1966 - 16 maggio - 2006
40° Anniversario dell'ultima grande opera di Mao
La Rivoluzione culturale proletaria è la giusta via per edificare il socialismo e difendere il potere politico del proletariato
I marxisti-leninisti italiani celebrano e rendono onore in maniera militante al 40° Anniversario della Grande rivoluzione culturale proletaria cinese. "Un monumento eterno alla causa del proletariato e del socialismo", come ha detto il CC del PMLI nel documento del 1986.
E' stato grazie a quest'ultima grande opera di Mao che il nostro Partito ha potuto, già dal 1967, intraprendere dieci duri e entusiasmanti anni della preparazione rivoluzionaria che sfoceranno il 9 Aprile del '77 nella Fondazione del PMLI e con esso squarciare le tenebre del revisionismo e incamminarsi senza indugi sulla via della lotta per la conquista del socialismo in Italia.
Rendendo onore alla Grande rivoluzione culturale proletaria lanciata da Mao celebriamo sempre più fieri e coscienti i meriti storici incancellabili dei primi quattro pionieri del Partito, tra cui l'esemplare e amata compagna Lucia, recentemente e prematuramente scomparsa, fulgido esempio di dedizione totale alla causa del PMLI e del socialismo, che, come quella cinquantina di comunisti cinesi che seguirono Mao nel 1921 per fondare il glorioso PCC, decisero di dare l'assalto al cielo.
Grazie alla Grande rivoluzione culturale proletaria, all'opera e agli insegnamenti di Mao, il PMLI ha trovato la ragione di esistere ed oggi, come ha scritto il suo massimo dirigente, il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, nel 29° Anniversario della fondazione del Partito, "è più forte, più esperto, più maturo, più combattivo di ieri, continuamente rafforzato da nuovo sangue proletario e rivoluzionario, specie di giovani e giovanissimi che non credono alle favole degli anticomunisti sui grandi maestri del proletariato internazionale, sul socialismo e sul comunismo".
Edificare e difendere il socialismo
Nel corso della sua vita Mao ha accumulato molti meriti storici, il primo dei quali è quello di aver guidato il popolo cinese, un quarto dell'umanità, a liberarsi dalle catene del feudalismo, dell'imperialismo e del capitalismo, attraverso la rivoluzione armata più lunga e complessa della storia. Durante il periodo della costruzione del socialismo in Cina il suo merito più grande è costituito dall'elaborazione della teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato. Nessuno prima di lui aveva immaginato, pensato e osato tanto. Attraverso questa grande teoria, egli ha spiegato per tempo qual è la contraddizione principale nel socialismo, come può avvenire la restaurazione del capitalismo e cosa bisogna fare per prevenirla e per salvaguardare e sviluppare il socialismo.
Lenin aveva detto chiaramente che non c'è una muraglia cinese tra il capitalismo e il socialismo e che è sempre possibile una restaurazione del capitalismo. La sua vita fu segnata dalle battaglie ideologiche e politiche e dalle schiaccianti vittorie sulle posizioni errate dei revisionisti di destra e di "sinistra", in particolare su Kautzky e Trotzki. Stalin aveva combattuto e vinto tutta una serie di traditori e rappresentanti della borghesia infiltrati nel Partito, nel governo e nello Stato sovietici quali Trotzki, Bucharin, Zinoviev, Kamenev e Rykov. Ma erroneamente riteneva che con la loro sconfitta fossero scomparse le classi in Urss. Però nel 1952, un anno prima della morte, nella sua opera "Problemi economici del socialismo in Urss" accenna all'esistenza delle classi e delle contraddizioni di classe nel socialismo.
Proprio studiando l'esperienza storica del proletariato dalla Comune di Parigi in poi, Mao aveva capito perfettamente che la conquista del potere politico da parte del proletariato è solo l'inizio e non la fine della rivoluzione socialista. Con grande lungimiranza mette in guardia il Partito, il proletariato e l'intero popolo cinese a non fermarsi al primo passo della rivoluzione, ad andare fino in fondo e a stare attenti a non farsi corrompere dalla borghesia.
