Introduzione al dibattito della compagna Giovanna Vitrano
Discorso di Emanuele Sala tenuto al dibattito per le elezioni comunali di Palermo promosso dall'Organizzazione locale del PMLI

LA SICILIA HA BISOGNO DEL PMLI E DEL SOCIALISMO
Le masse siciliane non sono rappresentate dall'Ars. Il tradimento delle speranze suscitate dalla giunta di "centro-sinistra''. Orlando ha spianato la strada alla casa del fascio. La Sicilia e la questione meridionale. Studiare la storia della Sicilia. Come combattere la mafia
L'ASTENSIONISMO E' L'UNICO VOTO DI SINISTRA
Ecco il testo integrale dell'importante discorso pronunciato dal compagno Emanuele Sala in occasione del primo storico dibattito pubblico del PMLI a Palermo, svoltosi giovedì 22 novembre.
Care compagne e cari compagni e amici di Palermo,
nel portarvi il saluto del Comitato centrale del Partito marxista-leninista italiano (PMLI) che ho l'onore di rappresentare, ben volentieri mi associo al caloroso benvenuto datovi dalla compagna Giovanna Vitrano. Vi ringrazio di aver accettato il nostro invito a partecipare al nostro dibattito che ha come tema le elezioni comunali del capoluogo siciliano per eleggere il nuovo sindaco e il nuovo consiglio comunale di Palazzo delle Aquile.
A questo proposito, sono certo che avrete letto e apprezzato l'Appello del nostro Partito redatto e diffuso a livello di massa nel corso della campagna elettorale che nell'essenziale illustra la posizione astensionista del PMLI per questa consultazione amministrativa. Tale Appello porta il seguente titolo: Per L'Italia unita, rossa e socialista - STRAPPA PALERMO al capitalismo, alla mafia e alle bande di destra e di "sinistra'' della borghesia - Astieniti (non votare, vota nullo o bianco).
Esso denuncia le tremende condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari palermitane e in sintesi avanza la nostra proposta politica e le nostre rivendicazioni. Una posizione arricchita e completata dalla brillante e bruciante introduzione della compagna Vitrano con la quale ha fatto, come dire, "barba e capelli'' ai candidati sindaci , in particolare ai tre principali, ossia: il candidato del "centro-sinistra'' Francesco Crescimanno, il candidato del "centro-destra'' Diego Cammarata, il candidato Francesco Musotto con una lista che porta il suo stesso nome, dopo essere stato clamorosamente trombato dal suo ex partito, Forza Italia, per volere di Gianfranco Micciché, attualmente boss incontrastato del partito di Berlusconi in Sicilia. Tutti e tre facoltosi professionisti e tutti e tre, è il colmo, aperti ammiratori del cavaliere piduista di Arcore. Per non dire degli altri candidati minori a capo di liste civiche, Mancuso e Miranda, marginali e di contorno. Cosicché, di fatto, ci sarebbero già tutti gli elementi principali per aprire il dibattito che auspico vivace e chiarificatore.
Tuttavia, con il discorso che mi appresto a pronunciare, abbiamo voluto cogliere questa occasione preziosa di incontro pubblico con le masse palermitane, in un certo senso storico, poiché è il primo dopo tanti anni di assenza del PMLI dal capoluogo dell'Isola, per offrire più spunti di analisi e di valutazione circa la linea politica e strategica, la piattaforma dei marxisti-leninisti, la nostra posizione contro la guerra imperialista in Afghanistan, la politica interventista del governo Berlusconi e la sua Finanziaria di guerra, le nostre idee sulla questione meridionale, ecc.
Non prima però di aver rivolto un sentito ringraziamento alle compagne e ai compagni, miltanti e simpatizzanti del Partito di Palermo, con in testa la brava, coraggiosa, generosa e capace compagna Vitrano, per quanto hanno potuto fare nella campagna elettorale e per aver organizzato questo dibattito che rappresenta di per sé un avvenimento per la città e un successo politico. Un ringraziamento che, se permettete, vorrei allargare a tutte le compagne e i compagni siciliani che, in tempi veramente ristretti, hanno permesso al nostro Partito di mettere radici anche a Belpasso e ad Acireale, in provincia di Catania, con simpatizzanti e amici a Baucina, a Bagheria, Caltanissetta, Mazara del Vallo, Riposto, Ragusa, Erice. Sempre nuovi lavoratori e studenti siciliani ci telefonano, ci scrivono le loro e-mail per dirci che sono interessati a conoscere il PMLI e a prendere contatto con esso.
La nostra speranza è che, anche attraverso questo dibattito, si rafforzi e si sviluppi questa linea di tendenza che gradualmente ma prepotentemente, si sta facendo strada, che voi e insieme a voi tanti altri si avvicinino al PMLI e vi prendano posto perché, è nostra ferma convinzione, che solo facendolo grande, forte e radicato sul territorio e nei luoghi di lavoro e di studio, è possibile prospettare per le masse palermitane e siciliane un futuro nuovo e diverso, la speranza di un cambiamento radicale dell'attuale società capitalistica, mettere fuori gioco gli schieramenti elettorali di destra e di "sinistra'' che in vario modo rappresentano la borghesia nazionale e isolana, compresa quella mafiosa, e far tornare ad ardere la fiamma del socialismo. Per me, tra l'altro di origini siciliane, di Bagheria per l'esattezza, che già nelle recenti elezioni regionali siciliane del 24 giugno scorso per il rinnovo del presidente e del consiglio regionali, ho tenuto un dibattito ad Acireale è un onore contribuire, sia pure in minima parte a raggiungere questo importante obiettivo.

L'ASTENSIONISMO E' L'UNICO VOTO DI SINISTRA
Ma torniamo al tema di stasera. Noi marxisti-leninisti non siamo qui per chiedervi voti per eleggere un nostro candidato sindaco e per mandare nostri rappresentanti in consiglio comunale, peggio ancora per sostenere il candidato del "centro-sinistra'' come ha fatto il partito di Bertinotti, noi non vi chiediamo voti per andare ad occupare poltrone di potere delle istituzioni borghesi e accaparrarsi delle relative cospicue prebende. No! Noi vi chiediamo di appoggiare il PMLI e il socialismo e di schieravi contro la seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista e tutti i suoi partiti, usando l'arma acuminata dell'astensionismo (non voto, voto nullo o bianco).
Siamo convinti che nell'attuale contingenza politica e storica l'astensionismo, con i contenuti politici indicati dal PMLI, sia l'unico voto di sinistra, anticapitalista, antifascista e antimafioso possibile, è il modo più efficace per contestare e delegittimare le istituzioni rappresentative borghesi, specie in regime neofascista imperante, rappresentato ora dal governo del neoduce Berlusconi e in Sicilia dal suo ascaro, Totò Cuffaro; siamo convinti che questo è il modo più sicuro per non regalare il proprio voto ai politicanti borghesi, comunque collocati nei diversi schieramenti, che lo userebbero e strumentalizzerebbero unicamente ai loro fini di potere e per soddisfare gli appetiti delle rispettive lobby politiche e affaristiche.
