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Stalin, la vita e l'opera

Capitolo 12
L'opposizione trotzkista contro l'unità del Partito


La "crisi delle forbici"

Il 20 novembre 1922 Lenin tenne un discorso alla seduta plenaria del Soviet di Mosca. Fu quello, l'ultimo intervento pubblico di Vladimir Ilic. Le conseguenze del criminale attentato di cui era rimasto vittima il 30 agosto 1918, lo avevano minato nel fisico irreparabilmente. Il non essersi mai risparmiato nell'enorme mole di lavoro di direzione del partito e dello Stato, contribuì poi all'aggravarsi del suo stato di salute. Riuscì con grande sforzo a lavorare ancora per qualche mese, concentrandosi soprattutto sui tanti problemi connessi alla ricostruzione economica e alla salvaguardia dell'unità del partito: alla sua compattezza ideologica, alla saldezza dei principi, alla sua proletarizzazione, al miglioramento qualitativo dei quadri, alla capacità di tutti i suoi membri di lavorare uniti nella stessa direzione per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti.
La preoccupazione di Lenin per l'unità del partito, per preservarlo dal pericolo di scissione a causa soprattutto del perdurare al suo interno dell'attività frazionistica, era grande. Fortunatamente, l'opera da lui compiuta al X Congresso, lasciava al partito un'arma potente per la salvaguardia della sua unità. Il 10 marzo 1923 Lenin fu colpito da un'apoplessia.
Le sue condizioni apparvero subito assai gravi. Rimase quasi completamente paralizzato, gli era rimasta soltanto una ridotta capacità motoria sul lato sinistro del corpo, e impossibilitato a parlare. Il 15 maggio si trasferì definitivamente nella campagna di Gorki, assieme alla moglie Nadezda Krupskaia, per poter osservare l'assoluto riposo di cui aveva necessità.
Quanto fondate fossero le preoccupazioni di Lenin per l'unità del partito, si potè capire appieno a partire dall'autunno del 1923.
Nell'autunno 1923, infatti, toccò il suo apice la cosiddetta "crisi delle forbici" che portò ad un notevole aggravamento delle difficoltà economiche del paese. Cos'era la "crisi delle forbici"? Era la crisi generata dal forte divario, dallo squilibrio totale tra i prezzi dei prodotti industriali e i prezzi dei prodotti agricoli. Mentre i prezzi delle merci dell'industria erano spropositatamente alti, il prezzo del grano e degli altri prodotti della campagna era basso. La conseguenza di ciò fu che i contadini non potevano più acquistare i prodotti dell'industria, per il costo esorbitante e anche per il continuo deprezzamento del rublo. Andò così in crisi lo smercio dei prodotti industriali che rimanevano ammassati in misura sempre maggiore nei depositi delle aziende. Tutto ciò ebbe delle ripercussioni negative sull'industria. In molte fabbriche sorsero difficoltà per il regolare pagamento dei salari che causò il diffondersi del malcontento tra gli operai, provocando, in alcune situazioni, agitazioni e l'abbandono del lavoro da parte dei lavoratori meno sindacalizzati.
Ma quali erano state le cause che avevano concorso a generare la "crisi delle forbici"? Esse si possono individuare in uno sviluppo di crescita del settore industriale ancora troppo lento; nel volume assai alto delle spese generali dell'industria e nelle carenze ancora presenti nell'organizzazione del commercio e della sua gestione, e qui, non possono non tornare alla mente le parole di Lenin al X Congresso sulla necessità da parte dei comunisti di imparare, di diventare esperti in questo settore, per competere con successo con i commercianti borghesi, i nepman, per non lasciare nelle loro mani il commercio nelle campagne. Finché il commercio dei prodotti industriali rimaneva sostanzialmente in mano loro, i nepman, per il loro interesse, spingevano al rialzo i prezzi.
Ma a concorrere al formarsi della crisi, vi fu anche il mancato rispetto delle indicazioni e delle direttive, soprattutto per quanto riguardava i prezzi, raccomandate dal governo sovietico. Addirittura Pjatakov, vicino alle posizioni trotzkiste e già aderente al gruppo dei "comunisti di sinistra", che nell'agosto del 1923 era stato nominato vicepresidente del Consiglio Superiore dell'Economia Nazionale, sollecitò i dirigenti dell'industria ad aumentare assurdamente i prezzi per ricavare il massimo possibile del profitto. Quella di Pjatakov fu una parola d'ordine nefasta, che arrecò un danno notevole allo sviluppo dell'industria, al miglioramento delle condizioni materiali degli operai e dei contadini e alla creazione di un equilibrio stabile tra città e campagna. Fu una parola d'ordine buona per un nepman, ma assolutamente contraria alle direttive del governo, alla politica sovietica e agli obiettivi che essa intendeva realizzare.
Per rimediare alla situazione creatasi con la "crisi delle forbici" il CC e gli organi di governo decisero una serie di misure urgenti. L'introduzione del cervonec, già precedentemente accennata, per stabilizzare la moneta; la regolarizzazione del pagamento dei salari agli operai; la diminuzione dei prezzi delle merci di più largo consumo; l'elaborazione dei provvedimenti necessari allo sviluppo del commercio tramite le cooperative e le organizzazioni statali per rafforzarne l'attività limitando, nello stesso tempo, quella dei commercianti privati; l'intensificazione della lotta contro gli speculatori e la concessione ai contadini di credito a basso tasso d'interesse per l'acquisto dei prodotti industriali.
Tutti i sinceri bolscevichi si strinsero l'un l'altro, raccolsero le forze e si misero a lavorare di comune accordo. Era un altro momento difficile per la Repubblica dei Soviet. La rivoluzione era stata sconfitta sia in Germania sia in Bulgaria, la crisi rischiava di provocare una nuova battuta d'arresto nell'economia rallentandone lo sviluppo e il partito non poteva più avvalersi delle immense capacità e delle straordinarie doti di Lenin che, a Gorki, lottava contro la morte. Fu in questo momento cruciale che gli elementi antipartito, i trotzkisti e i frazionisti d'ogni risma, mossero all'attacco del partito e del suo CC. Evidentemente ritenevano che fosse giunto il momento opportuno per indebolirlo e per cercare di rovesciarne la direzione.
