Bertinotti rieletto segretario con quasi il 40% di voti contrari. Migliore probabile successore
Rifondazione "verso un mondo nuovo" prodiano
Vendola: "mettiamoci in viaggio verso dio"
Ciampi ringrazia per "l'impegno positivo del PRC per la salvaguardia dei valori della nostra democrazia". Invitato persino il neoduce Berlusconi. Contestato Gullotta come traditore. Nessuna delle 5 correnti è a favore del socialismo (biografie dei loro leader)
Prodi: "quello di Bertinotti è un progetto riformista"
Con il VI Congresso che si è svolto dal 3 al 6 marzo al Palazzo del cinema della mostra di Venezia, Bertinotti ha completato il processo di rifondazione del PRC neorevisionista e trotzkista in partito riformista di stampo socialdemocratico e liberale, pilotandolo con piglio decisionista e autoritario nella cosiddetta "svolta governista" sotto l'ala del leader democristiano dell'Unione della "sinistra" borghese, Prodi.
Tutto era stato previsto e meticolosamente studiato per realizzare questi due obiettivi e offrirne anche una sensazione tangibile, che rendesse anche visivamente l'idea di un partito che ha ormai perso per strada tutti i suoi tratti originari legati, per quanto debolmente, alla storia e alle tradizioni del movimento operaio; che ha subito un completo cambiamento culturale, assorbendo ecletticamente idee e suggestioni dalle più svariate correnti politico-culturali borghesi, da quelle nonviolente gandhiane e cattoliche a quelle socialdemocratiche e liberali; e che ormai aspira ad essere pienamente legittimato dal sistema come un partito democratico, riformista e di governo.
E questo a cominciare dalla stessa scenografia faraonica, curata da un architetto di fama mondiale come Fuksas, che ha disegnato anche il logo con l'uovo che racchiude i continenti e la parola d'ordine del congresso "Verso un mondo nuovo", e dal poeta Sanguineti che ha ideato le parole che riempivano un gigantesco pannello di 900 metri quadri all'ingresso del palazzo del cinema. A ciò bisogna aggiungere la scelta oculata delle musiche, con quelle di Bob Marley che hanno addirittura aperto il congresso, mentre solo dopo sono state suonate "Bella ciao" e "L'Internazionale". Senza contare l'esclusione di "Bandiera rossa", che se è risuonata qualche volta nella sala è stato solo per l'iniziativa spontanea di gruppi di delegati.
Anche la scelta degli invitati "istituzionali" obbediva a questo criterio. Come i presidenti di Camera e Senato, Casini e Pera, che pur non essendo intervenuti hanno inviato dei messaggi di saluto. Era stato invitato persino il neoduce Berlusconi, che però non ha risposto all'invito fattogli dallo stesso Bertinotti all'ultimo momento, evidentemente per non suscitare troppe polemiche alla vigilia dei lavori. Per il governo era comunque presente il vicepresidente del Consiglio, il democristiano Follini. Fascisti di AN e Lega non erano stati invitati - ha fatto sapere l'organizzazione del congresso - perché loro "non ci hanno invitati ai loro congressi". Anche Ciampi ha inviato un messaggio di ringraziamento a Bertinotti per i saluti ricevuti in apertura dell'assise, aggiungendo di ritenere "molto positivo l'impegno che emerge con forza dal suo messaggio, per la salvaguardia dei valori della nostra democrazia".

