SCONTRO TRA CURZI E BERTINOTTI SUL "CORRIERE DELLA SERA" E SULL'ALLEANZA CON L'ULIVO. (Chi è Folli)
Tra il direttore di "Liberazione", Alessandro Curzi, e il segretario del PRC, Fausto Bertinotti, è ormai scontro aperto.
A innescarlo è stata la vicenda del "Corriere della Sera" (CdS), ma, come vedremo, la contraddizione va ben oltre e coinvolge la linea politica del partito e la sua alleanza con l'Ulivo.
La scintilla che ha dato fuoco alle polveri sono state le dichiarazioni di apprezzamento per il nuovo direttore del CdS, Stefano Folli, rilasciate alla stampa da Bertinotti che sono suonate come un'aperta sconfessione di "Liberazione" e del suo direttore che avevano immediatamente denunciato l'assalto di Berlusconi al Corriere.
Bertinotti, invece, sulla vicenda aveva rimandato a "una riflessione più compiuta" e aveva a caldo augurato buon lavoro a Folli che "si è sempre distinto per acume politico e autonomia di giudizio".
Ancor più esplicito l'intervento di Ritanna Armeni, capo ufficio stampa del PRC e portavoce di Bertinotti, che su "Liberazione" del 29 maggio, esprime "totale disaccordo" con l'analisi e i giudizi espressi nel fondo del giorno precedente a firma di Beppe Lopez. Fondo che Curzi dirà di aver letto e di condividere pienamente.
L'Armeni contesta come "giudizio sbagliato e inopportuno" l'aver dipinto Folli "come un uomo di Berlusconi" che al contrario definisce "punta di eccellenza del giornalismo italiano". Inoltre non vede nel cambio di direttore nessun "complotto" ma un atto "nella direzione della tradizione del quotidiano milanese" che è "una tradizione borghese e imprenditoriale, che fa i conti con il berlusconismo, ci fa anche delle mediazioni, ma non coincide con esso". Infine, la portavoce di Bertinotti, reputa sbagliato gridare "sempre e comunque allo strapotere di Berlusconi". Insomma, Berlusconi non c'entra un bel nulla e basta tirarlo sempre in mezzo.
Lo scontro ormai attraversa l'intera Redazione che risulta spaccata in due. Curzi prospetta anche le proprie dimissioni, che successivamente negherà. Il condirettore di "Liberazione", la trotzkista luxemburghiana Rina Gagliardi, vicina al segretario, approfittando dell'assenza di Curzi, manda in stampa l'edizione di venerdì 30 maggio allineata alla posizione di Bertinotti e firmando un fondo nel quale afferma che "Quali saranno i caratteri peculiari della nuova fase del principale quotidiano nazionale... lo si vedrà sul campo, in corso d'opera. Intanto, il nuovo direttore merita auguri non formali di buon lavoro". La Gagliardi definisce Folli "uomo di garanzia", dotato di "grande professionalità, capacità analitica, equilibrio da liberale autentico... ma, soprattutto, un'inclinazione `terzista' e aperta a tutte le posizioni".
La cosa manda in bestia Curzi che in una assemblea spontanea della Redazione dello stesso giorno si confronta con la Gagliardi, anche se alla fine entrambi si dicono in attesa di una "verifica" dal partito.
Il primo giugno i due tornano a duellare su "Liberazione", con due articoli, Curzi a pagina 2 e la Gagliardi a pagina 3. Sembra ormai guerra aperta.
La Gagliardi che titola "Contro il politicismo", denuncia che "in un pezzo della sinistra prevale un `iperpoliticismo antiberlusconiano' che assume punte totalizzanti" (sic!).
Intanto Bertinotti continua a criticare aspramente Curzi e a coprire in modo vergognoso e sfacciato l'operazione neofascista di Berlusconi. "Quando leggo sul mio giornale che Stefano Folli è un 'cerchiobottista' plasmabile dalla destra, non sono d'accordo e l'ho detto. In questo giudizio Liberazione ha fatto un errore", dichiara a "l'Unità" del 2 giugno.
