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Stalin, la vita e l'opera

Indice della biografia

Cap. 1 La formazione culturale e politica

Cap. 2 L'attivitā rivoluzionaria nel Caucaso

Cap. 3 Stalin, il bolscevico del Caucaso

Cap. 4 Si forgia il grande dirigente bolscevico

Cap. 5 Verso l'Ottobre

Cap. 6 La Rivoluzione d'Ottobre

Cap. 7 Commissario politico per le nazionalitā

Cap. 8 Lenin e Stalin stretti compagni d'armi nella difesa e nella edificazione del primo stato socialista

Cap. 9 L'aggressione imperialista e la controrivoluzione interna

Cap. 10 Consolidare il potere sovietico

Cap. 11 La ritirata č finita

Cap. 12 L'opposizione trotzkista contro l'unitā del Partito

Cap. 13 L'opposizione trotzkista contro Stalin

Cap. 14 Trotzkismo o Leninismo?

Cap. 15 Avanti verso il socialismo

Cap. 16 La nuova Costituzione sovietica

Cap. 17 L'Urss, primo Stato socialista

Cap. 18 La situazione internazionale e la politica estera sovietica tra le due guerre

Cap. 19 Verso la seconda guerra mondiale

Cap. 20 La seconda guerra mondiale

Cap. 21 Stalin grande artefice della vittoria sul nazifascismo

Cap. 22 Dalla vittoria sul nazifascismo alla "guerra fredda"

Cap. 23 Il revisionismo moderno, nemico giurato del socialismo

Cap. 24 Il socialismo edificato va costantemente difeso

Capitolo 1
La formazione culturale e politica

Nel 1801 le forze militari dell'impero autarchico russo, allora retto dallo zar Alessandro I, iniziarono l'occupazione della Georgia. Il Paese è parte della Transcaucasia, la regione che si estende dal Mar Nero al Mar Caspio a sud della catena del Caucaso, terra di confine e collegamento tra Europa e Asia e tra i rispettivi popoli.
La storia della Georgia, così come la sua civiltà, è storia antica segnata nel corso dei secoli dalla violenta azione colonizzatrice dei vari conquistatori via via emergenti. Fu preda dell'espansione greca, ebraica e romana. Fu invasa e conquistata da Alessandro Magno. Subì la violenta azione devastatrice degli Unni e su di essa esercitarono uno spietato dominio anche i mongoli, i turchi ed i persiani. L'intervento russo si concentrò inizialmente nella parte orientale della Georgia. La famiglia reale georgiana venne destituita e l'amministrazione del potere fu affidata a vicerè russi installatisi nella capitale Tiflis. Iniziò così il processo di russificazione del paese. Nel 1811 l'autorità zarista depose anche il patriarca della chiesa ortodossa georgiana imponendo il metropolita della chiesa ortodossa russa che divenne esarca di Georgia. Nel contempo l'esercito zarista intraprese azioni militari anche nella parte occidentale del paese contro gli occupanti turchi. Nel 1829 la Georgia nella sua totalità divenne una provincia dell'impero zarista. Ma ciò non segnò certo la resa e l'accondiscendenza del suo popolo alla nuova autorità. Prova ne sia la resistenza armata intrapresa in particolare da diverse tribù montane riunitesi sotto il comando di Imam Samil, resistenza che si protrasse per tre decenni impegnando e tenendo sovente in scacco le truppe dello zar con rapide e continue azioni di guerriglia che partivano dagli inaccessibili rifugi che i ribelli georgiani avevano approntato sulle impervie montagne del loro paese. Questa tenace resistenza fu sì alla fine repressa, ma mai comunque venne meno l'aspirazione e la lotta del popolo georgiano in difesa della propria identità nazionale.
Questo è il paese che diede i natali a Josif Vissarionovic Dzugasvili, che universalmente diverrà conosciuto con lo pseudonimo di Stalin, pseudonimo adottato nei lunghi e difficili anni della sua attività politica e militanza rivoluzionaria. E questo è il popolo a cui egli appartiene. Un popolo da molti definito con piena ragione fiero, tenace e leale; gioioso e ricco di dignità e di grandi doti di ingegno, generosità ed altruismo.


