In 15 mila sfilano in corteo a Torino Grande manifestazione dei lavoratori Fiat in difesa del posto di lavoro La contestazione fisica a Rinaldini spezza l'unità sindacale e dei lavoratori "Da Torino al Meridione, un solo grido occupazione" In occasione della manifestazione nazionale dei lavoratori Fiat indetta dai sindacati metalmeccanici Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm e Fismic per protestare contro l'odioso piano industriale messo in campo dal Lingotto che prevede fra l'altro lo smantellamento di alcuni stabilimenti in Italia (fra cui Pomigliano d'Arco e Termini Imerese) e il conseguente licenziamento di migliaia di operai al fine di realizzare la sua operazione espansionistica con la Chrysler e la Opel, il 16 maggio oltre 15 mila operai provenienti da tutte le regioni hanno dato vita a Torino a un grande e combattivo corteo. Dal Lazio alla Basilicata, dalla Toscana alla Lombardia, passando per la Campania e la Sicilia i manifestanti hanno affrontato decine di ore di viaggio a bordo di treni, centinaia di pullman, mezzi pubblici e in macchina, per raggiungere il concentramento davanti al cancello cinque di Mirafiori per sfilare tutti uniti e compatti fin sotto le finestre del quartier generale della Fiat al Lingotto rilanciando la parola d'ordine: "Da Torino al Meridione, un solo grido occupazione". Tra i primi ad arrivare, i lavoratori dell'Alfa di Pomigliano d'Arco che hanno viaggiato tutta la notte a bordo del treno speciale partito da Napoli, per ribadire a gran voce che: "Pomigliano non si tocca". Lo hanno scritto perfino sulle magliette e lo hanno urlato ininterrottamente a squarciagola per tutti i tre chilometri del corteo fino ad oscurare anche lo slogan ufficiale dei sindacati: "Da nord a sud la Fiat cresce solo con noi". Al loro fianco gli operai delle Carrozzerie Mirafiori in gran parte giovani (che hanno capito benissimo che stavolta il rischio di chiusura per un impianto che in realtà sta andando al 50 per cento delle sue possibilità è reale); a seguire quelli della Sevel della provincia di Chieti, città natale dell'amministratore delegato Marchionne, poi gli striscioni della New Holland di San Mauro, Melfi, Cassino, Magneti Marelli di Bari, Comau, Suzzara, Verrone, Termini Imerese; quindi i colleghi dell'indotto della Cnh-escavatori, le tute blu della Magna, la concorrente della Fiat nella corsa all'acquisizione di Opel, quelli della Wcl, Saint Gobain, Bertone e Pininfarinae e a chiudere anche una nutrita rappresentanza del mondo omosessuale, pensionati e studenti; tutti armati di fischietti, cartelli e bandiere hanno incessantemente alimentato la protesta con slogan e cori contro il neoduce Berlusconi e i vertici Fiat bersagliati per tutto il corteo. Insomma una bella e combattiva giornata di lotta, di grande unità dei lavoratori di tutti gli stabilimenti Fiat, dal Sud al Nord del Paese che però sul finire è stata turbata dalla contestazione fisica ai danni di Gianni Rinaldini, Segretario generale della Fiom. A promuovere la contestazione, durante il comizio conclusivo del corteo, sono stati un gruppo di iscritti allo Slai-Cobas che non perdonano ai dirigenti sindacali confederali la corresponsabilità dell'accordo che ha causato il trasferimento forzato di 316 operai da Pomigliano nel reparto confino di Nola. Della vicenda due rispettivi comunicati stampa della Fiom-Cgil e dello Slai-Cobas, che pubblichiamo a parte, danno due versioni contrapposte: da una parte la Fiom che, per bocca dello stesso segretario generale parla di "episodio deplorevole, costruito in modo organizzato, che non può in alcun modo oscurare la grande manifestazione che si è svolta oggi a Torino e soprattutto non può oscurare il suo significato, la grande unità dei lavoratori di tutti gli stabilimenti Fiat, dal Sud al Nord del Paese. Si è trattato di un'aggressione di alcuni teppisti dello Slai Cobas che aveva come unico scopo quello di oscurare le nostre richieste di confronto per difendere gli stabilimenti dalla chiusura. Hanno reso un ottimo servizio alla Fiat, dato che diventerà quella la notizia di oggi". Da parte sua lo Slai-Cobas sostiene che non c'è stata nessuna aggressione a Rinaldini e che: "Provocatori tra i confederali innescano il parapiglia. Occorre una lotta unitaria dei lavoratori contro la Fiat e i licenziamenti programmati da Marchionne". Nell'auspicare la ricomposizione dell'unità sindacale e dei lavoratori, l'ufficio stampa del PMLI (il comunicato è pubblicato a parte) considera "un grave errore politico la contestazione a Rinaldini", "sia perché occorre la più larga unità dei lavoratori e dei sindacati... sia perché la Fiom costituisce la punta più avanzata della Cgil". 20 maggio 2009 |