Difendendosi dagli attacchi dei trotzkisti di destra
(Note su Domenico Losurdo) Losurdo ripropone le sue ambiguità opportunistiche su Stalin La recensione su Liberazione del 10 aprile scorso del libro di Domenico Losurdo "Stalin. Storia e critica di una leggenda nera", ha scatenato le ire del nutrito gruppo di trotzkisti di destra, bertinottiani e vendoliani, rimasti nella redazione del quotidiano del PRC anche dopo l'allontanamento di Sansonetti e la sua sostituzione con l'operaista Dino Greco. E tutto ciò per il solo fatto che il quotidiano del PRC l'abbia pubblicata, nonostante che il suo autore Guido Liguori (vicepresidente dell'International Gramsci Society e caporedattore di Critica marxista), sia stato tutt'altro che favorevole all'opera di Losurdo e tantomeno sospettabile di "simpatie" o anche solo involontario "giustificazionismo" nei confronti di Stalin. Al contrario, pur muovendosi con molta abilità dialettica, come in un asettico confronto accademico tra due storici di pari livello, l'articolo di Liguori non risparmiava le critiche al lavoro di Losurdo (già criticato precedentemente su Critica marxista da Giuseppe Prestipino), accusandolo di "storicismo giustificatorio". Così come non risparmiava gli attacchi a Stalin, cedendo alla facile, rozza e antistorica demonizzazione imperante, attraverso la riproposizione delle falsità sui Gulag, sulla collettivizzazione forzata delle campagne, sulle "purghe", ecc. Fino a chiedersi se con questi risultati "valeva la pena di fare una rivoluzione" e se, "pur avendo alcune ragioni", l'autore del libro non sottovaluti la possibilità che ci fosse potuta essere un'alternativa storica alla domanda: "Un politico realista può anche diventare un mostro sanguinario, uccidendo così di fatto, ugualmente, la creatura che 'con realismo' si propone di proteggere"? Ma tanto è bastato al gruppo di redattori trotzkisti di destra, capeggiati dall'ex autonomo e "antagonista" Anubi D'Avossa Lussurgiu, per sentire odore di zolfo e vedere l'ombra del demonio, se hanno immediatamente scritto una lettera infuriata e pubblicata il giorno dopo sullo stesso quotidiano del PRC, in cui si dicono "amareggiati" per la pubblicazione della recensione di Liguori a un libro che riporta "revisioni addirittura apologetiche" su Stalin, e ripropongono manco a dirlo le più viscerali falsità anticomuniste sui "milioni di morti" e sul "dittatore feroce e brutale", che sembrano attinte direttamente dal frasario fascista del "Libro nero del comunismo" tanto caro a Berlusconi. Lettera a cui il direttore di Liberazione, Dino Greco, è stato costretto a rispondere con un imbarazzato commento in cui sostanzialmente, negando l'accusa di aver accettato di pubblicare la recensione di una "revisione apologetica" di Stalin e difendendo a parole il diritto a "ragionare sul passato e, in definitiva, sul presente", dedica praticamente l'intero intervento a liquidare il libro come un esercizio di "fatale (e letale) giustificazionismo" e soprattutto ad attaccare anche lui Stalin con argomenti formalmente meno propagandistici e forsennati dei firmatari della lettera ma non meno anticomunisti e trotzkisti nella sostanza. L'autodifesa opportunista e ambigua di Losurdo Alla fine tutta la polemica si è trasferita sulle pagine de il manifesto, dove anche la trotzkista luxemburghiana Rina Gagliardi è intervenuta a dar man forte alla canea antistalinista scatenatasi nella redazione di Liberazione, accusando anche lei il libro di "cattivo storicismo" e di "giustificazionismo", e il suo autore di voler tornare "a occupare il ruolo di intellettuale di riferimento di Rifondazione comunista". A tutti costoro ha risposto lo stesso Losurdo su il manifesto del 19 aprile, con un articolo in cui si difende dalle accuse dei trotzkisti di destra (di voler "riabilitare" Stalin) e di "sinistra" (di "giustificarlo" storicizzandolo) in un modo a dir poco opportunista ed ambiguo: da una parte, cioè, precipitandosi a rassicurare i suoi accusatori circa la sua assoluta impermeabilità a qualsiasi inclinazione giustificazionista; come fa ammettendo ad esempio i "crimini ingiustificabili" di Stalin richiamati anche nel suo libro, citando tra questi le fosse di Katyn che sono l'ultimo grido in fatto di falsi crimini attribuitigli dalla borghesia e dai fascisti; anche se - aggiunge - "gli Stati Uniti non possono ergersi a maestri di moralità, per il