D'altronde, l'astensionismo è ormai una tendenza consolidata e in crescita senza soluzione di continuità; certamente dal Sessantotto in poi, milioni di elettori lo adottano sempre più coscientemente come forma di protesta verso le ingiustizie sociali, le malefatte dei governanti, per rivendicare diritti negati. Bastino questi dati: 12.167.764 astensionisti, pari al 24,7% sul corpo elettorale a livello nazionale e 1.611. 067, pari al 36,2% in Sicilia nelle elezioni politiche del 13 maggio 2001. Mentre nelle elezioni regionali siciliane del 24 giugno 2001, gli astensionisti sono stati 1.803.084, cioè il 40% dell'elettorato, più 90.679 rispetto alla consultazione regionale precedente del 1996, più 1.200.000 circa rispetto ai voti presi da Forza Italia.
Sui risultati di queste ultime due consultazioni elettorali, i mass-media borghesi, sia le televisioni, sia i quotidiani fanno una grande confusione. Ignorando sfacciatamente e volutamente il risultato dell'astensionismo, in pratica un quarto degli aventi diritto al voto nel Paese e 4 su 10 elettori in Sicilia, hanno detto tante bugie per confondere le idee alle masse popolari; hanno detto che la "Casa delle libertà'', ovvero la casa del fascio di Berlusconi ha ottenuto una grande vittoria e che il Paese elettoralmente si è spostato a destra. Le cose non stanno così! Non come sembrano e come vorrebbero dare ad intendere i cantori del neoduce! Infatti è falso che il "centro-destra'' abbia aumentato il suo elettorato; è vero il contrario avendo perso nelle politiche oltre un milione e 700 mila voti. Se Forza Italia e Berlusconi hanno preso più voti e vinto le elezioni e formato l'attuale governo è perché li hanno presi ad AN di Fini e alla Lega di Bossi, è perché Rutelli e il "centro-sinistra'', DS in testa, hanno subìto un tracollo senza precedenti, è perché il sistema elettorale maggioritario uninominale (di fatto presidenzialista) premia chi prende più voti rispetto ai candidati delle liste avversarie. La stessa Rifondazione comunista (leggi trotzkista) ha dimezzato i suoi voti.
Fatte le debite differenze, è successa una cosa analoga nelle regionali siciliane dove il "centro-destra'' e Cuffaro hanno ottenuto una vittoria schiacciante sull'altro candidato del "centro-sinistra'' a presidente della regione, l'ex democristiano, ex retino, ex sindaco di Palermo e megalomane presidenzialista Leoluca Orlando. Vittoria non giustificata dai voti effettivamente ricevuti: solo 32 mila in più rispetto al '96; solo il 35 per cento dell'elettorato. Anche qui Forza Italia, che più che nel resto del Paese, ha preso il posto della dissolta DC ed è divenuta il referente politico del voto mafioso di "Cosa nostra'', certo ha fatto il "pieno'' dei voti, ma a scapito di AN che ne ha persi 130 mila; ha conquistato tutti i seggi a disposizione ma grazie ai benefici derivanti dal maggioritario e dalla sconfitta dei partiti dell'Ulivo che, a parte la Margherita, hanno perso consensi.
Che Forza Italia, più degli altri partiti del "centro-destra'', sia diventato il riferimento politico dei padrini di "Cosa nostra'' post-corleonese, è un fatto evidente e indiscutibile che, nessuno meglio dei siciliani, sto parlando dei siciliani più coscienti e avanzati nella lotta alla mafia, sanno benissimo. Basterebbe dire che il palermitano trasferitosi a Milano, Marcello Dell'Utri, ossia il braccio destro di Berlusconi, è indagato e incriminato dalla magistratura per associazione mafiosa. Basterebbe l'ultimo fatto di cronaca giudiziaria che vede indagati per la parte della mafia, l'architetto Marco Patti e il boss per cui lavora Antonino Buscemi, titolare dell'immobiliare centro storico, e per la parte di Forza Italia Giovanni Mercadante, ex capogruppo forzista e neodeputato all'Ars e il pesce più grosso Gianfranco Micciché, viceministro per l'Economia nel governo Berlusconi, beccati dai carabinieri a "trattare'' sull'iter dell'approvazione del Prg e segnatamente sul risanamento del centro storico e relativi appalti miliardari. Anche se c'è da aggiungere che lo stesso Patti aveva avuto anche rapporti equivoci con l'assessore della giunta Orlando, Laura Iacovoni Cassarà per una oscura compravendita di immobili sempre per conto del mafioso Buscemi.

LE MASSE POPOLARI SICILIANE NON SI POSSONO SENTIRE RAPPRESENTATE DALLE ISTITUZIONI BORGHESI
Possono le masse lavoratrici e popolari palermitane e siciliane sentirsi rappresentate dai deputati siciliani eletti in Parlamento nazionale e nell'Assemblea regionale siciliana (Ars)? No che non possono! Non solo perché costoro sono una massa di borghesi, profumatamente pagati, dai 18 ai 20 milioni mensili, circa 200 milioni all'anno oltre le mance e tangenti varie, e totalmente impegnati a far valere i loro interessi personali e della relativa clientela elettorale, ma anche perché molti di loro in una maniera o nell'altra sono coinvolti in reati di malaffare: dalla magistratura accusati, indagati, inquisiti, arrestati, in attesa di giudizio o condannati. Troppo lunga sarebbe la lista di politici corrotti che siedono nel parlamento e governo nazionali e nell'assemblea e nel governo regionali.
A chi ci chiede: perché non partecipate alle elezioni? Perché non presentate vostri candidati? Perché non fate una battaglia all'interno del parlamento e dei consigli regionali, provinciali e comunali? Noi rispondiamo: perché il nostro obiettivo è quello di guidare il proletariato alla conquista del potere politico per realizzare il socialismo; perché questo obiettivo strategico non passa dall'elettoralismo, dal parlamentarismo e dal riformismo ma dalla lotta di classe e dalla rivoluzione, come la storia ha ampiamente dimostrato. Tutti i partiti operai che nel passato hanno scelto il parlamentarismo, piano piano, si sono trasformati in partiti socialdemocratici, cioè borghesi e hanno tradito la causa del proletariato; perché dalle istituzioni e dai governi borghesi, ai vari livelli, specie con l'avvento della seconda repubblica, specie nell'attuale contingenza politica, non ci si può aspettare nemmeno il soddisfacimento dei bisogni più elementari delle masse lavoratrici e popolari, giovanili e femminili in testa; perché, secondo il PMLI la lotta per i diritti economici e sociali delle masse e la lotta per conquistare una nuova società socialista va condotta al di fuori e contro le istituzioni rappresentative e statali capitalistiche alle quali è stata rimessa la camicia nera, costruendo e organizzandosi nei Comitati popolari e nelle Assemblee popolari territoriali fondati sulla democrazia diretta. Ma sui Comitati popolari, cosa sono, quali funzioni hanno dirò altro successivamente.