Nel discorso alla riunione di lavoro del Comitato centrale del PCC tenuta a Beidaihe nell'agosto del 1962 e alla X Sessione plenaria dell'VIII Comitato centrale del PCC del settembre 1962, Mao stabilisce la linea fondamentale del socialismo con queste precise parole: "La società socialista abbraccia un periodo storico molto lungo, nel corso del quale esistono ancora le classi, le contraddizioni di classe e la lotta di classe, esiste la lotta tra le due vie, il socialismo e il capitalismo, ed esiste il pericolo di una restaurazione del capitalismo. Dobbiamo comprendere che questa lotta sarà lunga e complessa, aumentare la vigilanza, e svolgere un lavoro di educazione socialista. Dobbiamo comprendere e risolvere in modo giusto le contraddizioni di classe e la lotta di classe, distinguere le contraddizioni fra il nemico e noi e le contraddizioni in seno al popolo e dare ad esse una giusta soluzione. Altrimenti un paese socialista si trasformerà nel suo opposto, cambierà natura e si avrà la restaurazione. D'ora in poi, dobbiamo parlare di questo problema ogni anno, ogni mese e ogni giorno, in modo da averne una comprensione abbastanza chiara e seguire una linea marxista-leninista".
Un duro colpo alla linea borghese e controrivoluzionaria di Liu Shaoqi e Deng Xiaoping che sostenevano che la contraddizione principale in Cina era "la contraddizione tra il regime socialista avanzato e le forze produttive sociali arretrate", e non quella tra proletariato e borghesia. Ossia sostenevano che si doveva sviluppare il capitalismo e spingere il proletariato a dedicarsi solo alla produzione e ad abbandonare la rivoluzione.
Quello che è puntualmente avvenuto dopo la morte di Mao. Nel 1989 sono stati i carri armati dei revisionisti e fascisti di Deng a insanguinare piazza Tian An Men. Oggi sono i suoi discepoli, il presidente della Repubblica Hu Jintao e il premier Wen Jiabao, a rappresentare una grande potenza capitalista, dove vige il più bieco sfruttamento dell'uomo sull'uomo, dove dilagano povertà e disoccupazione, dove la borghesia al potere utilizza la repressione fascista contro tutti coloro che osano mettere in discussione i suoi potere e operato.
Un decennio entusiasmante e di vittorie
La Grande rivoluzione culturale proletaria, iniziata con la Circolare del 16 maggio 1966 e che trova un passaggio fondamentale nella Decisione in 16 punti dell'8 agosto successivo, redatte sotto la direzione personale di Mao e adottate dal Comitato centrale, fu una rivoluzione proletaria vera e propria diretta contro la borghesia in un Paese socialista.
Essa aprì di fatto un decennio entusiasmante, di vittorie sul revisionismo e sulla borghesia. Mao dette un contributo enorme alla teoria e alla pratica del marxismo-leninismo, affidando in prima persona alle larghe masse, e non solo al Partito e allo Stato, il compito di difendere il socialismo dagli assalti della borghesia spodestata e dalla nuova borghesia che si crea nel socialismo.
Illuminante in tal senso è questo passo della Circolare del 16 maggio: "I rappresentanti della borghesia infiltrati nel Partito, nel governo, nell'esercito e nei diversi ambienti culturali, formano un'accozzaglia di revisionisti controrivoluzionari. Se si presentasse l'occasione, prenderebbero il potere e trasformerebbero la dittatura del proletariato in dittatura della borghesia. Abbiamo scoperto alcuni di questi individui; altri non sono stati ancora scovati; altri ancora, per esempio gli individui tipo Krusciov, godono ancora della nostra fiducia, vengono formati come nostri successori e si trovano attualmente in mezzo a noi".