Il CC bolscevico si mosse con tempestività per affrontare i difficili problemi sorti nel partito e nel paese. La sessione plenaria del CC del settembre 1923 ebbe all'ordine del giorno proprio le problematiche inerenti le agitazioni operaie sui salari, la "crisi delle forbici" e la situazione interna al partito. Nella discussione si trattarono a fondo queste questioni e da essa emerse inequivocabilmente che si erano accumulate nel partito una serie di deficienze che andavano immediatamente affrontate e risolte.
Secondo Stalin furono proprio le agitazioni operaie di quell'estate a sviluppare la discussione nel partito e a farne emergere le deficienze.
"Il fatto è - disse Stalin - che questa ondata di scioperi ha rivelato le deficienze delle nostre organizzazioni, il distacco di alcune nostre organizzazioni, sia di partito che sindacali, da ciò che accade nelle aziende; che questa ondata di scioperi ci ha fatto scoprire l'esistenza di alcune organizzazioni illegali, sostanzialmente anticomuniste, le quali cercavano di disgregare il nostro partito, agendo dall'interno. Ed ecco che tutte queste deficienze, venute alla luce in seguito all'ondata di scioperi, hanno colpito così vivamente il partito, che esso si è reso conto della realtà e ha sentito la necessità di operare cambiamenti nel suo seno".85
Le organizzazioni illegali cui Stalin fa riferimento erano il "Gruppo operaio" e "Verità operaia", eredi diretti dei frazionisti dell'"opposizione operaia" e della "dichiarazione dei 22" che già il partito aveva smascherato nel X e XI Congresso. Fu soprattutto il "Gruppo operaio", diretto da Mjasnikov e Kuznecov già espulsi dal partito, che tentò di cavalcare le agitazioni operaie, senza, peraltro, raggiungere un qualche successo. In questa loro azione cercarono ed ebbero contatti con alcuni personaggi di spicco dell'opposizione del partito quali Sljapnikov, Medvedev, Riazanov, Lutovinov e la Kollontai, cosa che non portò nel concreto ai risultati da essi sperati. La GPU pose fine alla loro attività cospirativa nel settembre del 1923. Ventidue membri del partito legati a queste organizzazioni furono espulsi e ad altri quattordici venne inflitta una nota di biasimo.
La sessione plenaria del CC di settembre istituì tre commissioni: una per i "salari", un'altra per la "crisi delle forbici" e la terza per la "situazione interna al partito". Ognuna di queste commissioni fu dotata della necessaria autorevolezza per condurre l'indagine, studiare i fatti, formulare ed adottare proposte concrete utili alla soluzione dei problemi. A questa riunione alcuni tra i maggiori esponenti dell'opposizione non si presentarono. Trotzki era a Klislovodsik per ultimare i suoi articoli sull'arte, Preobragenski era in Crimea e anche Sapronov era assente. Tornati a Mosca, nessuno di loro mosse obiezioni al piano approvato dal CC. Né obiezioni sorsero alla riunione dei segretari dei comitati provinciali del partito, dove Dzerzinski espose una sua relazione sulla situazione del partito. Da tutto questo risulta evidente che il CC era ben conscio dei problemi che la situazione presentava e che si mosse autonomamente e con sollecitudine per affrontarli, senza bisogno delle sollecitazioni e dei pungoli di chicchessia. L'opposizione non esercitò alcuna "spinta" per attivare il CC di fronte alle necessità del momento. Non solo. Essa rimase inerte ed inattiva quando si crearono e si elessero le commissioni. Alle stesse commissioni, inoltre, non presentò alcuna proposta e, pur conoscendone l'attività, l'ha nei fatti volutamente ignorata.


La discussione sulla democrazia

Dopo aver tenuto questo tipo di atteggiamento, in previsione della nuova sessione plenaria del CC e della CCC aperta anche ai rappresentanti di dieci organizzazioni del partito, svoltasi dal 25 al 27 ottobre, Trotzki e l'opposizione evidentemente preoccupati di rimanere spiazzati e isolati nel partito a causa del loro stesso operato, si lanciarono nella campagna per la "democrazia nel partito" accusando il CC di "burocratismo" con l'intento preciso di delegittimarlo e di creare attorno ad esso un clima di sfiducia e di ostilità. L'8 ottobre 1923 Trotzki scrisse la sua lettera ai membri del CC e della CCC, mentre il 15 ottobre l'opposizione inviò all'Ufficio politico la cosiddetta "piattaforma dei 46". Formalmente non ci fu legame tra queste iniziative, ma nello spirito e nei contenuti esse erano identiche, una era lo specchio dell'altra.