L'infanzia a Gori

Josif Vissarionovic Dzugasvili nacque a Gori il 21 dicembre 1879. La piccola cittadina che al tempo della nascita di Stalin contava all'incirca ottomila abitanti fu fondata nel 1123 dal re georgiano Davide II. Il suo nome deriva da una parola georgiana che significa collina. Sorge, infatti, in una zona collinare della Georgia orientale distante circa 75 km. da Tiflis. Eretta sulla riva sinistra del fiume Kura, al suo fianco si erge un'alta collina sulla quale svettano i resti di un'antica fortezza bizantina. A Gori sostavano le carovane che attraversavano la regione e più avanti nel tempo essa divenne una stazione della linea ferroviaria ultimata nel 1871 che univa Poti, sulla costa del Mar Nero, a Tiflis. Cittadina contadina, il lavoro agricolo essendo infatti l'attività prevalente dei suoi abitanti; fu anche "città di cave", come scrisse Maksim Gorkij in un articolo apparso il 26 novembre 1896 sul giornale Nizegorodskij Listok descrivendone "le vicine montagne perforate dai grandi buchi".1
Nacque dunque Soso - diminutivo georgiano del nome Josif - nell'inverno del 1879 nella piccola e povera casa che i genitori avevano preso in affitto cinque anni prima. Una casa di mattoni e legno sita al n. 10 di via Sobornaya nel quartiere di Rusis ubani (quartiere russo, nella traduzione letterale, perché lì erano sorti al tempo della conquista russa gli alloggiamenti dei soldati dello zar). Ad essa si accedeva imboccando una stretta stradina di terra e di ghiaia attraversata in tutta la sua lunghezza da un rivolo che sovente la rendeva fangosa e fiancheggiata da altre, simili, abitazioni. In essa due piccole stanze comunicanti attraverso una scala a chiocciola di legno ed arredate con un tavolo non troppo grande, quattro sgabelli, un letto d'assi con un materasso di paglia e un buffet. Il poco vestiario trovava posto in un vecchio baule ed alle pareti si appoggiavano, oltre ad uno specchio, qualche scaffale per le stoviglie e gli arnesi che il padre Vissarion utilizzava nel suo lavoro di calzolaio. In questa casa Soso trascorse gli anni della sua infanzia e giovinezza assieme ai genitori: il padre Vissarion Dzugasvili e la madre Ekaterina Geladze.
Vissarion Dzugasvili nacque nel 1852 a Didi-Lilo, un piccolo villaggio poco distante da Tiflis. Molti anni prima lì aveva trovato rifugio suo nonno Zaza, costretto a fuggire per sottrarsi all'arresto e ad una dura condanna dopo aver partecipato ad una rivolta contadina. E a Didi-Lilo nacque e visse lavorando come contadino anche suo padre Vano, il nonno di Stalin. Quando questi morì, Vissarion lasciò il paese per recarsi a Tiflis. Nella capitale s'impiegò come calzolaio nella fabbrica di pelletterie Adelchanov. Successivamente lasciò anche Tiflis trasferendosi a Gori alle dipendenze di un certo Baramov che in quella cittadina aveva aperto una calzoleria. E fu a Gori che Vissarion conobbe Ekaterina, la futura moglie. Ekaterina Geladze vi giunse insieme ai suoi genitori, anch'essi d'origine contadina, nel 1864 subito dopo l'abolizione della servitù della gleba, dal villaggio di Gambarueli. Era una donna religiosa e molto attaccata alla famiglia, che non si risparmiò nella cura amorevole ai figli. Ma al tempo stesso fu anche una donna tenace che seppe far valere nella sua famiglia il suo punto di vista e la sua volontà. E non è cosa da poco in un'epoca in cui la donna subiva una forte oppressione in una società che ad essa non riconosceva diritto alcuno e nella quale vigevano rapporti familiari che le imponevano una subordinazione assoluta. Non è comunque molto ciò che si sa di Vissarion ed Ekaterina. Le poche testimonianze sono ricavate da ricordi d'amici d'infanzia del piccolo Soso, alcune delle quali non si sa quanto veritiere e attendibili. Lo stesso Stalin del resto, è sempre stato mosso da principi di riservatezza sia per la vita dei genitori che per la sua stessa vita privata. In quest'ultimo caso anche perché la totale abnegazione all'impegno rivoluzionario e ai doveri molteplici e complessi che via via fu chiamato a svolgere, assai poco hanno lasciato ad essa. Uno dei rari riferimenti diretti di Stalin alla sua famiglia si ebbe nell'intervista rilasciata nel 1931 allo scrittore tedesco Emil Ludwig.