L'ESPERIENZA DELLA GIUNTA ORLANDO
L'esperienza che le masse palermitane hanno fatto in campo amministrativo parlano chiaro e se ne dovrebbe fare tesoro, si dovrebbero cogliere gli insegnamenti che ne derivano per ben orientare le scelte di oggi. A partire da quella più recente, legata agli anni in cui ha governato la giunta di "centro-sinistra'' Orlando. Costui, un grandissimo parolaio e un grandissimo imbroglione, guidato dai suoi maestri politici e spirituali, i gesuiti Ennio Pintacuda e Bartolomeo Sorge, ha seminato promesse a piene mani senza mantenerle e vaneggiato su una presunta "primavera palermitana'' senza risolvere uno solo dei grandi problemi della città: né quello della disoccupazione e più in generale dello sviluppo industriale e produttivo, né quello del risanamento delle periferie urbane e delle infrastrutture cittadine; né quello annoso del sistema idrico e della mancanza dell'acqua; né quello di alzare il reddito procapite e di conseguenza ridurre le povertà e migliorare i livelli di vita. Mentre vertenze sindacali come quella degli operai della Keller contro i licenziamenti e per la difesa del posto del lavoro, ai quali esprimiamo tutta la nostra solidarietà militante, non hanno trovato alcuna soluzione seria.
Quanto alla mafia, essa opera come prima e più di prima, anche se ha modificato tatticamente il suo modo di operare, da quando Totò Riina è finito in carcere, un modo più coperto e meno eclatante. Orlando, per puro potere personale, con ambizioni sfrenate, ha deluso speranze che a Palermo si erano accese, ha vanificato un movimento popolare di massa che si era attivato per favorire un cambiamento politico, economico, sociale e culturale.
In questo senso, il dossier compilato di recente dall'Istat su Palermo è davvero impietoso: infrastrutture insufficienti, crollo degli occupati nell'industria, calo di addetti nel commercio, all'ottantacinquesimo posto nella graduatoria delle ricchezza procapite. Più nel dettaglio, a Palermo e provincia mancano un quarto delle reti infrastrutturali (viaria, autostradale, idrica, ferroviaria, elettrica). "La carenza di infrastrutture - spiega il direttore dell'ufficio siciliano dell'Istat, Giuseppe Quirino - è un danno per ogni economia, è una catastrofe per il sistema Sicilia''. La disoccupazione complessiva ruota attorno al 30 per cento. Quella femminile che nel '93 era al 30,2 per cento, è passata nel 2000 al 38,2. Mentre quella giovanile, sempre nello stesso periodo, dal 53 è salita vertiginosamente al 65,6 per cento. Nell'industria gli occupati sono calati da 33.650 a 28.378 unità. Nell'edilizia da 32.400 a 25.310. Circa il reddito procapite dei palermitani, tra il '91 e il '99 è sceso di 6 punti ed è meno della metà di quello registrato in città del Nord come Milano e Bologna, per fare un esempio.
Altro dato interessante: Palermo è al sesto posto tra le città per numero di dipendenti pubblici; a dimostrazione di come la giunta Orlando e quelle precedenti, invece di puntare sullo sviluppo industriale e sulla creazione di posti di lavoro veri, abbiano operato semplicemente dal lato clientelare. C'è poi anche l'emergenza casa con 1.245 sfratti esecutivi. La precaria condizione dei quasi 7.000 lavoratori socialmente utili (Lsu) che attende di essere risolta con un lavoro stabile a tempo indeterminato. Accanto, una vasta presenza di lavoro precario e nero e quel che è peggio di lavoro minorile (sulla base di uno studio specifico si parla del 13,8%), conseguenza di povertà e di abbandono della scuola dell'obbligo. Si potrebbe continuare ancora.

LA NUOVA GIUNTA REGIONALE DI CUFFARO
Sia chiaro, non è che una giunta di "centro-destra'' di stampo berlusconiano avrebbe fatto o farebbe, nel caso vincesse le elezioni, di più e meglio. Tutt'altro. Basta vedere la precedente legislatura dell'Ars dominata prevalentemente da governi di "centro-destra'' guidati dai vari Provenzano e Leanza con un bilancio per le masse popolari siciliane a dir poco disastroso, martoriate dalla povertà, il lavoro nero e la disoccupazione, con condizioni da Terzo mondo sicuramente nei casi di Enna e Agrigento con un reddito procapite rispettivamente di appena 14 e 12,8 milioni annui lordi.
Basta osservare i primi passi del nuovo governo di "centro-destra'' Cuffaro insediatosi nel luglio scorso: il provvedimento a favore dell'abusivismo edilizio, molto esteso e devastante per l'ambiente in tutta l'Isola; la proposta di aumentare lo stipendio ai cosiddetti assessori "tecnici'' adeguandolo a quello dei deputati (23 milioni mensili circa); l'introduzione di una nuova figura, l'assessore "supplente'' che saranno almeno quattro retribuiti come i colleghi onorevoli. Inoltre, la giunta regionale ha deliberato a favore dei direttori generali delle Asl che concretamente comporta un aumento di stipendio di ben 100 milioni di lire e di 70 milioni per i direttori amministrativi e sanitari, pari al 40 per cento in più rispetto alle precedenti retribuzioni. L'ultima impresa riguarda l'introduzione del buono-scuola da uno a due milioni per alunno che è un modo mascherato per finanziare le scuole private: 40 miliardi per il 2002, 100 miliardi per il 2003, mica noccioline.
Come giudicare, inoltre, gli atti messi in essere dal presidente della Regione di sbracata e chierica sottomissione della politica dell'amministrazione verso la chiesa e la madonna? Prima l'incontro con il cardinale di Palermo, Salvatore De Giorni, per istituire un organismo di collegamento tra la chiesa cattolica e il mondo politico per concertare la politica sociale improntata al più sfacciato familismo con caratteri profondamente antifemminili. Quindi la vergognosa decisione di assumere 200 sacerdoti, inquadrati nei ruoli dirigenziali delle Asl, con qualifica di assistenti spirituali presso gli ospedali e altri presidi sanitari pubblici. Poi il pellegrinaggio, a spese del contribuente, in Portogallo per ringraziare la madonna di Fatima della "grazia ricevuta'' nelle ultime elezioni. Infine, l'incontro a Siracusa, alla fine di ottobre, con i gruppi di preghiera per rendere omaggio alla "madonnina delle lacrime'' alla quale, ha detto testualmente, "affido la Sicilia e tutte le categorie indifese, giovani, anziani, sofferenti, malati, emarginazione''. Peccato che i siciliani più indifesi, come dice lui, non abbiano bisogno di preghiere per l'"al di là'' ma di lavoro, sviluppo e benessere sociale subito, in questa terra e in questo mondo.
Nello stesso solco si è mosso l'assessore ai beni culturali, Fabio Granata di Alleanza nazionale, che ha firmato un protocollo con la conferenza episcopale siciliana per valorizzare il patrimonio ecclesiastico per un investimento di 50 miliardi circa.