Per questo la rivoluzione culturale proletaria dà pieno sfogo alla carica rivoluzionaria della classe operaia, delle masse e dei giovani e al loro entusiasmo verso il socialismo. I traditori e i rinnegati vengono smascherati, denunciati e destituiti, e quella parte del potere perduto viene riconquistato attraverso la mobilitazione delle masse a centinaia di milioni, le quali possono esprimersi liberamente nei grandi dibattiti pubblici e con i dazebao, ossia manifesti a grandi caratteri scritti a mano.
Se la classe operaia è stata la forza dirigente della rivoluzione culturale proletaria encomiabile è la partecipazione di milioni di studenti al movimento delle Guardie rosse al fine di estromettere la borghesia dall'insegnamento e dare a questo un carattere proletario rivoluzionario. Le prime cannonate a livello di massa partono proprio dalle scuole e dall'università; incoraggiati dal dazibao di Mao intitolato "Fuoco sul quartier generale" del 5 agosto '66, in appoggio a quello redatto da ventitre studenti e insegnanti di ambo i sessi dell'università di Pechino, decine di milioni di studenti si lanciano con ardore nella rivoluzione culturale proletaria. La parola d'ordine di Mao alle Guardie rosse "E' giusto ribellarsi contro i reazionari", risuona in tutte le scuole e università della Cina e da lì a poco varcherà i confini per animare le rivolte studentesche nell'occidente capitalista.
In sei occasioni, a partire dal 18 agosto 1966, Mao riceve in piazza Tian An Men ben 13 milioni di Guardie rosse e altre masse rivoluzionarie.
Anche l'Esercito popolare di liberazione appoggiò attivamente le masse rivoluzionarie e la trasformazione socialista dell'agricoltura e dell'industria, mentre sviluppava l'opera di trasformazione di se stesso proletarizzandosi; una manifestazione in questo senso sarà l'abolizione dei gradi.
Un pregio particolare assunsero i grandi movimenti di massa perché "l'agricoltura impari da Dazhai e l'industria da Daqing", due esperienze modello, allo scopo di sviluppare l'agricoltura e l'industria sulla base della linea economica di Mao. Le masse messe in movimento su larga scala per esercitare la dittatura totale del proletariato nella sovrastruttura, ossia la politica, l'ideologia, la cultura, la morale, l'insegnamento, l'arte e le istituzioni statali, sotto la direzione del proletariato e del suo Partito, fanno nuove esperienze e si assumono nuove responsabilità dirigenti attraverso propri rappresentanti nei Comitati rivoluzionari, nuovi organi di governo nati nel corso della rivoluzione culturale proletaria, i cui membri venivano eletti con sistemi di elezione simili a quelli della Comune di Parigi.
Il 6 novembre del 1967 Mao scrive che "la Grande rivoluzione culturale proletaria è una grande rivoluzione che tocca l'uomo in quanto ha di più profondo, e tende a risolvere il problema della sua concezione del mondo". Su questa linea innumerevoli sono le misure pratiche prese, fra cui ricordiamo la partecipazione dei quadri e dei giovani intellettuali al lavoro produttivo collettivo, lo studio del materialismo dialettico e storico da parte degli operai e dei contadini, la creazione fra costoro di contingenti di artisti, poeti e pittori, l'istituzione dei "medici scalzi", cioè di gruppi di giovani medici che vanno a svolgere la loro opera nelle più lontane campagne, la formazione di scuole metà studio - metà lavoro, la diffusione a livello di massa delle opere di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, la scelta degli studenti tra gli operai e i contadini che hanno un'esperienza pratica. Esperienze inedite, che fanno intravedere quali enormi possibilità di sviluppo e di emancipazione sociale abbia nel grembo il socialismo.
Dunque altro che "anarchia", "brutalità", "azzeramento culturale della Cina", "crimini e massacri", come solitamente viene tacciata la rivoluzione culturale proletaria da parte della borghesia e della reazione. E' innegabile e impossibile che durante un'esperienza così inedita e di vasta portata non potessero verificarsi degli errori. Essi ci furono e vennero puntualmente rilevati e analizzati dallo stesso Mao e dal PCC.