Scriveva Trotzki: "L'estremo peggioramento della situazione interna del partito ha due cause: a) un regime interno di partito radicalmente malsano ed errato e b) il malcontento degli operai e dei contadini per l'attuale grave congiuntura economica, venutasi a creare non solo in seguito a difficoltà oggettive ma anche a chiari e radicali errori di politica economica... La burocratizzazione dell'apparato del partito ha raggiunto proporzioni inaudite... Il partito entra nell'epoca forse più impegnativa della storia con un pesante fardello di errori dei suoi organi dirigenti... Bisogna porre fine alla burocrazia segretariale. La democrazia di partito deve ottenere i propri diritti, nei limiti, almeno, al di sotto dei quali il partito minaccia di ossificarsi e di degenerare... I membri del CC e della CCC sanno che io, pur lottando con estrema decisione e fermezza all'interno del CC contro una politica erronea, mi sono sempre rifiutato di portare la lotta dentro il CC e perfino di chiamare a giudicare un numero anche molto ristretto di compagni, in particolare quelli che dovrebbero occupare un posto di rilievo nel CC e nella CCC, se solo il partito funzionasse con un minimo di correttezza... Data la situazione che si è venuta a creare, considero non solo un mio diritto ma anche un dovere dire come stiano le cose a tutti i membri del partito, che io ritengo sufficientemente preparati, maturi, provati e quindi capaci di aiutare il partito ad uscire da un vicolo cieco, senza traumi e convulsioni frazionistiche".86
Si leggeva nella "piattaforma dei 46": "L'estrema gravità della situazione ci costringe (nell'interesse del nostro partito, nell'interesse della classe operaia) a dichiarare apertamente che una prosecuzione della politica della maggioranza del Politbjuro minaccerebbe gravi disastri per tutto il partito. La crisi economica e finanziaria cominciata alla fine del luglio di quest'anno, con tutte le conseguenze politiche, comprese quelle interne di partito, che ne derivano, ha implacabilmente messo in luce l'inadeguatezza della direzione del partito, nel campo economico e, soprattutto, nel campo delle relazioni interne di partito. Il carattere casuale, poco meditato e asistematico delle decisioni del CC, che non è riuscito ad ottenere risultati adeguati nel campo economico, ha condotto ad una situazione in cui, nonostante tutti gli indubitabili grandi successi nel campo dell'industria, dell'agricoltura, della finanza e dei trasporti - successi realizzati dall'economia del paese spontaneamente e non grazie alla direzione, bensì nonostante la sua inadeguatezza o, meglio, la mancanza di ogni direzione - noi ci troviamo di fronte alla prospettiva non soltanto della fine di questi successi, ma anche ad una grave crisi economica".87
È veramente strano pensare come "indubitabili grandi successi nel campo dell'industria, dell'agricoltura, della finanza e dei trasporti", settori praticamente al collasso meno di 24 mesi prima, possano essere stati "realizzati spontaneamente dall'economia del paese" fuori cioè da qualsiasi programma di sviluppo economico e di settore, mentre il nucleo dirigente che ha impostato la politica economica e i mezzi per realizzarla concretamente, sarebbe responsabile unicamente della crisi e, addirittura, minaccerebbe "gravi disastri per il partito". Va notato, per inciso, che tra i firmatari della "piattaforma" vi è quel Pjatakov il cui operato come vicepresidente del Consiglio Superiore dell'Economia Nazionale, come già in precedenza segnalato, non è certo estraneo alle cause generatrici della crisi.
Prosegue poi la "piattaforma dei 46": "Analogamente nel campo delle relazioni interne di partito noi vediamo la stessa sbagliata direzione che paralizza e divide il partito, ciò appare particolarmente chiaro nel periodo di crisi che stiamo attraversando...
Noi spieghiamo ciò col fatto che dietro la forma esterna dell'unità ufficiale si ha in pratica un reclutamento unilaterale d'individui, e una direzione degli affari che è unilaterale e adattata alle vedute e simpatie di un gruppo ristretto... Il regime istituito all'interno del partito è assolutamente intollerabile; esso distrugge l'indipendenza del partito, sostituendo al partito un apparato burocratico reclutato che agisce senza opposizione in tempi normali, ma che inevitabilmente viene meno nei momenti di crisi, e che minaccia di diventare completamente inefficiente di fronte ai seri avvenimenti che incombono. La situazione che è stata creata si spiega col fatto che il regime della dittatura di una frazione all'interno del partito, che venne di fatto creato dopo il X Congresso è sopravvissuto a se stesso".88
Ecco svelato l'arcano. Qui sta il vero nocciolo della questione: la ricostituzione delle frazioni proibite a seguito della battaglia di Lenin al X Congresso, per l'unità del partito e contro il frazionismo.
Il CC bolscevico respinse le accuse mosse da Trotzki e dall'opposizione; evidenziò le contraddizioni della loro linea politica, il suo carattere non marxista e piccolo-borghese sul piano ideologico e degli interessi di classe rappresentati; denunciò l'essenza frazionista dell'opposizione cercando, nel contempo, di recuperare e ricondurre tutti i membri di essa ad una corretta dialettica e vita di partito per rinsaldarne l'unità interna.


La XIII Conferenza del PC(b)R

Stalin, il 18 gennaio 1924, nel suo discorso di chiusura alla XIII Conferenza di partito così si espresse ripercorrendo l'intero svolgersi della questione: "I problemi della democrazia e delle 'forbici' furono posti dallo stesso Comitato centrale, l'iniziativa era interamente nelle mani del CC, mentre i membri dell'opposizione o tacevano o erano assenti. Questo è, per così dire, il primo atto, il primo stadio della storia della questione. Il secondo atto si aprì con la sessione plenaria del CC e della Commissione centrale di controllo tenutasi nel mese di ottobre. L'opposizione, con a capo Trotzki ... tentò, si pose come scopo, di strappare l'iniziativa al CC e di inforcare il cavallo della democrazia, poiché questo cavallo è, come si sa, agile, e si sarebbe potuto tentare, in groppa ad esso, di scavalcare il CC. È su questa base che sono stati compilati i documenti sui quali si è qui diffuso Preobragenski: il documento dei 46 e la lettera di Trotzki. Lo stesso Trotzki, che in settembre, alcuni giorni prima del suo intervento frazionista ... non muoveva obiezioni alle decisioni del CC, due settimane dopo scopriva a un tratto che il paese e il partito stavano per perire e che egli, Trotzki, questo patriarca dei burocrati, non poteva vivere senza democrazia. Ci faceva un po' ridere sentire dei discorsi sulla democrazia dalla bocca di Trotzki, di quello stesso Trotzki che al X Congresso del partito esigeva che i sindacati fossero scossi dall'alto. Noi sapevamo però che fra il Trotzki del periodo del X Congresso e il Trotzki dei nostri giorni non vi è una grande differenza, poiché ora come allora egli vuole scuotere i quadri leninisti. La differenza è soltanto che al X Congresso egli scuoteva i quadri leninisti dall'alto, nel campo sindacale, mentre ora scuote gli stessi quadri leninisti dal basso, nel campo del partito. La democrazia gli serve come mossa, come manovra strategica. Qui è tutta la musica. Poiché, se l'opposizione avesse voluto veramente dare un aiuto, affrontare il problema seriamente, da compagni, avrebbe