Sentenza del Tar del Lazio
(Gli assurdi e intollerabili
privilegi della chiesa) Fuori la religione dagli scrutini. La religione non vale per i crediti formativi alla maturità Il prof. di religione non può partecipare "a pieno titolo" agli scrutini La Gelmini ignora la sentenza Frequentare l'ora di religione non può portare crediti aggiuntivi agli studenti che si presentano agli esami di maturità e, in ogni caso, gli insegnanti di religione cattolica non possono partecipare a pieno titolo agli scrutini. È quanto ha stabilito l'11 agosto scorso una sentenza del Tar del Lazio accogliendo i ricorsi presentati da due studenti e 24 tra associazioni laiche e confessioni religiose, per l'annullamento delle ordinanze ministeriali emanate dall'allora ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni (governo Prodi) per gli esami di Stato del 2007 e 2008. I magistrati hanno stabilito infatti che si tratta di ordinanze truffaldine, per aggirare le precedenti sentenze della Corte costituzionale che giudicavano incostituzionale "dare peso al giudizio dell'insegnante di religione cattolica in occasione dello scrutinio finale". Tentativi fino ad allora sempre falliti, visto che già nei Dpr 751/1985 e 202/1990 che regolano le intese tra Stato italiano e Vaticano, si prevede che l'insegnante di religione stili una nota informativa a parte. E, in occasione della delibera di promozione o bocciatura, il suo voto non può essere determinante e in pratica non conta. Per effetto di questi provvedimenti emanati dal governo del democristiano Prodi è accaduto appunto che nel 2007 e nel 2008 per la prima volta chi frequentava l'ora di religione cattolica, che è facoltativa, ha ricevuto punti in sede di esame di maturità, con discriminazione di chi invece non seguiva le lezioni. "La sentenza è illuminante - afferma la Consulta romana per la laicità nelle istituzioni - su quali siano oggi i confini posti dalla legge all'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche. Le associazioni e le confessioni promotrici dei ricorsi continueranno ad operare per garantire il rispetto di tali limiti ed auspicano che il ministero dell'Istruzione prenda atto dell'illegittimità delle ordinanze e non le riproponga negli anni a venire". La moderatrice della Tavola Valdese, Maria Bonafede definisce la sentenza "una decisione positiva... perché c'era un privilegio a beneficio di alunni e insegnanti di una certa materia che dovrebbe essere, oltretutto, facoltativa. Sono molto soddisfatta - ha concluso - e mi auguro che la decisione possa essere duratura". "Viva soddisfazione" è stata espressa anche dal pastore Domenico Maselli, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, tra i firmatari, accanto a numerose confessioni religiose non cattoliche - tra cui avventisti, battisti, ebrei, luterani, pentecostali e valdesi. Della stessa opinione l'Unione degli studenti (Uds), che la considera "un passo avanti nella direzione della laicità della scuola pubblica". "Da sempre - sottolineano gli studenti - riteniamo incostituzionali le ordinanze dell'allora ministro Fioroni". Rabbiosa reazione delle gerarchie ecclesiastiche Scomposta e rabbiosa è stata invece la reazione delle alte gerarchie vaticane e dei clerico-fascisti: per Maurizio Gasparri, presidente del gruppo Pdl al Senato siamo in presenza di "una deriva anticattolica che non ha precedenti nella storia e nella tradizione del nostro Paese", per Luca Volonté (capogruppo Udc) addirittura "la Magistratura è fuori legge", mentre per il presidente della Commissione episcopale per l'educazione cattolica monsignor Diego Coletti si tratta di una "sentenza pretestuosa" figlia di "bieco illuminismo". Dai microfoni della Radio Vaticana il vescovo di Como e membro della Cei ha distribuito una raffica di anatemi e scomuniche contro la sentenza dei giudici e ha chiamato a scendere in campo direttamente il ministro Gelmini: "credo - ha detto - che lo stesso ministero dovrà fare un ricorso perché ciò che è stato messo sotto accusa non è l'opinione della Chiesa ma una circolare del ministero, un qualche cosa che attiene all'organizzazione della scuola di Stato e credo quindi che siano questi gli organismi che debbano muoversi". Un film già visto: il Vaticano ordina e detta la linea, il governo esegue, senza farselo ripetere due volte. Era già accaduto per vietare la fecondazione assistita e la ricerca sulle cellule staminali, per discriminare le coppie di fatto, per impedire l'eutanasia, per attaccare la legge sull'aborto, per ricevere più fondi pubblici da destinare alle scuole cattoliche, ecc. "Farò ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza, questa decisione discrimina la religione cattolica", si precipita ad affermare il ministro della demolizione dell'istruzione pubblica Maria Grazia Gelmini che aggiunge: "l'ordinanza del Tar determina un ingiusto danno nei confronti di chi sceglie liberamente di seguire il corso. Non è giusto sminuire il loro ruolo, come se esistessero docenti di serie a e di serie b". Le stesse parole utilizzate del vescovo Michele Pennisi, secondo cui "questa sentenza vergognosa discrimina di fatto sei milioni di studenti... e tutti quei docenti che, dopo aver superato un concorso, si trovano ora a essere considerati professori di serie b". Scontata la posizione dell'altro ex-ministro del governo Prodi, pappagallo del Vaticano, Giuseppe Fioroni, responsabile organizzazione del PD, tra i primi ad invitare la sua collega del Pdl a fare ricorso. Un coro di arroganza davvero senza limiti visto tutti i privilegi che i governi clerico-fascisti di destra e di "sinistra" hanno concesso negli ultimi anni alla chiesa cattolica, nel campo dell'istruzione e non solo. Segno che non si tollerano argini alla straripante ingerenza del Vaticano, il quale, lavorando sottobanco, vuole restaurare l'insegnamento obbligatorio della religione cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado e che considera il parlamento, il governo, lo Stato italiano alla stregua di organismi teocratici ad esso asserviti, come una sorta di appendici operative del volere del Papa. Gelmini come Gentile Al ministro Gelmini non possiamo che ricordare la sua somiglianza con il gerarca di Mussolini, Giovanni Gentile, che non nascondeva la sua volontà di dare più peso all'insegnamento cattolico nella scuola fascista. Un obiettivo da realizzare mediante qualche piccolo espediente burocratico, rivendicato da lui stesso con orgoglio nel 1922: "Mentre oggi si prescrive che basta che un certo numero di padri di famiglia si trovino d'accordo nel farne precisa richiesta, tale prescrizione dovrà essere rovesciata nel senso che l'insegnamento religioso sarà obbligatorio: soltanto quei padri di famiglia i quali vorranno provvedere da sé all'educazione religiosa dei loro figlioli dovranno presentare una motivata domanda d'esenzione". Poi l'insegnamento religioso fu esteso nelle scuole di ogni ordine e grado. Era l'effetto del Concordato fascista del 1929. Riaffermato, anche se rivisitato, dal neoduce Craxi nel 1984. Per questo come anche tanta parte dei cattolici democratici e progressisti sostengono da sempre, occorre recidere il cordone ombelicale che lega lo Stato italiano alla chiesa e quindi allo Stato del Vaticano. Un fatto anacronistico dal punto di vista storico e intollerabile da quello politico. La religione va considerata un affare privato e individuale, è un principio valido anche nel socialismo. La chiesa non può godere di alcun privilegio nei confronti dello Stato: essa va considerata alla stregua di ogni altra associazione. Ecco perché il PMLI torna a chiedere l'abrogazione del Concordato e di tutti i privilegi vecchi e nuovi che esso garantisce alla chiesa. 9 settembre 2009 |