In essa Stalin esprime gratitudine e riconoscenza nei confronti del padre e della madre. "I miei genitori non avevano molta cultura - disse - ma fecero molto per me". Una affermazione questa che merita attenzione, soprattutto perché aiuta ad inquadrare nella sua reale dimensione quale veramente sia stato il rapporto tra Stalin e la sua famiglia. Quasi tutti gli autori che hanno scritto su Stalin hanno, infatti, marcatamente sottolineato il rapporto con il padre come un rapporto dominato dalla violenza, dall'odio e dal rancore. Hanno descritto Vissarion Dzugasvili come un uomo rude, dedito al bere e dal carattere violento. Un uomo che spesso picchiava moglie e figlio. Questi stessi scrittori il cui tratto distintivo è stato esclusivamente quello di avallare l'immagine di uno Stalin despota e vendicativo, hanno ritenuto di individuare proprio nei rapporti tra genitore e figlio il formarsi della personalità da essi attribuita al grande leader rivoluzionario bolscevico.
Ludwig pose in maniera diretta la domanda a Stalin: "Per essere divenuto talmente rivoluzionario, i vostri genitori da bambino, vi picchiavano?". "Assolutamente no. - risponde Stalin - I miei genitori non mi maltrattavano affatto. Se sono diventato rivoluzionario è soltanto perché ho constatato che i marxisti avevano ragione"2. La vita dei Dzugasvili, come del resto quella di tutte le famiglie appartenenti ai ceti popolari, fu una vita di stenti. La più dolorosa conferma è data dal fatto che dei quattro figli che nacquero dall'unione di Vissarion con Ekaterina, solo Soso sopravvisse. Gli altri tre fratelli di Stalin, infatti, morirono ancora in tenera età.
Lo stesso Soso del resto ebbe un'infanzia non priva di momenti critici per la sua salute fisica, dapprima per una forma acuta di varicella e poi, a dieci anni, quando fu investito e travolto da un calesse nel corso di una festa di paese. Rimase gravemente ferito al braccio sinistro, perdendone parte della capacità di articolazione.
Fu una vita segnata dalle aspre condizioni di sfruttamento e dalle dure condizioni di vita imposte dal regime autocratico zarista agli operai, ai contadini e al popolo lavoratore. Condizioni dominate da rapporti semifeudali tanto nell'organizzazione del lavoro che in quella sociale. Rapporti che determinavano asservimento ed una brutale oppressione. Il popolo georgiano rimase per secoli sotto il giogo di spietati invasori e di signorotti locali senza scrupoli. La servitù della gleba venne abolita in Georgia solo nel 1864, tre anni più tardi che in Russia. Gli stessi genitori di Stalin nacquero servi della gleba e come tali vissero parte della loro vita. Ed anche se l'abolizione della servitù fu una grande conquista, essa di per se stessa non significò certo la scomparsa di ingiustizie e miseria. Fame, malattie, precarietà di occupazione, mancanza di istruzione ed analfabetismo diffusi segnavano profondamente la vita quotidiana delle masse popolari.
Le risposte date da Stalin a Ludwig dimostrano dunque che non vi era affatto odio verso il padre ma, questo sì, scelte ed atteggiamenti diversi e finanche opposti nell'affrontare situazioni e realtà di vita. In uno dei suoi primi scritti, Stalin prenderà ad esempio proprio l'esperienza di vita del padre Vissarion: "Prendiamo un calzolaio proprietario di un piccolo laboratorio che, non più in grado di far fronte alla concorrenza dei grossi fabbricanti, ha chiuso bottega e preso lavoro diciamo alla fabbrica di scarpe Adelkhanov, a Tiflis. È andato a lavorare allo stabilimento non con l'intenzione di diventare un salariato permanente, ma con lo scopo di mettere da parte un po' di denaro, di accumulare un capitaletto che lo mettesse in grado di riaprire la propria bottega. Come vedete, la posizione di questo calzolaio è già proletaria, ma la sua coscienza è ancora non-proletaria, anzi è interamente piccolo-borghese. In altre parole questo calzolaio ha già perduto la sua posizione piccolo-borghese, ma non è ancora venuta meno in lui la coscienza piccolo-borghese, che si attarda rispetto alla sua posizione attuale".3