Il 4 giugno si tiene l'assemblea fra Bertinotti (che l'ha richiesta), la Direzione, la Redazione, i collaboratori e i poligrafici di "Liberazione" nella quale non solo non viene risolta la contraddizione ma si affilano ulteriormente i coltelli. Bertinotti insiste negli "apprezzamenti" a Folli e sostiene che l'assalto alla libertà di informazione non è del solo Berlusconi, ma di tutto il capitale per cui, è la stupefacente conclusione, "non possiamo farci risucchiare nella categoria dell'antiberlusconismo". Confermando la miopia politica e l'opportunismo storico dei trotzkisti come lui.
Le due opposte fazioni nella Redazione avranno modo di confrontarsi anche il 6 giugno nell'assemblea che doveva decidere la partecipazione o meno del giornale allo sciopero dei giornalisti proclamato dalla Fnsi sulla vicenda Corriere. Passa la decisione di partecipare ma con il voto contrario della Gagliardi e del vicedirettore Salvatore Cannavò.
La tregua stabilita fino alla Direzione del PRC del 17 giugno, ossia dopo il referendum, risulta sempre più una tregua armata.
Clamorosamente Curzi passa al contrattacco scrivendo una lunga lettera per "l'Unità" che la pubblica il 6 giugno. In essa egli non solo ripete tutti i motivi del dissenso sulla nomina di Folli, ma, di più, svela che alla base di tale dissenso vi è un conflitto ben più ampio che riguarda la "svolta" che Bertinotti ha impresso, nelle ultime settimane e soprattutto dopo i risultati delle elezioni amministrative parziali del 25 e 26 maggio, alla politica del partito verso il "centro-sinistra" nella ricerca di un "accordo programmatico" che lo includa nel fronte per le politiche 2006.
Curzi, nella sua lettera, non mette in discussione la "bontà" della ricerca di un accordo con l'Ulivo, lamenta però che di tale "svolta" non si sia messo al corrente il giornale, ossia lui. Egli pone anche il problema delle modalità della "svolta" che non sarebbe stata decisa dopo una discussione e una riflessione all'interno della Direzione. A Curzi, insomma, non va giù di essere stato scavalcato e vede con preoccupazione non tanto l'accordo con l'Ulivo, quanto il rapporto privilegiato che Bertinotti ha instaurato col presidente diessino Massimo D'Alema, scavalcando, si dice, lo stesso segretario Fassino, e bypassando le correnti della sinistra diessina che fin qui avevano l'esclusiva dei rapporti con Rifondazione.
Non a caso è stato lo stesso D'Alema che nella segreteria DS del 3 giugno ha esposto i termini dell'accordo col PRC dandolo ormai per scontato. E significativa è l'intervista rilasciata da D'Alema a Rina Gagliardi, e pubblicata da "Liberazione" il 5 giugno, che è stata criticata da Curzi per il tono estremamente accondiscendente dell'intervistatrice e per la scelta di farla rivedere prima della pubblicazione a Bertinotti, poi a D'Alema, poi di nuovo a Bertinotti. La stessa posizione di Bertinotti rispetto alla vicenda del "Corriere della Sera", oltre ad essere l'ennesimo atto di sottovalutazione e di copertura a "sinistra" del governo del neoduce Berlusconi, potrebbe essere in linea con la nuova collocazione politica che egli intende dare al PRC.
Vedremo come andrà finire questo scontro interno e cosa emergerà dalla riunione della Direzione. Se il capofila trotzkista e neorevisionista Bertinotti riuscirà o meno a piegare le resistenze dei riottosi verso la sua politica di accordo organico con l'Ulivo. Certo è che tutta la vicenda e come è stata gestita dimostra ancora una volta che il PRC non assomiglia nemmeno lontanamente a un autentico partito comunista.