Tuttavia Mao era cosciente che quanto era stato fatto non era sufficiente e in grado di impedire una volta per tutte la restaurazione del capitalismo. "Perché ci sia la garanzia che il Partito e il Paese non cambino colore - rileverà Mao - dobbiamo non solo avere una linea e una politica giuste, ma anche formare ed educare milioni di successori della causa della rivoluzione proletaria. In ultima analisi, formare i successori della causa rivoluzionaria del proletariato vuol dire decidere se ci sarà o no chi può portare avanti la causa della rivoluzione marxista-leninista iniziata dalla vecchia generazione di rivoluzionari proletari, se la direzione del nostro Partito e dello Stato resterà o no nelle mani dei rivoluzionari proletari, se i nostri discendenti continueranno o no ad avanzare lungo la giusta strada tracciata dal marxismo-leninismo, o, in altre parole, se riusciremo o no a prevenire la nascita del revisionismo kruscioviano in Cina. In breve, si tratta di una questione di estrema importanza, una questione di vita o di morte per il nostro Partito e il nostro paese. E' una questione di fondamentale importanza per la causa rivoluzionaria proletaria nei prossimi cento, mille o diecimila anni".
Che lucida analisi! Finché era vivo Mao il Partito comunista cinese ha conosciuto undici importanti lotte tra le due linee, lotte inevitabili e necessarie come riflesso della lotta di classe esistente nella società. Le ultime tre, quelle contro le cricche revisioniste di Liu e Deng, di Lin Biao, di Deng, si sono svolte durante la rivoluzione culturale proletaria.
Coerente con questa linea Mao negli ultimi mesi della sua vita lanciò delle importanti direttive quali lo studio degli insegnamenti di Marx, Engels, Lenin e Stalin sulla dittatura del proletariato, prendere la lotta di classe come asse, la limitazione del diritto borghese, considerare ancora il revisionismo come nemico principale da combattere, ridurre le tre differenze (fra industria e agricoltura, città e campagna, lavoro intellettuale e lavoro normale). Ma vedendo gli ostacoli che opponeva la cricca revisionista di Deng si rendeva sempre più conto che occorreva mobilitare di nuovo le larghe masse popolari in una nuova grande rivoluzione culturale proletaria. E così si esprimeva: "La Grande rivoluzione culturale in corso non è che la prima di questo genere; sarà necessario intraprenderne delle altre. Nella rivoluzione la questione di sapere di chi sarà la vittoria non sarà risolta che al termine di un lungo periodo storico. Se non agiamo come si deve, la restaurazione del capitalismo può prodursi in ogni momento. I membri del Partito e il popolo intero non devono credere che tutto andrà bene dopo una, o due o anche tre o quattro grandi rivoluzioni culturali. Restiamo in guardia e non allentiamo mai la nostra vigilanza".
Mao non ebbe però il tempo di lanciare una nuova rivoluzione, e dopo la sua morte, nel giro di poco più di due anni, i revisionisti capeggiati da Deng ripresero integralmente il potere facendo piombare la gloriosa Cina socialista di Mao in una tenebrosa dittatura fascista.
Veleno e menzogne della borghesia
Il 40° Anniversario della Grande rivoluzione culturale proletaria cinese ha dato lo spunto per una nuova campagna anticomunista. Veleno e menzogne sono usciti dalle penne di scribacchini borghesi, in Italia e all'estero, ancora una volta contro il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, Mao e l'esperienza del socialismo in Cina. E come altre volte troviamo la "sinistra" di regime all'avanguardia nel denigrare e sputare veleno al pari delle uscite sui "bambini cinesi bolliti" del neoduce Berlusconi nell'ultima campagna elettorale. In particolare citiamo l'accanimento del quotidiano "la Repubblica" che attraverso la penna dell'inviato in Cina Federico Rampini ha esordito il 20 marzo scorso dedicando un'intera pagina, con tanto di partenza in prima, alla nascita di un museo voluto dall'ex vicesindaco di Shantou e realizzato con donazioni private. Un museo che mostrerebbe "danni e crimini" commessi durante la Grande rivoluzione culturale proletaria.