dovuto anzitutto presentare la sua dichiarazione alle commissioni della sessione plenaria di settembre e dire press'a poco così: 'Riteniamo il vostro lavoro insoddisfacente, esigiamo che ci si permetta di fare rapporto all'Ufficio politico sui risultati dei vostri lavori, che si convochi la sessione plenaria del CC, alla quale vogliamo comunicare le nostre nuove proposte', ecc. Se le commissioni non avessero dato loro ascolto, se l'Ufficio politico non avesse dato loro ascolto, se questo non avesse tenuto conto dell'opinione dell'opposizione o si fosse rifiutato di convocare la sessione plenaria per esaminare le proposte di Trotzki e dell'opposizione in generale, allora, e soltanto allora, l'opposizione avrebbe avuto pieno diritto di agire apertamente, scavalcando il CC, di lanciare un appello ai membri del partito e di dire al partito: 'Il paese è sull'orlo della rovina, la crisi economica assume una gravità sempre maggiore, il partito perisce; abbiamo provato a rivolgerci all'Ufficio politico: non ne è venuto fuori nulla, siamo ora costretti ad appellarci al partito, affinchè si metta egli stesso all'opera'. Non dubito che il partito avrebbe risposto: 'Sì, questi sono dei veri rivoluzionari, poiché mettono la sostanza della questione al disopra della forma'. Ma forse che l'opposizione ha agito in questo modo? Ha forse provato a fare almeno una volta una capatina alle commissioni del CC per presentare le sue proposte? Ha forse pensato, ha forse tentato di porre e di risolvere le questioni nel quadro del CC o dei suoi organi? No, l'opposizione non ha fatto simili tentativi. Evidentemente per l'opposizione non si trattava di migliorare la situazione all'interno del partito, di aiutare il partito a migliorare la situazione economica, ma di prevenire l'opera della commissione e della sessione plenaria del CC, di strappare l'iniziativa al CC, di inforcare il cavallo della democrazia e, finché era ancora in tempo, di fare del chiasso per cercare di minare la fiducia nel CC. L'opposizione aveva evidentemente fretta di fabbricare dei 'documenti' contro il CC, sotto forma della lettera di Trotzki e della dichiarazione dei 46, per poterli portare agli studenti dell'Istituto Sverdlov e nei rioni e dire che essa, l'opposizione, è per la democrazia, per il miglioramento dell'economia, e che il CC la ostacola, che essa ha bisogno di aiuto contro il CC, ecc. ecc. Questi sono i fatti. Esigo che Preobragenski confuti queste mie affermazioni. Esigo che le confuti almeno sulla stampa. Confuti Preobragenski il fatto che la sessione plenaria del CC ha creato in settembre delle commissioni senza che l'opposizione partecipasse alla loro creazione, prima che essa intervenisse. Confuti Preobragenski il fatto che né Trotzki né gli altri oppositori hanno tentato di presentarsi a queste commissioni con le loro proposte. Confuti Preobragenski il fatto che l'opposizione sapeva dell'esistenza di queste commissioni, ma ignorava volutamente la loro attività, che essa non ha tentato di risolvere le questioni nel quadro del CC. Ecco perché, quando in ottobre Preobragenski e Trotzki hanno dichiarato alla sessione plenaria di voler salvare il partito mediante la democrazia, dal momento che il CC è cieco e non vede nulla, il CC ha riso di loro e ha detto: no, compagni; noi, Comitato centrale, siamo pienamente per la democrazia, ma non abbiamo fiducia nella vostra democrazia, poiché riteniamo che la vostra 'democrazia' sia una mossa strategica contro il CC, dettata dal vostro spirito frazionista".89
La sessione plenaria di ottobre del CC e della CCC alla quale furono invitati anche alcuni firmatari della "piattaforma dei 46" non facenti parte del CC e assente Trotzki, ammalato a seguito di un'infreddatura presa mentre era a caccia, discusse a fondo tutti i problemi, compresi quelli generati dalle prese di posizione di Trotzki e dell'opposizione. Al termine dei lavori Preobragenski propose un progetto di mozione che fu respinta, mentre venne approvata a schiacciante maggioranza - 102 voti favorevoli, 2 contrari e 10 astenuti - la mozione "Sulla situazione interna del partito" che dava incarico all'Ufficio politico di promuovere tutte le misure necessarie a favorire l'azione delle tre commissioni del CC istituite nella precedente sessione di settembre, per il completo espletamento del loro lavoro nel tempo più breve possibile. La mozione, inoltre, si soffermò sull'intervento degli oppositori dandone il seguente giudizio: "Le sessioni plenarie del CC e della CCC, assieme ai rappresentanti di dieci organizzazioni di partito, giudicano l'intervento di Trotzki, nel momento gravido di responsabilità che sta attraversando attualmente la rivoluzione mondiale e il partito, come un profondo errore politico, particolarmente perché l'attacco di Trotzki diretto contro l'Ufficio politico ha assunto obiettivamente il carattere di un intervento frazionista, che minaccia di infliggere un colpo all'unità del partito e crea una crisi nel partito. Le sessioni plenarie constatano con rammarico che Trotzki ha preferito per l'impostazione dei problemi da lui sollevati rivolgersi a singoli membri del partito, invece di scegliere l'unica via ammissibile, la quale consiste nel porre preventivamente i problemi in discussione nei collegi di cui Trotzki è membro. La via scelta da Trotzki ha dato il segnale per la formazione di un gruppo frazionista (la dichiarazione dei 46). Le sessioni plenarie del CC e della CCC e i rappresentanti di dieci organizzazioni di partito condannano recisamente la dichiarazione dei 46 come un atto di politica frazionista, scissionista, che ha assunto questo carattere sia pure indipendentemente dalla volontà dei firmatari. Tale dichiarazione minaccia di far sì che tutta la vita del partito, nei prossimi mesi, sia dominata dalla lotta intestina e rischia così di indebolire il partito in un momento decisivo per le sorti della rivoluzione internazionale".90
La mozione, infine, impegnò l'Ufficio politico ad adoperarsi per assicurare, nell'ambito delle iniziative intraprese per dare soluzione alle problematiche affrontate, un lavoro quanto più possibile concorde. A questo preciso scopo, fu istituita una sottocommissione composta di tre persone - Kamenev, Stalin e Trotzki - che affrontasse nello specifico le tematiche inerenti il partito e il suo funzionamento. Fu proprio questa sottocommissione che al termine del suo lavoro elaborò un documento che divenne poi la Risoluzione sulla costruzione del partito approvata all'unanimità dall'Ufficio politico il 5 dicembre 1923 e, successivamente, dalla sessione plenaria del CC e della CCC di dicembre e dalla XIII Conferenza del PC(b)R. Questo documento, comunemente noto come "risoluzione sulla democrazia", era suddiviso in sette paragrafi: - il partito nelle condizioni della Nep, il partito e le masse lavoratrici, il partito e la democrazia operaia, misure immediate per l'attuazione della democrazia operaia, sulle commissioni di controllo, le organizzazioni di partito e il lavoro economico, il lavoro tra le masse e la loro partecipazione alla edificazione pratica - e fu pubblicato il 7 dicembre 1923 dalla "Pravda". In esso, relativamente al secondo e terzo paragrafo, si affermava: "Uno dei compiti più importanti di tutte le organizzazioni del partito nei prossimi mesi deve essere il miglioramento del nucleo proletario del partito... Il partito deve