A differenza del padre in Stalin non vi fu mai rassegnazione e accettazione supina della condizione che si è costretti a vivere, ma ribellione contro l'ingiustizia e capacità e determinazione nella lotta per trasformare l'organizzazione della società ed i rapporti sociali imposti dall'autocrazia zarista e dalla borghesia russa.
Soso aveva sei anni quando il padre Vissarion spinto dalla necessità lasciò Gori per recarsi nuovamente a Tiflis dove tornò a lavorare nella fabbrica Adelkhanov.
La sua famiglia rimase comunque a Gori, dove egli tornava periodicamente per rivedere la moglie e il figlio. Da parte sua Ekaterina lavorò a servizio presso le ricche famiglie di possidenti come lavandaia, cuoca e sarta. A ciò fu spinta sia per far fronte alle necessità familiari, ma soprattutto per rendere concreto il suo fermo proposito di far studiare Soso. Il grande desiderio della sua vita era, infatti, quello di farlo diventare sacerdote. Certamente un modo per esternare l'amore verso quell'unico figlio rimastole, consentirgli una vita più agiata rispetto a quella che avevano dovuto sopportare lei ed il marito e anche forse, per dare senso alla sua religiosità. Così nel settembre 1888 Soso fu iscritto alla scuola parrocchiale di Gori. Era per Ekaterina il primo passo della carriera ecclesiastica del figlio. In realtà fu, più semplicemente, l'inizio dell'istruzione scolastica di Soso.
Il fermo proposito di Ekaterina di far studiare il figlio fu cagione di contrasti fra lei ed il marito Vissarion, più preoccupato di far apprendere a Soso un mestiere per metterlo in condizione di affrontare il proprio futuro. Fu così che nel 1889, in occasione di una delle sue visite alla famiglia, Vissarion condusse con sé il figlio a Tiflis occupandolo nel calzaturificio dove anch'egli lavorava. La stessa Ekaterina rievocò questo fatto a distanza di molti anni nel corso di un'intervista che rilasciò ad alcuni giornalisti della "Pravda", intervista che il quotidiano sovietico pubblicò il 27 ottobre del 1935. "Soso - racconta Ekaterina - studiava con buoni risultati, ma suo padre, la buon'anima di mio marito Vissarion, pensò di togliere il ragazzo da scuola per insegnargli il suo mestiere di calzolaio. Cercai di oppormi come potei, ma non vi riuscii perché mio marito non volle assolutamente cedere. Poco dopo, tuttavia, riuscii a rimandare a scuola il ragazzo".4 "Poco dopo", racconta Ekaterina. In realtà l'esperienza lavorativa di Soso nella fabbrica Adelkhanov si protrasse per alcuni mesi, ritardandone così gli studi. Verosimilmente Soso fu portato a Tiflis prima della conclusione del primo anno scolastico e, tornato a Gori, dovette ricominciare daccapo i corsi. Con la forza della sua tenace volontà comunque, Ekaterina riuscì a convincere Vissarion a far riprendere gli studi al figlio. Nel 1890, alcuni mesi dopo questi avvenimenti, Vissarion a soli trentotto anni morì, coinvolto casualmente in una violenta rissa scoppiata in un'osteria di Tiflis. Le sue spoglie furono ricondotte a Gori da Ekaterina e sepolte nel cimitero del paese.
Soso frattanto proseguiva con impegno nei suoi studi, ripagando in questo modo anche gli innumerevoli e gravosi sacrifici della madre. Si applicava con impegno, non sottraendosi dall'aiutare i compagni che si trovavano più in difficoltà. Così lo ricorda un ragazzo che con lui frequentava la scuola parrocchiale: "...era sempre molto ben preparato per le lezioni, pronto ad essere interrogato, e faceva sempre tutti i compiti che venivano assegnati. Era considerato non solo il primo della classe, ma di tutta la scuola. Durante le lezioni non si lasciava scappare una parola. Svelto, dinamico e vivace, Soso era tutto orecchie".5 In Soso cresceva la voglia di apprendere. Sin dai primi anni di scuola si manifestarono e si svilupparono in lui l'interesse e la passione per la letteratura, la storia e la musica.