Il 15 aprile è il quotidiano dei gruppi parlamentari dei DS-l'Ulivo, "l'Unità", ad offrire una tribuna a Yan Lianke un romanziere cinese calunniatore di Mao e della Grande rivoluzione culturale proletaria.
"La Repubblica" ha speso una pagina e mezzo dell'edizione del 25 Aprile per propagandare ed elogiare la nuova "biografia" di Mao, "La storia sconosciuta", scritta da Jung Chang, ex guardia rossa svendutasi all'imperialismo, e da suo marito Jon Holliday, storico borghese inglese. Una "biografia" ad uso e consumo della borghesia e dell'imperialismo lodata anche dal nuovo Hitler di Washington, Bush, da cui Mao esce ritratto come un mostro, un satana, un assassino al pari di Hitler, un megalomane, un maniaco sessuale. Addirittura si nega la partecipazione di Mao alla Lunga Marcia.
Non sarà certo un caso che questa "biografia" sia stata superesaltata da "Il Secolo d'Italia" organo del partito fascista AN e sponsorizzata a Milano anche dal noto anticomunista ex ambasciatore Sergio Romano. Un'operazione che è stata prontamente denunciata in maniera militante dai compagni milanesi della Cellula "Mao Zedong" del PMLI.
Strillino pure questi pennivendoli borghesi e anticomunisti il loro odio verso il socialismo, il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e i grandi maestri del proletariato internazionale, la nostra fiducia verso il socialismo e i nostri Maestri rimane intatta e incrollabile. La restaurazione del capitalismo nei paesi già socialisti ha dimostrato tutta la validità e veridicità degli insegnamenti di Mao sulla teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato e sulla rivoluzione culturale proletaria. Noi sappiamo bene che non è stato il socialismo a portare la miseria, la fame, la disoccupazione, lo sfruttamento, l'oppressione e la disgregazione sociale e statale a quei popoli, ma la dittatura della borghesia attraverso i revisionisti. Così come sappiamo bene che la Grande rivoluzione culturale proletaria è la giusta via per edificare il socialismo e difendere il potere politico del proletariato.
Tutti i fautori del socialismo hanno il dovere di studiare a fondo questo grande e inedito avvenimento storico, a cominciare dai giovani che lottano per un mondo nuovo. Soprattutto lo devono studiare le operaie e gli operai di avanguardia poiché è compito precipuo del proletariato dirigere attraverso il suo Partito le larghe masse popolari nella lotta contro il capitalismo e per il socialismo, conquistare il potere politico ed edificare il socialismo.
Ora che la "sinistra" borghese è salita al potere con lo stesso compito della destra, che è quello di asservire il proletariato e le masse popolari al capitalismo e alle istituzioni borghesi in camicia nera, noi marxisti-leninisti ribadiamo la convinzione che in Italia non c'è avvenire democratico, progressista, antifascista, anticapitalista e rivoluzionario se non si lotta per il socialismo. Il PMLI lo sta già facendo, e invita il proletariato, le ragazze e i ragazzi rivoluzionari e tutti i fautori del socialismo a unirsi sotto le bandiere dei Maestri e del Partito affinché si abbia la forza sufficiente per dare l'assalto al cielo. Non importa quanto tempo ci vorrà, ma prima o poi siamo certi che avverrà.
Viva la Grande rivoluzione culturale proletaria!
Viva il socialismo e la dittatura del proletariato!
Viva Mao!
Viva il PMLI!
Non diamo tregua al governo della "sinistra" del regime!
Lottiamo per l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
16 maggio 2006
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