Il progetto riformista bertinottiano
Tutta questa "attenzione" istituzionale verso il congresso del PRC e il suo segretario non era certo malriposta, stando al discorso congressuale dell'imbroglione trotzkista, socialdemocratico e adesso anche neoconvertito alla fede. Un discorso torrenziale, intriso di ecumenismo religioso, nonviolenza gandhiana, liberalismo, parlamentarismo ed elettoralismo borghesi, interclassismo, movimentismo e spontaneismo trotzkista; nonché zeppo di citazioni di pensatori anticomunisti, socialdemocratici, revisionisti, trotzkisti e cattolici, come Benjamin, Bernstein, Korsh, Rosa Luxemburg, dom Franzoni e Gramsci. Un discorso con cui, dopo aver fatto balenare lo specchietto per le allodole dello spostamento a sinistra del "timone dell'Unione" che la presenza di Rifondazione garantirebbe nel "centro-sinistra", Bertinotti ha disegnato invece il vero volto del partito riformista che ha in mente e che ha i seguenti tratti: "una sinistra radicale capace di essere un soggetto largo, unitario e plurale, impegnato nella ricostruzione di un ciclo riformatore, in cui si coniughino radicalità e gradualità, processo e trasformazione, democrazia e cambiamento".
Una "sinistra" talmente "radicale" che non solo non ha più la minima traccia di socialismo nel suo sangue, ma - ha precisato Bertinotti - vede l'abolizione della proprietà privata come una prospettiva da attuare in tempi biblici, paragonabili all'estinzione della società feudale. E che non parla più nemmeno della "patrimoniale", se questo termine "fa orrore" ai partiti alleati, ma piuttosto di un "intervento fiscale modulato".
Soprattutto, l'imbroglione trotzkista, ha insistito sul concetto del cambiamento culturale, se non addirittura antropologico, che avrebbe ormai subito il PRC "contaminandosi" in questi anni con tutte le correnti e i movimenti culturali, e attraverso un ricambio generazionale completo, con l'esaurimento della vecchia generazione di militanti e dirigenti provenienti dall'ex PCI e l'avvento di una nuova generazione di giovani senza più legami con la storia e le tradizioni del movimento operaio, e quindi pronta a recepire appieno il suo progetto pacifista, riformista e governativo.

Provocazioni anticomuniste e spallate clericali
Per spingere anche i recalcitranti in questo pantano non ha risparmiato i mezzi, neanche i più ipocriti e sporchi. Per esempio affidando all'attore Leo Gullotta, il prete dell'ignobile fiction anticomunista sulle foibe "Il cuore nel pozzo", la lettura dal palco di brani di condannati a morte della Resistenza: una provocazione fatta a sommo studio dal segretario uscente per isolare quanti nella base del PRC avevano protestato contro il suo revisionismo sulle foibe e contro l'infame operazione televisiva fascista a cui ha dato mano anche Gullotta. Il quale è stato giustamente contestato da alcuni giovani delle mozioni di minoranza, al grido di "venduto"', "traditore", "hai fatto i soldi con le foibe e ora vieni qui a parlare di Resistenza"! E mentre i contestatori sono stati espulsi dalla sala con violenza, sconfessati dal loro stesso leader Grassi, Bertinotti è corso ad abbracciare Gullotta sibilando che "c'è un grado di intolleranza in questo partito che è insopportabile".
Anche il clerico-trotzkista Nichi Vendola ha assecondato non poco il disegno bertinottiano, con un intervento pieno di farneticazioni misticheggianti, di esaltazione del nuovo credo nonviolento, di veri e propri attacchi di stampo oscurantista e clericale, neanche tanto velati, al referendum sulla fecondazione assistita ("il laicismo non è l'antidoto all'integralismo, ma è il suo gemello mercantile", ha detto). E incitando il partito a "mettersi in viaggio" per non si sa bene quali orizzonti religiosi e divineggianti: "Qui - ha detto fra l'altro l'aspirante governatore della Puglia - io riesco a mettere in equilibrio laico la fede diurna nel socialismo e il pensiero notturno del dio che danza la vita".
Niente di strano che in questo clima di sbracamento riformista, clericale e anticomunista, il democristiano Prodi (invitato d'onore ma prudentemente senza diritto di intervento, per non rischiare un'imbarazzante contestazione della platea), abbia abbracciato calorosamente il leader del PRC dichiarando entusiasticamente che "quello presentato da Bertinotti è il progetto di un partito riformista che vuole far parte di una maggioranza riformista e questo è un ottimo punto di partenza per il futuro". "Verso un mondo nuovo" prodiano, bisognerebbe dunque ribattezzare la parola d'ordine tanto pomposa quanto ipocrita e fuorviante con cui Bertinotti ha preteso di nobilitare questo congresso di resa al riformismo, alla socialdemocrazia (da cui proviene e a cui ora ritorna) e al tecnocrate democristiano Prodi.

