quanto stava accadendo''.
Quanto a Rutelli e Fassino, i maggiori responsabili della gestione fallimentare del confronto con la Cdl, come al solito balbettano e continuano a coprire il regime fascista dilagante con il volto di Berlusconi: declassato a ``rischio di una grave involuzione democratica'', secondo il leader della Margherita, mentre Fassino ha annunciato un passo presso il capo dello Stato e i presidenti delle Camere ``per esporre le nostre preoccupazioni di fronte al rischio (sic!) che in questo Paese ci sia una libertà di informazione che viene colpita ogni giorno da una condizione di monopolio e di controllo intollerabile''.
Sempre più sonati e allo sbando i leader ulivisti non trovano di meglio che tirare la giacchetta a Ciampi, nella vana speranza che costui gli levi le castagne dal fuoco facendo da argine allo strapotere di Berlusconi che essi, con la loro politica di ``opposizione'' fallimentare ed opportunistica, non riecono a contenere. Ancora continuano a far finta di non capire che Ciampi, anche se è stato proposto ed eletto soprattutto grazie a loro, da quell'orecchio non ci sente e, come il re con Mussolini, fa invece di tutto per coprire il neoduce Berlusconi e assicurare la durata del suo governo, adoprandosi per ``abbassare i toni'' e spengere gli allarmi e le proteste che salgono nel Paese.
Tant'è vero che Berlusconi si sente talmente in una botte di ferro dall'annunciare pubblicamente una radicale epurazione all'interno della Rai, sostenendo - come ha fatto durante la sua visita in Bulgaria - che con le nuove nomine la Rai ``finalmente tornerà ad essere tv pubblica, cioè di tutti, cioè oggettiva, cioè non partitica, cioè non faziosa, come è stata con l'occupazione militare della sinistra''.

IL NEODUCE LANCIA L'EPURAZIONE IN RAI
A suggello di ciò ha chiesto pubblicamente la testa dei tre personaggi televisivi che attualmente gli danno più ombra, Santoro, Biagi e Luttazzi, da lui accusati di aver fatto un ``uso criminoso'' del mezzo televisivo per attaccarlo nella scorsa campagna elettorale.
L'attacco sfrontato e ducesco di Berlusconi alla libertà di informazione e di opinione, avallato dal silenzio di Ciampi, e la latitanza e incapacità dimostrate dai leader dell'Ulivo in questa vicenda, hanno seriamente allarmato e spinto ancora una volta a scendere in campo gli intellettuali, gli artisti, i giornalisti e gli operatori di spettacolo democratici che da qualche tempo con professori universitari, scrittori e semplici cittadini animano le assemblee e i ``girotondi'' contro gli attacchi alla democrazia e alla libertà di espressione portati da questa maggioranza neofascista. Sabato 20 aprile una folta rappresentanza di essi hanno dato vita, nel teatro Ambra Jovinelli di Roma, a una gremitissima manifestazione di protesta con oltre 2000 partecipanti, nel corso della quale è stata cantata ``Bella ciao'' ed è stata letta una lettera a Ciampi che in pratica lo esorta a smetterla di nascondersi dietro appelli generici al ``pluralismo'', puntualmente strumentalizzati da Berlusconi come un via libera ai suoi attacchi alla libertà di informazione, e a mandare un ``solenne e inequivocabile messaggio alle Camere''.
Altre manifestazioni di protesta, che hanno coinvolto decine di migliaia di persone, si sono svolte in diverse città sempre nella stessa giornata, come a Milano, Torino, Roma, Napoli, Bologna, Trani, Ascoli, Trento, Sassari, Santa Maria Capua Vetere, San Giovanni Rotondo, San Benedetto del Tronto. A dimostrazione che la percezione del regime neofascista in atto sta crescendo a livello di massa, nonostante il pompieraggio dei leader della ``sinistra'' parlamentare che si ostinano stoltamente a negarlo.

24 aprile 2002