NEGARE IL VOTO AI CANDIDATI NEOPODESTA' DI PALERMO
Proprio pensando a Berlusconi capo di Forza Italia e capo del governo, pensando a quanto hanno fatto in questi primi mesi il neoduce e i suoi ministri a favore dei capitalisti, della borghesia, dei ricchi, dei mafiosi e dei corruttori, alle leggi varate o fatte varare in parlamento per abolire il falso in bilancio, azzerare l'imposta di successione sui patrimoni, i provvedimenti per limitare i poteri e l'indipendenza della magistratura tipo quello per ostacolare l'utilizzo delle rogatorie internazionali, anche quelle acquisite relative a importanti processi in cui sono coinvolti lo stesso Berlusconi e uomini del suo entourage.
Pensando alla sua legge finanziaria di guerra in via di approvazione, all'attacco feroce alle conquiste sindacali, sociali e previdenziali dei lavoratori contenuto nel libro nero del ministro leghista Maroni con al centro la libertà per padroni di licenziare, alla trasformazione degli ospedali in fondazioni private, alla immissione in ruolo in blocco degli insegnanti di religione interamente dipendenti dai vescovi.
Pensando alla criminale, sciagurata e servile decisione di portare l'Italia in guerra, a fianco dell'imperialismo americano e delle potenze principali europee contro l'Afghanistan per rovesciare il regime dei Talebani e ottenere il controllo della via del petrolio, questo è il vero scopo dell'aggressione militare e non la lotta al terrorismo e al conseguente decreto fascista che limita drasticamente le libertà democratiche e la tutela della difesa giudiziaria e concede poteri esorbitanti alla polizia, compresa la licenza di condurre operazioni "sporche'', sul modello della Cia, o per meglio dire dell'Ovra mussoliniana.
Pensando a tutto ciò, crediamo sia necessaria e urgente una potente risposta di lotta sull'esempio della manifestazione nazionale dei metalmeccanici del 16 novembre, crediamo che si debba pretendere dai sindacati la proclamazione dello sciopero generale di tutte le categorie per andare in piazza a Roma.
Proprio pensando a Cuffaro e alla sua giunta regionale di cui prima abbiamo accennato, gli elettori palermitani socialmente proletari e popolari e politicamente democratici, antifascisti e di sinistra non hanno alcuna ragione di votare il candidato del "centro-destra'' berlusconiano, l'avvocato strapagato, l'emerito sconosciuto, il pupo di Gianfranco Micciché, Diego Cammarata, il quale ha speso, pensate ben 30 miliardi per la campagna elettorale: manifesti a migliaia affissi in modo selvaggio e, si vocifera per la compravendita dei voti nei quartieri poveri, 150 mila a voto allo Zen, 250 mila lire nella zona di Acqua dei Corsari. Costui non va votato per le forze politiche che lo sorreggono, che sono: la massa degli opportunisti e dei leccapiedi, molti transfughi dei vecchi partiti della prima Repubblica, confluiti in quella specie di partito voluto dall'"unto del signore''; gli ex democristiani di destra riciclatisi nel CCD e nel CDU, i fascisti di Fini e persino i razzisti e antimeridionali della Lega di Bossi.
Cammarata non va votato per il programma che propone: per lui la priorità non è il lavoro ma il traffico, figuriamoci! E perché non esprime nessun impegno nella lotta contro la mafia che dice di non essere di pertinenza dell'amministrazione comunale. E come potrebbe fare diversamente essendo il principale beneficiario del voto mafioso? Non va votato perché, da sempre, un governo cittadino di "centro-destra'' non può non essere che l'espressione politica, il comitato d'affari della borghesia più reazionaria, compresa quella mafiosa, degli speculatori finanziari e immobiliari, delle gerarchie ecclesiastiche più oscurantiste.
Per le stesse ragioni non va votato l'altro candidato neopodestà di Palermo a capo di una lista civica che si rivolge allo stesso elettorato di "centro-destra'', tanto è vero che il simbolo è la fotocopia di quello di Forza Italia che, tra l'altro, contribuì a impiantare in Sicilia. Si tratta dell'avvocato e massone Francesco Musotto, il potente presidente della provincia, un clone di Berlusconi, allo stesso modo di Cammarata, fino a poco tempo fa indicato come unico candidato dalla "Casa della Libertà'' poi trombato dall'altro gallo del pollaio, Micciché, un boss della politica siciliana che ha avuto problemi con la giustizia non di poco conto per aver ospitato nella sua villa, con la complicità del fratello Cesare, nientemeno che il capo di "Cosa nostra'' Leoluca Bagarella. Non va votato anche perché, in modo opportunista, tenta di ingannare una parte dell'elettorato popolare immettendo nella sua "squadra'' uomini dell'ex giunta Orlando, in particolare provenienti dalla Rete.
Lo scontro che Musotto ha sostenuto e sta sostenendo con Micciché e dietro di lui Dell'Utri è uno scontro tra faide all'interno di Forza Italia per il controllo politico di Palermo e della Sicilia. Per il momento pare che abbia avuto la peggio. Ma anche se la sua avventura elettorale si concludesse per lui positivamente sarebbe comunque un uomo di Berlusconi il quale, subito dopo la defenestrazione di Musotto da candidato della "Casa delle libertà'' gli ha espresso pubblicamente la sua stima.
D'altronde la posta in gioco è molto alta: sono in arrivo in Sicilia migliaia di miliardi dai fondi comunitari e nazionali, in parte legati ad "Agenda 2000'', per finanziare i grandi lavori pubblici (il porto, l'aeroporto, le ferrovie, ecc.) e chi siederà sulla poltrona di sindaco a Palazzo delle Aquile avrà da gestire il nuovo Piano regolatore generale (Prg), le relative varianti dove si addensano interessi economici enormi, come la costruzione nella valle della conca d'oro del mega centro commerciale all'ingrosso francese Carrefour, un gigante di 450.000 metri quadri per 350 miliardi di lire di investimenti; oppure la ricostruzione del centro storico ancora diroccato dall'ultima guerra mondiale. La grande speculazione edilizia, e quindi la mafia, sogna ad occhi aperti, lavora e spera non a torto di mettere nel cassetto definitivamente il Prg del 1997 mai applicato e di tornare allegramente ai tempi del "sacco di Palermo'' degli anni '60. Lo sanno tutti che, purtroppo, in Sicilia gli appalti sono sistematicamente "truccati'', attraverso un accordo tra mafiosi e imprenditori complici; così era ieri al tempo di Angelo Siino, faccendiere di Riina, così è oggi, come risulta dalla maxi-inchiesta sulla mafia tuttora in corso.
Perché votare infine il candidato neopodestà del "centro-sinistra'', l'avvocato Crescimanno, noto professionista del foro palermitano per i processi di mafia di cui si è occupato ma del tutto sconosciuto per gli elettori. In un articolo sui candidati sindaci, Il Bolscevico lo ha definito giustamente un altro clone di Berlusconi con la divisa del "centro-sinistra'' invece di quella del "centro-destra''. Nel senso che tra lui e Cammarata non c'è una differenza sostanziale, non sono portatori di programmi alternativi ma anzi convergenti. Crescimanno ha chiesto persino al neoduce di Arcore di essere ricevuto per sottoporgli e per chiedergli l'approvazione dei punti programmatici della sua coalizione. Siamo all'assurdo! Cose mai viste se non al tempo di Mussolini. Significativo il fatto che nemmeno Crescimanno abbia denunciato, nel programma, le possibili e probabili infiltrazioni mafiose nell'amministrazione comunale, considerata la pioggia di miliardi che a breve dovrebbero arrivare nel capoluogo regionale siciliano.