favorire l'afflusso di nuovi quadri di operai dell'industria nelle proprie organizzazioni ed il loro passaggio da candidati a membri effettivi. Allo stesso modo occorre rivolgere una maggiore attenzione al lavoro tra i giovani proletari in fase di formazione. Tra i contadini ... occorre migliorare in ogni modo la composizione sociale delle cellule rurali, orientare il loro lavoro sulle direttrici dell'attività politica ed educativa, rafforzare soprattutto il loro lavoro verso la diffusione di cognizioni agronomiche, verso la cooperazione, l'organizzazione del credito agricolo, ecc.... Tra l'intelligencija si osserva un generale spostamento a favore del potere sovietico, sia per motivi d'ordine generale, sia per il miglioramento della loro condizione qui da noi... Tuttavia la svolta di vasti strati dell'intelligencija a favore del potere sovietico, se è un fenomeno fondamentalmente molto positivo, può anche avere conseguenze negative, dal momento che essa accresce il pericolo d'accerchiamento ideologico dei comunisti. La lotta per la purezza ideologica del partito contro offuscamenti piccolo borghesi... è perciò egualmente uno dei compiti immediati del partito... Democrazia operaia significa libertà di esaminare apertamente le questioni più importanti della vita del partito per tutti i suoi membri, libertà di sottoporle a discussione, come pure elettività delle cariche di direzione e dei kollegija dal basso verso l'alto. Ma essa non prevede assolutamente la libertà di formare raggruppamenti frazionistici, estremamente pericolosi per un partito al governo, in quanto minacciano di continuo lo sdoppiamento o la spaccatura del governo e dell'apparato statale nel suo insieme. Va da sé che all'interno di un partito costituito come associazione volontaria di persone su di una determinata base ideale e pratica comune non possono essere tollerati raggruppamenti il cui contenuto ideale sia rivolto contro il partito nel suo complesso e contro la dittatura del proletariato (ad esempio, il gruppo di 'Verità operaia' ed il 'Gruppo Operaio') ... In nessun caso il partito può essere considerato un'istituzione o un dicastero, ma non può neppure essere considerato un club di discussione per tutte le correnti possibili ed immaginabili. Il X Congresso, ed in seguito l'XI ed il XII, hanno stabilito una serie di limitazioni all'applicazione del principio della democrazia operaia: divieto delle frazioni (vedi la risoluzione del X Congresso sull'unità del partito e la corrispondente dell'XI); epurazione del partito; limiti all'ammissione nel partito per gli elementi non proletari; istituzione di un'anzianità di partito per certe categorie di incarichi di direzione nel partito; disposizione della conferma dei segretari da parte delle superiori istanze di partito (vedi Statuto del partito)".91
L'intera risoluzione era uno stimolo ed una esortazione al partito e a tutti i quadri comunisti ad impegnarsi a fondo nel recepire e nell'applicare concretamente e correttamente quanto stabilito dagli ultimi congressi (X-XI-XII) e dalla risoluzione della sessione plenaria del CC del 25 ottobre, unirsi in un fronte compatto per affrontare con forza e portare a soluzione tutti i motivi di crisi interni ed esterni al partito.
Tuttavia Trotzki, dopo aver espresso il suo voto favorevole alla risoluzione di cui, tra l'altro, era stato uno degli estensori, inviò alle conferenze di partito una lettera, pubblicata dalla "Pravda" l'11 dicembre, che snaturava totalmente il significato della risoluzione e attaccava in maniera subdola la direzione del partito, tentando di indebolire l'unità del partito e la sua volontà di proseguire compatto sulla strada indicata dai Congressi e dal CC.
Ecco come Trotzki si esprimeva nella sua lettera "Nuovo corso": "Il burocratismo uccide l'iniziativa e in questo modo impedisce l'elevamento del livello generale del partito. Questa è la sua colpa principale. Dal momento che l'apparato è inevitabilmente costituito dai compagni con maggiore esperienza e più meritevoli, è sulla formazione politica delle giovani generazioni comuniste che il burocratismo ha la sua ripercussione peggiore. È anche quindi la gioventù, barometro sicuro di tutto il partito, che reagisce più vigorosamente contro il burocratismo della nostra organizzazione. Tuttavia, non bisogna credere che il nostro modo di risolvere le questioni - decise praticamente solo dai funzionari del partito - non abbia alcuna influenza sulla vecchia generazione, che incarna l'esperienza politica e le tradizioni rivoluzionarie del partito. Anche qui, il pericolo è enorme. L'immensa autorità del gruppo dei veterani del partito è riconosciuta da tutti. Ma sarebbe un errore considerarla come un assoluto. È solo con una collaborazione attiva e costante con la nuova generazione, nel quadro della democrazia di partito, che la vecchia guardia conserverà la sua caratteristica di fattore rivoluzionario. Altrimenti essa si irrigidirà e diventerà insensibilmente l'espressione più alta del burocratismo. La storia ci offre più di un caso di degenerazione di questo genere. Prendiamo l'esempio più recente e sorprendente: quello dei capi della II Internazionale. Wilhelm Liebknecht, Bebel, Sinzger, Victor Adler, Kautski, Bernstein, Lafargue, Guesde erano i discepoli diretti di Marx ed Engels. Tuttavia ... questi dirigenti subirono, totalmente o in parte, una involuzione opportunistica. Alla vigilia della guerra, il formidabile apparato della socialdemocrazia, con la copertura dell'autorità della vecchia generazione, era diventato il freno più grave per il progresso rivoluzionario. E noi, i 'vecchi', dobbiamo dire chiaramente che la nostra generazione, che svolge naturalmente il ruolo dirigente del partito, non potrebbe essere in nessun modo immunizzata contro l'indebolimento dello spirito rivoluzionario e proletario, se il partito dovesse tollerare lo sviluppo dei metodi burocratici che trasformano i giovani in oggetti da educare e staccano inevitabilmente l'apparato dalla massa, i vecchi dai giovani... Prima della pubblicazione della decisione del CC sul 'nuovo corso', il solo fatto di segnalare la necessità di cambiare il regime interno del partito era considerato dai funzionari dell'apparato come un'eresia, una manifestazione di spirito scissionistico, un attentato alla disciplina. E ora i burocrati sono pronti, in linea di principio, a 'prendere atto' del 'nuovo corso', cioè a seppellirlo nella pratica. Il rinnovamento dell'apparato del partito - nel quadro preciso dello statuto - deve avere come scopo di sostituire i burocrati mummificati con elementi vigorosi strettamente legati alla vita della collettività. E, soprattutto, bisogna togliere dai posti dirigenti coloro che, alla prima parola di protesta o di obiezioni, brandiscono contro i critici i fulmini delle sanzioni. Il 'nuovo corso' deve avere come primo risultato di far sentire a tutti che nessuno ormai oserà più terrorizzare il partito".92
Il Segretario generale del PC(b)R, Stalin, dalle colonne della "Pravda" il 15 dicembre 1923, fece questa analisi della lettera di Trotzki: "Non si capisce come si possano porre sullo stesso piano opportunisti e menscevichi come Bernstein, Adler, Kautzki, Guesde e altri, e la vecchia guardia dei bolscevichi che ha incessantemente lottato e lotterà, spero con onore, contro l'opportunismo, contro i menscevichi, contro la II Internazionale.