fatto che nel corso della guerra di Corea essi si sono resi responsabili di una Katyn su scala più larga". E dall'altra riproponendo la linea ambigua del suo libro che pretende di dare un giudizio "equanime" e "oggettivo" sulla figura e il ruolo di Stalin, sostenendo l'inevitabilità delle sue scelte, comprese quelle più "esecrabili", nel periodo storico "terribile" in cui si trovò a farle. E su questo terreno si spinge perfino ad estendere all'intera ideologia marxista-leninista le origini di quella che lui chiama "la tragedia (e l'orrore) nella storia della Russia sovietica". "Nel ricostruire la storia dell'Urss a sinistra - si giustifica infatti l'autore rivolgendosi a chi lo attacca da destra - si ama individuare in Stalin il capro espiatorio. Ho proceduto diversamente: prendendo le mosse dagli elementi di messianismo presenti in Marx e aggravati dall'orrore per la carneficina bellica, ho analizzato le debolezze della piattaforma teorica della dirigenza bolscevica nel suo complesso, nonché le contraddizioni e la guerra civile che infuriano al suo interno e che prolungano lo stato d'eccezione, portando all'estremo la violenza in esso insita. Se anche Stalin appare meno affetto di altri dalla 'utopia astratta', a me pare che, mettendo in discussione (con modalità diverse) tutti i protagonisti di questo capitolo di storia, senza escludere neppure Marx, il mio approccio sia meno consolatorio (e meno 'giustificatorio') dell'altro, che si limita a demonizzare uno solo dei protagonisti e per il resto ritiene che tutti gli altri siano innocenti, sicché i comunisti potrebbero tranquillamente riallacciarsi al 1924, all'anno fatale dell'ascesa di Stalin al potere: Heri dicebamus!". L'obiettivo strumentale dell'operazione Ma in questo modo, per pararsi dagli attacchi dei trotzkisti di destra, Losurdo finisce paradossalmente per sposare le tesi anticomuniste classiche della borghesia e dei fascisti, che estendono all'intera storia del movimento operaio internazionale e a tutti e cinque Maestri del proletariato, da Marx a Mao, la causa dei "crimini del comunismo". L'unica differenza è che egli li considera frutto di un'impostazione ideologica sbagliata (se non di un'ideologia sbagliata e finanche malata) e della contingenza storica, e non di una perversa volontà criminogena, ma il risultato non cambia. Sempre di "crimini" si tratta. In ogni caso c'è una bella differenza da quando negli anni '70, come teorico del PCd'I (m-l) di Fosco Dinucci e Manlio Dinucci prima e del PCUd'I (m-l) di Osvaldo Pesce poi, esaltava a parole Stalin e Mao, ad oggi che è arrivato ad ammetterne i "crimini" attribuiti loro dalla borghesia e dall'imperialismo, sia pure proclamando che non bisogna demonizzarli perché essi "non avrebbero potuto agire diversamente". Noi che non abbiamo invece rinnegato il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, rifiutiamo queste false categorie e non ci limitiamo solo, come fa opportunisticamente l'ex "marxista-leninista" Losurdo, a non demonizzare Stalin ma lo difendiamo quale degno successore di Lenin, artefice dell'Urss socialista, grande Maestro del proletariato internazionale, distruttore del nazi-fascismo e sostenitore della lotta dei popoli oppressi contro il colonialismo e l'imperialismo, a cominciare dalla Cina di Mao. Un esempio che ancora oggi ispira tutti i sinceri anticapitalisti e i fautori del socialismo a ripercorrere la via dell'Ottobre per liberarsi dal giogo della borghesia e conquistare il socialismo. Del resto non è certo per difendere Stalin, la Rivoluzione d'Ottobre e l'esperienza del socialismo in Urss dagli attacchi dei revisionisti kruscioviani, dei trotzkisti e dei fascisti che Losurdo ha scritto questo libro. Piuttosto la sua ambizione è quella di proporsi come l'ideologo dei vari spezzoni revisionisti e trotzkisti in cui si articolano i partiti falso comunisti di Rifondazione e del PdCI, utilizzando il suo approccio opportunista alla figura di Stalin per distinguersi dal coro monocorde e assordante dei suoi detrattori e accusatori della destra e della "sinistra" borghese. Ma la sua è una distinzione più formale e strumentale che reale, alla stessa stregua della falce e martello che i falsi dirigenti comunisti del PRC e del PdCI ora riesumano opportunisticamente per motivi di sopravvivenza, dopo averla già buttata alle ortiche solo pochi mesi prima con l'Arcobaleno. 6 maggio 2009 |