Riflettano bene gli elettori di sinistra! Non cadano nel solito trabocchetto di votare il meno peggio, ammesso che sia così! Respingano il ricatto morale, ogni volta riproposto da politicanti imbroglioni e interessati, secondo cui l'astensionismo sarebbe un voto perso, un voto regalato alla destra.
Non abbiamo tempo qui di prendere in esame in modo approfondito le posizioni politiche ed elettorali del PRC. Credo che ne verrebbe fuori un quadretto nient'affatto edificante per i suoi dirigenti, disposti a tutto pur di avere un loro spazietto nelle istituzioni, qualche poltrona da coprire e ottimi stipendi da percepire. è innegabile infatti che il partito di Bertinotti, almeno dalla giunta Orlando in poi, ha buttato a mare propositi di opposizione persino di tipo riformista e si è ridotto a svolgere un ruolo di ruota di scorta delle coalizioni di "centro-sinistra'', compresa quella in corsa nell'odierna consultazione elettorale. Perciò, votare Rifondazione significa votare Crescimanno. Saranno d'accordo i compagni di base di questo partito con i quali, per tanti versi, ci sentiamo vicini, con l'indicazione di voto dei loro dirigenti? Noi ci auguriamo di no!

LA QUESTIONE SICILIANA, PARTE IMPORTANTE DELLA QUESTIONE MERIDIONALE
Come ebbi modo di dire nel dibattito tenuto per le regionali ad Acireale, le masse palermitane, siciliane e dell'intero Mezzogiorno hanno dei motivi in più, specifici, di carattere storico, politico, economico e sociale rispetto al resto del Paese:
- per non votare i rappresentanti di destra e di "sinistra'' della borghesia, cittadina, regionale e nazionale;
- per dare fiducia al PMLI e sostenere la lotta contro la seconda repubblica capitalistica, neofascista, presidenzialista e federalista e per l'Italia unita, rossa e socialista;
- per abbandonare le illusioni elettoraliste, parlamentariste, riformiste e pacifiste e quindi mettere alla gogna le istituzioni rappresentative borghesi in camicia nera;
- per riunirsi e organizzarsi nelle Assemblee popolari e nei Comitati popolari fondati sulla democrazia diretta.
A questo proposito, noi vorremmo che queste Assemblee popolari e questi Comitati popolari da formare a livello di quartiere, cittadino, provinciale, regionale e infine a livello nazionale costituissero le istituzioni rappresentative delle masse astensioniste anticapitaliste e fautrici del socialismo; rappresentassero il contraltare, la centrale alternativa e antagonista dei governi di quartiere, cittadino, provinciale, regionale e nazionale, il circuito politico democratico di massa alternativo allo Stato e alle istituzioni rappresentative borghesi. Vorremmo, in concreto che, in questi organismi territoriali di democrazia diretta, le masse si riunissero periodicamente per stabilire le piattaforme rivendicative e le lotte da fare per strappare al potere centrale e locale opere, misure e provvedimenti che migliorino le condizioni di vita, per ottenere l'autogestione dei servizi sanitari e dei centri sociali, ricreativi a carattere pubblico.
I motivi in più e specifici che accennavo, sono riconducibili ad una grande, vecchia e annosa questione nazionale: quella meridionale, mai risolta, se possibile più grave e destinata ad aggravarsi ulteriormente nell'era berlusconiana, come conseguenza delle feroci politiche liberiste e federaliste dilaganti.
Richiamare la questione meridionale, di cui la Sicilia e Palermo sono parte importante e decisiva, vuol dire:
- denunciare il divario abissale esistente in termini economici, infrastrutturali, industriali, di servizi pubblici e sociali sul territorio, di reddito, di livelli di vita nei confronti del Centro-Nord;
- denunciare il sottosviluppo, la mancanza di lavoro, la precarizzazione endemica del lavoro e la negazione dei più elementari diritti sindacali e contrattuali;
- denunciare la miseria e la povertà che attanaglia una parte considerevole di palermitani e di siciliani;
- denunciare la doppia condizione di sfruttamento e di oppressione imposta dalla classe dominante borghese e dalla mafia che all'interno di essa alberga in modo congenito. Infatti, come voi sapete bene in Sicilia si è costretti a pagare le tasse allo Stato, il pizzo alla mafia e le tangenti ai politici corrotti. Clamoroso lo scandalo di cui hanno scritto i giornali in questi giorni, legato ai piani di inserimento professionale (Pip) a Palermo, dove ex assessori, funzionari del comune, del collocamento e medici compiacenti pretendevano dai disoccupati che volevano rientrarci una tangente di oltre tre milioni di lire.
La questione meridionale, non è una maledizione divina. Essa assume le dimensioni di questione nazionale in un periodo storico ben preciso, quello dell'avvento del capitalismo e del suo sistema di produzione, di appropriazione e distribuzione della ricchezza, un sistema fondato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, sulla realizzazione del massimo profitto, sull'anarchia della produzione; che genera tra le altre cose inevitabilmente le crisi di sovrapproduzione, la disoccupazione, l'ingiustizia sociale, la divisione del paese in zone ricche e avanzate e zone povere e arretrate; che genera più in generale, le guerre di rapina, il colonialismo e l'imperialismo, come le ultime guerre, quella in Kosovo e in Serbia e quella in atto in Afghanistan mostrano chiaramente, altro che lotta al terrorismo!
Anche se è risaputo, è una verità che non ci dobbiamo stancare di denunciare: sono passati 140 anni dall'Unità d'Italia senza che la questione meridionale, ossia il divario e l'arretratezza strutturale economica e industriale nei confronti del Nord siano stati risolti.
Si sono avvicendati la monarchia, il fascismo, la repubblica democratico-borghese e ora la seconda repubblica presidenzialista di stampo neofascista, si sono avvicendanti governi di tutti i colori, prima e dopo la seconda guerra mondiale, nel cinquantennio che porta ai nostri giorni, compresi gli esecutivi di "centro-sinistra'' Prodi, D'Alema e Amato e i risultati sono quelli che sono.
Nel frattempo, l'Italia da Paese povero, arretrato, prevalentemente agricolo è diventato un Paese industriale e sviluppato, la quinta-sesta potenza economica nel mondo, siamo in piena "rivoluzione informatica'' ma la Sicilia e con essa il Meridione sono stati lasciati indietro. Il problema delle due Italie spaccate, una più vicina e omogenea alle condizioni economiche e sociali del nord Europa, l'altra, dove vive un terzo della popolazione italiana, più assimilabile alle condizioni esistenti nel Terzo mondo, è rimasto aperto.