Come si spiegano e a chi servono questa confusione e questo imbroglio, se si tengono presenti gli interessi del partito e non le considerazioni accessorie che non hanno affatto lo scopo di difendere la vecchia guardia? Come intendere queste allusioni all'opportunismo riferite ai vecchi bolscevichi, che si sono formati nella lotta contro l'opportunismo? ... Non penso affatto che i vecchi bolscevichi siano assolutamente garantiti dal pericolo della degenerazione, così come non avrei ragione d'affermare che noi siamo assolutamente garantiti, per esempio, dal terremoto. Dobbiamo e possiamo ammettere questo pericolo come eventuale. Ma ciò significa forse che questo pericolo sia reale, presente? Penso di no. Lo stesso Trotzki non ha portato nessun dato comprovante che il pericolo della degenerazione sia un pericolo reale. Mentre invece, in seno al partito, abbiamo parecchi elementi che possono costituire effettivamente un pericolo di degenerazione per alcuni settori del nostro partito. Mi riferisco a una parte dei menscevichi entrati volenti o nolenti nel nostro partito e che non hanno ancora superato le vecchie abitudini opportunistiche...
Come è potuto accadere che Trotzki, trascurando questo pericolo e gli altri pericoli dello stesso genere, realmente esistenti, abbia messo in primo piano un pericolo eventuale, il pericolo della degenerazione della vecchia guardia dei bolscevichi?... Non è forse chiaro che questi 'procedimenti' possono solo portare acqua al mulino dell'opposizione? ... Da dove ha preso Trotzki questa contrapposizione tra i 'vecchi' che possono degenerare, e i 'giovani' che sono il 'barometro più sicuro' del partito, tra la 'vecchia guardia' che può burocratizzarsi, e la 'giovane guardia' che deve 'conquistare le formule rivoluzionarie con la lotta'? Da dove ha preso questa contrapposizione, a che cosa gli serve? I giovani e la vecchia guardia non hanno forse marciato sempre sullo stesso fronte, uniti contro i nemici interni ed esterni? L'unità dei 'vecchi' e dei 'giovani' non rappresenta forse la forza principale della nostra rivoluzione? Come si spiega questo tentativo di detronizzare la vecchia guardia e di lusingare demagogicamente i giovani, per creare e allargare una frattura fra questi reparti fondamentali del nostro partito? A che serve tutto ciò, se si tengono presenti gli interessi del partito, la sua unità, la sua compattezza e non si tenta di scuotere questa unità a vantaggio dell'opposizione? Si difende forse così il Comitato centrale e la sua risoluzione sulla democrazia interna del partito che, per di più, è stata approvata all'unanimità? Del resto, Trotzki probabilmente non si è posto questo compito, inviando la sua lettera alle conferenze del partito. Probabilmente aveva un'altra intenzione e, precisamente, mirava ad appoggiare diplomaticamente l'opposizione nella sua lotta contro il Comitato centrale del partito, sotto l'apparenza di difendere la risoluzione del Comitato centrale. Proprio così
- conclude Stalin - si spiega l'impronta di doppiezza che caratterizza la lettera di Trotzki: Trotzki fa blocco con i fautori del centralismo democratico (inteso come gruppo, ndr) e con una parte dei comunisti di sinistra: questo è il significato politico dell'azione di Trotzki".93
In questo modo Trotzki puntava a unificare le varie "anime" dell'opposizione, che in effetti non ebbe alcuna difficoltà nel riconoscersi in colui che effettivamente era il suo ispiratore e capo indiscusso.
La XIII Conferenza del PC(b)R, svoltasi dal 16 al 18 gennaio 1924, espresse una ferma condanna dell'opposizione trotzkista. Nel Rapporto sui compiti immediati dell'edificazione del partito, presentato alla Conferenza, Stalin svolse un'analisi puntuale e acuta dello svolgimento e degli insegnamenti scaturiti dalla discussione sulla democrazia nel partito, dimostrando lucidamente il formarsi in modo organico e compiuto nell'opposizione, di una politica espressione di una deviazione piccolo-borghese dal marxismo.