Pugno di ferro con l'"opposizione" interna
Bertinotti ha pilotato il PRC verso questa squallida meta senza guardare in faccia a nessuno, regolando i conti con la "opposizione" interna costituita dai cossuttiani di Claudio Grassi (mozione "Essere comunisti") e dai gruppi trotzkisti che fanno capo rispettivamente a Marco Ferrando (mozione "Per un progetto comunista"), Gigi Malabarba e Salvatore Cannavò (mozione "Un'altra Rifondazione è possibile") e Claudio Bellotti (mozione "Rompere con Prodi, preparare l'alternativa operaia"), che tra tutti raggiungevano circa il 40% dei voti congressuali.
Non che costoro intendessero condurre una battaglia sui principi al segretario uscente. Nessuna delle cinque correnti è a favore del socialismo. Quella di Grassi non esclude nemmeno l'alleanza elettorale con Prodi e la partecipazione del PRC ad un eventuale governo di "centro-sinistra", ma chiede solo di porre delle "condizioni". Le altre tre correnti trotzkiste si dichiarano in vario modo favorevoli ad accordi di "desistenza" elettorale con Prodi. Il loro obiettivo a questo congresso era piuttosto di costringere Bertinotti ad un compromesso che vedesse riconosciuto il loro diritto ad adeguati spazi di rappresentanza negli organi direttivi del partito.
Invece non hanno ottenuto assolutamente nulla e Bertinotti e i suoi fedelissimi si sono presi tutto il potere nel partito imponendo a colpi di maggioranza modifiche ad hoc dello statuto: la segreteria è ora interamente bertinottiana, con l'espulsione di Grassi e l'entrata di Gennaro Migliore, considerato il probabile delfino di Bertinotti, che ha annunciato che questo è il suo ultimo mandato da segretario. Inoltre è stato creato un nuovo organismo dirigente, l'Esecutivo, in cui i bertinottiani sono in netta maggioranza e i loro oppositori non sono rappresentati in proporzione al loro peso percentuale. Al contempo è stata svuotata di poteri la Direzione, a cui le quattro correnti di opposizione hanno deciso di non partecipare per adesso in segno di protesta. Infine è stato istituito un "vincolo di mandato" per i parlamentari, in modo da prevenire voti contrari alle decisioni del futuro governo di "centro-sinistra" in caso di dissensi.
Bertinotti insomma ha blindato la sua direzione sul partito, anche a costo di una possibile scissione, dato che è stato rieletto con ben il 40% di voti contrari. Di fronte ai suoi oppositori interni si pongono a questo punto due alternative: restare dentro il partito, facendo la fine del "Correntone" diessino, cioè facendo la "sinistra" dei riformisti, seguendoli nella irreversibile deriva a destra e finendo per reggere loro il sacco. Oppure realizzare una nuova scissione, confluendo in parte nel PdCI (Grassi, probabilmente) o dando vita a un altro partitino neorevisionista e trotzkista.
In entrambi i casi i sinceri comunisti e fautori del socialismo che militano nel PRC e che non si vogliono rassegnare a seguire Bertinotti nel pantano della "sinistra" borghese, fino alla probabile dissoluzione del PRC nella Fed dei rinnegati del comunismo, dei riformisti, socialdemocratici e democristiani, non avrebbero nulla da guadagnare da queste due prospettive. Sarebbero solo destinati ad altre delusioni e a perdere altro tempo prezioso per la lotta per il socialismo. Che potrebbero invece spendere efficacemente subito decidendo di militare nel PMLI, e lottare insieme a noi per buttare giù il neoduce Berlusconi e il regime neofascista, per l'Italia unita, rossa e socialista.

9 marzo 2005