Le differenze di produzione, di Pil, di reddito, di industrializzazione, di distribuzione dei servizi, di livelli dell'occupazione, di consumi, salvo eccezioni, rimangono abissali. Le condizioni di vita, abitative, di assistenza sanitaria rasentano, in certi casi, quelle del Sud del mondo. L'abbandono della scuola dell'obbligo è diffuso, le nuove generazioni, in larga parte sono senza futuro e costrette all'emigrazione, oppure all'arruolamento nell'esercito, nelle "forze dell'ordine'', quando non nelle file della mafia.
Per giunta, le condizioni odierne per lo sviluppo del Sud sono paradossalmente peggiori del passato, allorché esistevano e operavano le grandi aziende industriali a partecipazione statale, le banche e gli istituti finanziari e immobiliari pubblici, allorché agiva la Cassa del Mezzogiorno, cioè quando lo Stato aveva gli strumenti, ma non la volontà politica, per imprimere un cambiamento radicale e per colmare il divario esistente. Nell'ultimo ventennio, col pretesto di farla finita con lo "statalismo'' e con l'"assistenzialismo'' le partecipazioni statali sono state demolite, le aziende e le banche privatizzate, il carrozzone dell'"intervento straordinario'' per il Mezzogiorno chiuso, i finanziamenti pubblici drasticamente tagliati fino ad arrivare alla Finanziaria di Berlusconi dove per il Sud non c'è assolutamente niente, nemmeno il rifinanziamento di leggi, anche se a nostro avviso fallimentari, relative ai "patti territoriali'' e ai "contratti d'area''.

LE COLPE DELLA BORGHESIA SICILIANA
Più di una volta si è sentito dire dalla Lega di Bossi, e non solo da essa, che se in Sicilia e nel Meridione non c'è stato uno sviluppo economico e sociale pari a quello del Centro e Nord d'Italia è colpa dei siciliani e dei meridionali, considerati pigri, sfaccendati, dediti al malaffare, sperperatori di denaro pubblico e senza volontà di rimboccarsi le maniche e lavorare duramente. Questa affermazione, oltre ad essere infame e razzista è del tutto inesatta e senza fondamento. Se vogliamo cercare un colpevole, perché un colpevole esiste e come, esso è la borghesia e i suoi partiti a livello nazionale e regionale.
La borghesia del Nord, il grande capitale industriale e finanziario, hanno sempre considerato il Mezzogiorno, come è noto, una riserva di mano d'opera a basso costo da importare nelle regioni più ricche e impiegare nelle industrie manifatturiere o nell'edilizia, da ingaggiare nelle forze di polizia e nella burocrazia statale, oppure all'occasione, carne da cannone per le guerre. E tutto sommato è ancora questo l'atteggiamento principale che ha con il Sud. In subordine è disponibile anche ad impiantare qualche azienda purché goda di lauti finanziamenti pubblici e di condizioni sindacali più favorevoli rispetto a quelle previste nei contratti nazionali di lavoro.
La borghesia meridionale, e in particolare quella siciliana, storicamente meno forte e meno capace di quella del resto del Paese sul piano economico e imprenditoriale, più arretrata culturalmente e più compromessa con i proprietari terrieri e le vestigia feudali invece di opporsi a questo sfruttamento del Sud, invece di pretendere un impegno adeguato da parte del governo centrale e delle grandi aziende pubbliche per lo sviluppo del Mezzogiorno, ha partecipato al banchetto dei finanziamenti pubblici per arricchirsi e per sostenere una politica sostanzialmente clientelare e in seconda istanza assistenziale.
Infatti, le migliaia di miliardi che negli anni comunque sono arrivati nelle regioni meridionali non sono stati utilizzati per creare infrastrutture necessarie per far sviluppare e radicare una industria solida e moderna, posti di lavoro a tempo pieno e a salario pieno, una rete fitta ed efficiente di servizi pubblici, una scuola e un'università funzionanti, città vivibili sul piano urbanistico e sociale con tutti i comfort necessari, insomma condizioni di vita e di lavoro dignitosi, almeno pari a quelle esistenti per dire in Lombardia, Veneto, Toscana, ecc. Sono stati sperperati in qualche "cattedrale del deserto'', nel tempo demolite ad una ad una, nelle più disparate speculazioni edilizie, in provvedimenti per alimentare il sottogoverno e le burocrazie politiche e amministrative, il clientelismo elettorale e altro ancora.

STUDIARE LA STORIA
E' importante studiare la storia della Sicilia, soprattutto degli ultimi cinquant'anni.
Si potrà così scoprire che lo Statuto speciale di regione autonoma di cui gode la Sicilia, non ha aiutato affatto i siciliani ad uscire dal sottosviluppo. Venne concesso dallo Stato alla fine degli anni '40, subito dopo la guerra, per tamponare un forte movimento indipendentista-separatista egemonizzato da baroni, latifondisti e monarchici legati alla mafia, al banditismo e ai servizi segreti americani e inglesi, con ampi poteri legislativi in materia di agricoltura, industria, commercio, urbanistica, lavori pubblici, sanità, turismo, beni culturali, istruzione e ordinamento degli enti locali, con diritto di riscossione delle imposte fiscali e di dotarsi di un'assemblea di deputati e di un governo regionale sulla falsa riga del parlamento e del governo nazionali. Alla fine non ha prodotto che parassitismo, burocrazia e pescecani politici e mafiosi pronti a spartirsi i soldi pubblici.
Si potrà scoprire inoltre che i pochi e fragili tentativi di industrializzazione, come quelli provati, per esempio, dall'allora presidente dell'Eni, Enrico Mattei (ucciso dalla mafia su commissione delle multinazionali petrolifere americane), con la legge regionale del 1957 per l'industrializzazione e la creazione della Sofis, un istituto di mediocredito a capitale pubblico e privato, cioè una specie di "merchant bank'' che sotto il controllo della Regione doveva raccogliere il risparmio postale per convertirlo in capitale di rischio per finanziare la nascita di un vero sistema industriale, sono tutti abortiti sul nascere un po' per avidità e incapacità della borghesia isolana, un po' perché andavano a cozzare con gli interessi della grande finanza del Nord dei Pirelli, Pesenti, Bastoni che allora dominava la politica della Confindustria.
La mancata industrializzazione della Sicilia è dovuta anche al sostanziale fallimento della "riforma agraria'' attuata negli anni '50 che avrebbe dovuto sconvolgere i vecchi equilibri del feudo nelle campagne, rompere con più di un secolo di ritardo la feudalità per favorire la trasformazione delle rendite terriere in capitali di impresa. Una "riforma agraria'' fortemente rivendicata dai contadini senza terra i quali, nel decennio 1945-1955 dettero vita a un movimento di lotta di massa epocale contro il grande latifondo e contro i grandi proprietari terrieri. In modo dirompente occuparono i feudi male o per niente coltivati chiedendone l'assegnazione. La repressione dei carabinieri e della mafia al soldo dei latifondisti scattò rabbiosa, senza pietà, sanguinosa. Una cinquantina furono i morti, talvolta fucilati davanti a casa, più di tremila i perseguitati, denunciati e processati. Quella che è passata alla storia come la prima strage di Stato, l'eccidio di Portella della Ginestra del 1• maggio del '47, fu compiuta nell'ambito di questa vera e propria guerra repressiva. Alla fine gli espropri delle terre furono appena un terzo del necessario, mentre i proprietari terrieri e i mafiosi intascarono ingenti capitali a titolo di rimborso che investirono per ricomprare terreni, agricoli ed edificabili, e insieme macchine per l'edilizia necessarie per accaparrarsi le future speculazioni immobiliari. Molti dei duecentomila capifamiglia che rimasero senza terra dovettero emigrare al Nord o all'estero.