"Ritengo sia nostro dovere fare il bilancio della discussione e trarre da questo bilancio alcune conclusioni che possono avere per noi una grande importanza. Potrei dividere tutta la nostra lotta, nel corso della discussione sulla democrazia, in tre periodi. Il primo periodo - ricorda Stalin - è quello in cui l'opposizione attaccò il CC e l'accusò di aver seguito negli ultimi due anni, e in generale nel periodo della Nep, una linea completamente sbagliata. Questo fu il periodo precedente alla pubblicazione della risoluzione dell'Ufficio politico e del Presidium della Commissione centrale di controllo... Il secondo periodo cominciò nel momento della pubblicazione della risoluzione dell'Ufficio politico e della Commissione centrale di controllo, quando l'opposizione fu costretta a contrapporre alla risoluzione del CC qualche cosa di organico, di concreto, e non trovò nulla né di organico né di concreto da contrapporre. Fu il periodo del maggior ravvicinamento fra il CC e l'opposizione. La situazione, evidentemente, volgeva o poteva volgere verso una certa riconciliazione dell'opposizione con la linea del CC... Ma poi subentrò il terzo periodo. Questo periodo si iniziò con l'intervento di Trotzki, con il suo appello alle organizzazioni rionali, che liquidò in un batter d'occhio le tendenze conciliative e mandò tutto all'aria. L'intervento di Trotzki segnò l'inizio di un periodo di lotta accanitissima all'interno del partito, lotta che non avrebbe avuto luogo se non ci fosse stata la lettera di Trotzki all'indomani del suo voto favorevole alla risoluzione dell'Ufficio politico. Voi sapete che al primo intervento di Trotzki ne seguì un secondo, un terzo, e in seguito a ciò la lotta diventò ancor più aspra. Io penso, compagni, che in questi suoi interventi Trotzki ha commesso almeno sei gravi errori, che hanno portato all'inasprimento della lotta all'interno del partito. Passo ad analizzarli. Il primo errore di Trotzki consiste nel fatto stesso di aver pubblicato il suo articolo all'indomani della pubblicazione della risoluzione dell'Ufficio politico del Comitato centrale e della Commissione centrale di controlo, articolo che non può essere considerato altrimenti che come una piattaforma contrapposta alla risoluzione del CC... Pensate un po', compagni: un dato giorno si riuniscono l'Ufficio politico e il Presidium della Commissione centrale di controllo per discutere la risoluzione sulla democrazia all'interno del partito; la risoluzione viene accettata all'unanimità, e appena un giorno dopo, al di fuori del CC, contro la volontà del CC, scavalcando il CC, viene inviato alle organizzazioni rionali l'articolo di Trotzki, cioè una nuova piattaforma, che pone di nuovo la questione dell'apparato e del partito, dei quadri e della gioventù, delle frazioni e dell'unità del partito, ecc. ecc., piattaforma che viene ripresa da tutta l'opposizione e contrapposta alla risoluzione del CC. Ciò non può essere considerato se non come un contrapporsi al Comitato centrale. Così Trotzki contrappone apertamente e decisamente se stesso all'intero Comitato centrale. Al partito si è posto il problema: esiste da noi un CC come organo dirigente, oppure non esiste più; esiste un CC le cui decisioni unanimi vengono rispettate dai membri di questo CC, oppure esiste soltanto un superuomo, al di sopra del CC, un superuomo per cui nessuna legge fu mai scritta, il quale può permettersi di votare oggi per la risoluzione del CC e domani pubblicare e presentare una nuova piattaforma contro questa risoluzione? ... Non si possono avere due discipline diverse: una per gli operai e l'altra per i gran signori. La disciplina deve essere unica... Il secondo errore commesso da Trotzki consiste nell'essersi comportato durante tutto il periodo della discussione in modo equivoco, ignorando sfacciatamente la volontà del partito, che desiderava conoscere la sua vera posizione, e schivando diplomaticamente la domanda posta senza ambagi da una serie di organizzazioni: per chi è Trotzki, in fin dei conti, per il CC oppure per l'opposizione? Una discussione si apre non per ricorrere a sotterfugi, ma per esporre francamente e onestamente davanti al partito tutta la verità, come sa fare Ilic, come ogni bolscevico ha il dovere di fare... Il terzo errore commesso da Trotzki - prosegue Stalin - consiste nell'aver contrapposto nei suoi interventi l'apparato del partito al partito stesso, lanciando la parola d'ordine della lotta contro i 'burocrati dell'apparato'. Il bolscevismo non può accettare la contrapposizione del partito all'apparato del partito. Da che cosa è composto in realtà il nostro apparato di partito? L'apparato del partito è composto dal CC, dai comitati regionali, dai comitati provinciali, dai comitati circondariali. Sono questi sottomessi al partito? Certo che lo sono, poiché essi per il 90% sono eletti dal partito. Hanno torto coloro che dicono che i comitati provinciali sono stati nominati. Hanno torto. Voi sapete, compagni, che da noi i comitati provinciali vengono eletti, così come i comitati circondariali e il CC. Essi sono sottomessi al partito. Ma una volta eletti, devono dirigere il lavoro: ecco il nocciolo della questione. È forse concepibile il lavoro di partito se, una volta che il CC è stato eletto dal congresso e il comitato provinciale dalla conferenza provinciale, il CC e i comitati provinciali non dirigessero il lavoro? Senza di questo il nostro lavoro di partito è inconcepibile. È un modo di vedere irresponsabile, anarchico-menscevico, che nega il principio stesso della direzione del lavoro di partito... Il quarto errore commesso da Trotzki consiste nell'aver contrapposto i giovani ai quadri del nostro partito, di avere lanciato l'accusa infondata della degenerazione dei nostri quadri. Trotzki ha messo il nostro partito sullo stesso piano del Partito socialdemocratico tedesco, ha citato esempi sulla degenerazione di alcuni discepoli di Marx, vecchi socialdemocratici, e ne ha tratto la conclusione che anche i nostri quadri di partito si trovano di fronte ad un simile pericolo di degenerazione. In fondo, fa sorridere questo membro del CC, che ieri ancora lottava contro il bolscevismo a braccetto degli opportunisti e dei menscevichi, e che oggi, nel settimo anno di esistenza del potere sovietico, tenta di affermare, sia pure soltanto sottoforma di ipotesi, che i quadri del nostro partito, nati, cresciuti e rafforzatisi nella lotta contro il menscevismo e l'opportunismo, sono sulla via della degenerazione... È forse difficile capire che fra questi quadri esiste un abisso incolmabile? È forse difficile capire che questa grossolana falsificazione e questa grossolana confusione, compiute da Trotzki, hanno per scopo di minare l'autorità dei nostri quadri rivoluzionari, del nucleo fondamentale del nostro partito? Non è forse chiaro che questa falsificazione poteva soltanto attizzare le passioni e inasprire la lotta all'interno del partito? Il quinto errore commesso da Trotzki consiste nell'avere, nelle sue lettere, dato il pretesto e lanciato la parola d'ordine di orientarsi sulla gioventù studentesca, su questo 'sicurissimo barometro del nostro partito'. 