LA LOTTA A "COSA NOSTRA''
Compagne, compagni e amici,
noi siamo convinti che la lotta per l'emancipazione del popolo palermitano e siciliano passa dalla lotta senza quartiere al capitalismo che è la madre del sottosviluppo, della povertà economica, del malessere sociale, della corruzione e della sopraffazione dei più deboli; passa dalla lotta contro le bande di destra e di "sinistra'' della classe borghese che sono espressione politica e amministrativo di esso; passa dalla lotta a "Cosa nostra'' che di questa classe è parte inscindibile, la parte più reazionaria, anticomunista, antipopolare, malavitosa e criminale.
Il movimento popolare di massa antimafioso, con alla testa i giovani palermitani, che prese il via dopo le uccisioni dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il quale stava indagando proprio sui legami di mafia tra noti boss da un lato e Dell'Utri e Berlusconi dall'altro, deve essere rilanciato anche perché "Cosa nostra'', silenziosamente si sta riorganizzando dopo le batoste giudiziarie subite e lo sviluppo del cosiddetto "pentitismo'', dopo le scandalose assoluzioni di Andreotti, di Contrada e di Mannino, e grazie alla politica pro-mafia del governo Berlusconi. Il quale in quattro e quattr'otto ha tolto le scorte ai magistrati impegnati in processi di mafia, ha sostituito Tano Grasso alla guida del Comitato antiracket e ha approvato la legge salva ladri.
Abbiamo accolto con favore la sentenza sulla strage di Borsellino emessa pochi giorni fa, in sede di appello, da magistrati che fanno il loro dovere senza farsi intimidire; sentenza che, da un lato, conferma il carcere a vita per boss della stazza di Riina e Biondino e dall'altro condanna all'ergastolo altri 7 mafiosi assolti in prima istanza. Però, e questo è il grande limite che si riscontra nelle indagini sulla morte del magistrato e della sua scorta, senza toccare i mandanti che stanno ai piani alti del palazzo, senza denunciare i rapporti malavitosi che esistono tra mafia e politici di governo locale, regionale e nazionale. Altro mistero che le forze inquirenti dovrebbero spiegare in modo convincente è come mai non riescono (o per meglio dire non vogliono) prendere Bernardo Provenzano, latitante da quasi 40 anni pur non essendosi mai mosso dalla Sicilia. Ne sanno niente i carabinieri e i servizi segreti? Possibile?
"Cosa nostra'' non può essere combattuta e vinta attraverso la militarizzazione del territorio, non può essere vinta col solo contrasto giudiziario. Questo perché non si tratta di semplice e normale criminalità, ma è profondamente radicata nella società, pienamente compenetrata con le istituzioni, sia quelle rappresentative sia quelle statali, gode tuttora di amicizie e protezioni nella massoneria, nella magistratura, tra le "forze dell'ordine'', manovra oltre un terzo dei voti e influenza direttamente con propri uomini o indirettamente tutti i partiti parlamentari, dispone di migliaia di affiliati inseriti in tutti i settori della società e possiede capitali immensi mobili e immobili riciclati dal commercio della droga, armi e altro in attività economiche "legali'', persino nella moda e nello sport e compresi gli investimenti in Borsa. Proprio l'infiltrazione dei "capitali sporchi'' nell'economia legale sia in Italia che all'estero dà al fenomeno mafioso una dimensione non più solo regionale e limitata al Meridione, bensì nazionale e internazionale.
Non basta perciò contrastarla sul piano legislativo, investigativo e giudiziario, ma occorre lottare anche ed essenzialmente sul terreno politico e culturale, dello sviluppo economico e sociale, della mai avvenuta industrializzazione, con l'occupazione per tutti i disoccupati, la parità tra i sessi, l'eliminazione della povertà, la realizzazione di un'estesa rete di servizi sociali e pubblici, di servizi sportivi e ricreativi, una scuola che funzioni. Certo, sapendo però che la vittoria definitiva sulla mafia potrà essere riportata solo abbattendo il capitalismo e conquistando il socialismo che è l'unico modo per seccare le radici economiche e sociali che la generano e la tengono in vita.

IL SOCIALISMO
Sì, ci vuole il socialismo anche se per colpa dei revisionisti alla Krusciov e Gorbaciov, alla Deng Xiaoping, che hanno restaurato il capitalismo in Urss e in Cina e dei rinnegati del comunismo alla D'Alema, esso ha subito dei colpi e perso momentaneamente fascino tra i proletari e tra i giovani. Checché ne dicano i reazionari di ogni risma e gli opportunisti di ogni specie, il socialismo rimane l'obiettivo e la prospettiva storici della classe operaia e di tutti gli sfruttati e gli oppressi. La "caduta'' del muro di Berlino e dei regimi revisionisti in Russia e nei Paesi dell'Est, la cosiddetta globalizzazione che ne è seguita, non ha modificato nella sostanza le categorie del capitalismo, dell'imperialismo e del socialismo, non ha eliminato le classi e la lotta di classe, non ha cancellato la contraddizione progresso/conservazione, né il contrasto rivoluzione/controrivoluzione. Noi abbiamo appoggiato e appoggiamo il movimento dei no-global giacché lo consideriamo oggettivamente antimperialista, ma dissentiamo con i suoi leader, i vari Agnoletto, Casarini e Caruso, quando parlano di un'altra e per noi impossibile globalizzazione, quando rivendicano un mondo diverso, senza specificare in che modo, senza aggiungere la caratterizzazione socialista.
I riformisti che nel tempo hanno guidato il PSI e il PCI, diventato ora DS, da Turati a Fassino neo-segretario del partito della Quercia, passando per Modigliani, Serrati, Nenni, Craxi, Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer, Natta, D'Alema e Veltroni, hanno sempre fatto credere che la questione meridionale si potesse risolvere senza mettere in discussione il capitalismo, con semplici aggiustamenti di esso, che la società si potesse cambiare per via parlamentare e riformista. Sono passati oltre 100 anni e i risultati sono quelli che conoscete.
Eppure, costoro non intendono cogliere la lezione che ne deriva e tirano a diritto su questa strada fallimentare e perdente per il proletariato. I DS, dilaniati al loro interno, divisi in correnti come i classici partiti borghesi, su iniziativa di D'Alema e Amato si sono avviati a formare un partito socialista liberale europeo di cui potrebbe far parte anche Bertinotti visto che, parole testuali di Amato pronunciate al congresso DS, egli è nient'altro che "un socialdemocratico estremista''; dunque un partito vecchio, stile Seconda Internazionale che già Lenin liquidò a suo tempo come un'appendice della classe dominante borghese. Un socialismo ben strano quello che costoro predicano, nemmeno lontanamente ricorda quello preconizzato da Marx e dai maestri di rivoluzione che lo hanno seguito, finalizzato a gestire e conservare il capitalismo e a contenere le sue contraddizioni in tempo di globalizzazione e nella prospettiva dello scontro tra la superpotenza europea e quella Usa per l'egemonia nel mondo, crescente e inevitabile.