'La gioventù, barometro sicurissimo del nostro partito, reagisce più decisamente contro il burocratismo di partito', dice egli nel suo primo articolo. E affinché risulti chiaro di quale gioventù si tratta, Trotzki nella seconda lettera aggiunge: 'Come abbiamo visto, la gioventù studentesca reagisce con particolare sensibilità al burocratismo'. Se noi partissimo da questo presupposto assolutamente sbagliato, teoricamente falso, praticamente dannoso, bisognerebbe andare oltre, e lanciare la parola d'ordine: 'Il più gran numero possibile di giovani studenti nel nostro partito; spalancate le porte del partito alla gioventù studentesca'. Finora ci eravamo sempre orientati sul settore proletario del nostro partito ed avevamo detto: spalancate le porte del partito agli elementi proletari, cresca il nostro partito con l'apporto della parte proletaria. Ora questa formula è stata capovolta da Trotzki. Il problema degli intellettuali e degli operai nel nostro partito non è nuovo per noi. Esso fu posto già al II Congresso del nostro partito, quando si trattava di formulare il primo paragrafo dello statuto sull'appartenenza al partito. È noto che Martov pretese allora di estendere l'ammissione nel partito agli elementi non proletari, contrariamente al compagno Lenin, il quale esigeva che si limitasse decisamente l'ammissione nel partito degli elementi non proletari... Così si poneva il problema già nel 1905. Da allora questo insegnamento del compagno Lenin è stato per noi l'idea direttrice nell'opera di edificazione del partito. Ora Trotzki propone, in sostanza, di rompere con la linea organizzativa del bolscevismo. E, infine, il sesto errore di Trotzki, che consiste nell'aver proclamato la libertà di gruppo. Sì, libertà di gruppo! Ricordo come già nella sottocommissione che elaborava il progetto di risoluzione sulla democrazia, discutemmo con Trotzki sui gruppi e sulle frazioni. Trotzki, pur non essendo contrario alla proibizione delle frazioni, difendeva risolutamente l'idea di permettere l'esistenza di gruppi all'interno del partito. L'opposizione sostiene un punto di vista identico... Che differenza c'è tra un gruppo e una frazione? Una differenza unicamente esteriore. Ecco in che modo il compagno Lenin definisce la frazione, includendola nella categoria del gruppo: 'Prima ancora che il partito iniziasse la discussione generale sui sindacati, si erano manifestati nel partito alcuni indizi di frazionismo, erano cioè sorti dei gruppi con una loro propria piattaforma e inclini, in una certa misura, a rinchiudersi in sé e a creare una propria disciplina di gruppo' (vedi Resoconto stenografico del X Congresso del PC(b), pag. 309). Come vedete, in sostanza non vi è qui differenza tra frazione e gruppo... Ma allora, che cos'è una frazione? Ce lo spieghi un po' Preobragenski. Gli interventi di Trotzki, le sue lettere, i suoi articoli sul problema delle generazioni e delle frazioni vogliono spingere il partito a tollerare l'esistenza di gruppi nel suo seno. È un tentativo di legalizzare le frazioni e anzitutto la frazione di Trotzki. Trotzki afferma che i gruppi sorgono grazie al regime burocratico instaurato dal Comitato centrale, e che se non esistesse da noi un regime burocratico non vi sarebbero neppure dei gruppi. Questa non è un'impostazione marxista del problema, compagni. I gruppi sorgono da noi e continueranno a sorgere perché vi sono nel nostro paese le forme più diverse di economia: dalle forme embrionali del socialismo a quelle medioevali. Questo in primo luogo. Inoltre abbiamo la Nep, cioè abbiamo ammesso il capitalismo, il risorgere del capitale privato e il risorgere di idee ad esso corrispondenti, idee che si infiltrano nel partito. Questo in secondo luogo. Ed in terzo luogo tre elementi compongono il nostro partito: nel nostro partito vi sono operai, vi sono contadini, vi sono intellettuali. Ecco, secondo l'impostazione marxista del problema, le ragioni che fanno spuntar fuori nel partito determinati individui, intorno ai quali si creano gruppi che noi dobbiamo a volte asportare con un intervento chirurgico, e a volte riassorbire ideologicamente, mediante una discussione. Non si tratta qui di regime. Se avessimo un regime libero al massimo, i gruppi sarebbero molto più numerosi. Cosicché la colpa non è del regime, ma delle condizioni in cui viviamo, condizioni esistenti nel nostro paese, condizioni di sviluppo del partito stesso. Se in una situazione così complicata ammettessimo per di più i gruppi, rovineremmo il partito, lo trasformeremmo da organizzazione compatta, monolitica, in un insieme di gruppi e frazioni che vengono a patti tra di loro, mettono su unioni e intese provvisorie. Questo sarebbe non il partito, ma lo sfacelo del partito. Mai, neppure per un momento, i bolscevichi hanno concepito il partito diversamente da un'organizzazione monolitica, scolpita in un sol blocco, mossa da un'unica volontà, la quale unisce nel suo lavoro tutte le varie sfumature del pensiero in un unico flusso di attività pratica... E, infine, - termina Stalin avviandosi alla conclusione del suo Rapporto - una domanda che viene continuamente posta da quelli dell'opposizione, i quali, a quanto pare, non sempre ricevono una risposta soddisfacente. Di chi esprimiamo lo stato d'animo, noi dell'opposizione? - chiedono spesso. Penso che l'opposizione forse esprime gli stati d'animo del settore non proletario del nostro partito. Penso che l'opposizione, forse senza esserne conscia, contro la propria volontà, è il veicolo involontario degli stati d'animo dell'elemento non proletario del nostro partito. Penso che l'opposizione, nella sua agitazione sfrenata per la democrazia, che spesso considera in modo assoluto e feticista, scatena l'elemento piccolo-borghese".94