In base all'esperienza fatta, il proletariato e le masse popolari siciliane devono prendere coscienza che non esiste altra strada di quella del socialismo che nei suoi termini generali significa, ha affermato il nostro segretario generale Giovanni Scuderi in un recente dibattito tenuto a Napoli: "lavoro per tutti, sanità pubblica gratuita per tutti, previdenza sociale pubblica per tutti, sviluppo economico per tutte le regioni, assoluta parità tra i sessi, socializzazione del lavoro domestico, libertà e democrazia per gli operai, i lavoratori e le masse popolari e dittatura del proletariato sulla classe borghese cacciata dal potere''.
Il socialismo come lo hanno teorizzato e realizzato i cinque maestri del proletariato internazionale Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, e come lo intendiamo noi sulla base dei loro insegnamenti, non si concretizza con la realizzazione di una semplice maggioranza parlamentare e un semplice cambiamento di governo all'interno dello stesso ordinamento borghese, ma costituisce un cambiamento dell'attuale società capitalistica. Un cambiamento che richiede l'abbattimento del sistema economico, dello Stato e delle sue istituzioni, cominciando dalle Forze armate, e di seguito delle "forze dell'ordine'', della magistratura, del parlamento, dell'ordinamento politico, elettorale, giuridico e morale; per creare a loro posto una nuova economia, un nuovo Stato, un nuovo ordinamento socialisti. Ciò attraverso la conquista del potere politico da parte del proletariato, attraverso la via indicata dalla rivoluzione d'Ottobre.

FARE IL PMLI GRANDE, FORTE E RADICATO IN SICILIA E NEL RESTO DEL PAESE
Per rilanciare le istanze economiche, politiche e sociali del proletariato e delle masse popolari, per rilanciare la società ideale che possa accoglierle e realizzarle occorre avere una teoria e un partito rivoluzionari fondati sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao. In concreto occorre rafforzare, fare grande e radicare a Palermo, in Sicilia e nel resto del Paese il PMLI, il nostro Partito, l'unico nel panorama italiano che ha come programma la conquista del socialismo e l'instaurazione della dittatura del proletariato e che da oltre 24 anni vi dedica tutte le sue energie. In questo contesto noi inquadriamo la questione meridionale, lo sviluppo del Mezzogiorno come la più importante delle questioni nazionali.
Se la prospettiva strategica è il socialismo, la lotta per migliorare le condizioni di vita e di lavoro, la lotta per strappare ai governi centrale, regionale, provinciale e comunale, provvedimenti economici, sociali a favore delle masse popolari deve essere portata avanti e sviluppata sin da ora.
Le nostre proposte rivendicative per Palermo, riguardanti il lavoro, la condizione femminile, il Prg, il piano commerciale e il centro storico, la casa, l'acqua, la scuola e i minori, la mafia, le potete trovare nel documento elettorale che vi è stato diffuso.
A queste vorrei aggiungere le nostre proposte rivendicative per il Mezzogiorno elaborate nel Programma d'azione del PMLI.
Noi vi invitiamo a lottare:
* Per creare in tutto il Mezzogiorno una struttura economica simile a quella che possiede il Centro-Nord attraverso piani straordinari e la destinazione di ingenti finanziamenti pubblici e l'utilizzazione delle aziende pubbliche per lo sviluppo industriale, tecnologico e infrastrutturale, per il rilancio dell'agricoltura e il turismo, per il risanamento del degrado ambientale, rurale e urbano.
* Per ottenere piani straordinari per risolvere il problema dell'approvvigionamento e distribuzione dell'acqua potabile, completare la metanizzazione delle città, potenziare la rete ferroviaria e i trasporti pubblici urbani.
* Per nazionalizzare le grandi aziende, a cominciare dalla Fiat e le banche private e rinazionalizzare ciò che era dello Stato e che è stato in questi anni privatizzato.
Vi invitiamo a battervi:
* Per cancellare il megaprogetto speculativo della costruzione del Ponte di Messina e destinare gli investimenti previsti, circa 10mila miliardi, per potenziare e modernizzare i trasporti ferroviari e marittimi della Sicilia e della Calabria.
* Per richiedere il pieno utilizzo, nei tempi stabiliti, degli stanziamenti programmati tra fondi Ue e fondi nazionali, per lo sviluppo, l'ammodernamento e lo sviluppo dell'occupazione nelle regioni meridionali.
* Per vedere accolto il diritto delle masse meridionali a controllare e a dire l'ultima parola sui finanziamenti pubblici destinati allo sviluppo e all'occupazione nel Mezzogiorno, affinché non siano rapinati dalla mafia, dalla n'drangheta, dalla camorra, dalla "sacra corona unita'' e dai ladroni di Stato.
* Per creare nuovi posti di lavoro stabili, a salario pieno e a tempo intero secondo le condizioni sancite nei contratti collettivi di lavoro.
* Per impedire la reintroduzione, sotto qualsiasi forma, delle "gabbie salariali''.
* Per sciogliere la fallimentare "Agenzia per il Sud'' creata per distribuire incentivi e regalie ai capitalisti italiani ed esteri e per imporre nel Mezzogiorno, condizioni di supersfruttamento.
A battervi infine:
* Per l'assunzione stabile e a salario intero di tutti gli Lsu palermitani e siciliani nella pubblica amministrazione.
* Per concedere agevolazioni fiscali per investimenti produttivi vincolati alla creazione di posti di lavoro a tempo indeterminato e a salario pieno.
Sono proposte rivendicative che potremo in seguito precisare e arricchire con l'aiuto del proletariato e delle masse popolari palermitane e siciliane. Verso di esse, infatti, il PMLI nutre una grande ammirazione. Noi abbiamo fiducia che i loro figli migliori, più coscienti e combattivi, iniziando da quelli che già si collocano su posizioni di sinistra e anticapitaliste, sapranno liberarsi delle illusioni elettorali, parlamentari e riformiste, sapranno riunirsi attorno al proprio Partito rivoluzionario e organizzarsi nelle Assemblee e nei Comitati popolari, sapranno ribellarsi e lanciarsi alla riscossa per cambiare alla radice lo stato attuale delle cose, sapranno dare il loro importate e insostituibile contributo per far mordere la polvere al governo Berlusconi fatto di fascisti, neofascisti, secessionisti e liberisti della peggior specie, per strappare Palermo e la Sicilia al capitalismo, alla mafia e al sottosviluppo e dare una spinta alla lotta di classe in tutto il Paese per il socialismo.
Viva il proletariato e le masse popolari siciliane!
Per l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi maestri vinceremo!

28 novembre 2001