Gli studi superiori nel seminario teologico di Tiflis

Nel giugno 1894 Soso sostenne gli esami che superò brillantemente. Fu il migliore fra tutti gli esaminandi. Assieme al diploma ottenne anche uno speciale attestato di merito. Nello stesso anno superò anche l'esame di ammissione al seminario teologico di Tiflis ed ottenne una borsa di studio a parziale copertura delle spese di frequenza dell'istituto. Gli anni immediatamente successivi saranno, come vedremo, decisivi per la formazione e per la vita di Soso. Proprio nel periodo di frequenza del seminario, infatti, egli entrerà in contatto con i gruppi marxisti fino a fare definitivamente e completamente sue le cause del proletariato e della rivoluzione socialista.
Il 2 settembre 1894 Stalin iniziò i suoi studi come allievo a convitto del seminario russo di teologia ortodossa di Tiflis che era allora, l'istituto superiore più importante della Georgia. La scuola, un tetro edificio a tre piani di architettura classica, sorgeva proprio nel centro della città, davanti a piazza Puskin. Era frequentata da circa seicento studenti impegnati in materie quali letteratura, storia, diritto civile, greco, latino, logica, matematica, teologia e sacre scritture. La vita quotidiana all'interno dell'istituto era fortemente irreggimentata e non lasciava spazio alcuno ai giovani costretti in una morsa di divieti tra i quali quello di non poter leggere libri diversi da quelli presenti nella scuola, recarsi a teatro o ad altre manifestazioni culturali e di svago, uscire dall'istituto al di fuori dell'orario stabilito di circa un'ora. La mattina sveglia alle 7, rito religioso, the e poi lezioni fino alle 14. Alle 15 il pranzo, alle 17 l'appello e le preghiere serali. Poi il the delle 20, studio e alle 22 venivano spente le luci nei dormitori. Questa la giornata tipo nell'istituto. La domenica e i giorni festivi inoltre gli studenti erano costretti a partecipare in piedi e al freddo a funzioni religiose che si protraevano per tre o quattro ore.
Tutta l'organizzazione e la direzione della scuola era in mano all'ordine dei gesuiti che imponevano una gestione fortemente autoritaria, basata interamente sulla sorveglianza poliziesca e sulla repressione in un costante clima di delazione e di sospetto. E per chi contravveniva a quest'ignobile regolamento, erano pronte sanzioni di vario tipo: dalle "note disciplinari", fino all'isolamento - più o meno lungo - in una "cella monastica" di punizione. Oltre a ciò vanno aggiunte le continue perquisizioni personali e nelle camerate, la scarsità del vitto, il freddo nei locali privi di stufe e l'affollamento dei dormitori in cui erano stipate non meno di trenta persone. Questo è l'esatto quadro delle pessime condizioni di vita degli allievi del seminario teologico di Tiflis.
Le testimonianze degli studenti che si sono avvicendati nell'istituto rispecchiano tutte, né potrebbe essere altrimenti, la stessa realtà e il medesimo stato d'animo espresso da un giovane compagno di corso di Stalin: "I nostri istruttori ci trattano come bestie".6 E Iremashvili, amico d'infanzia di Stalin e che con lui aveva frequentato la scuola parrocchiale dei gesuiti a Gori, ebbe a dire ricordando il seminario: "Ci sentivamo come dei prigionieri, innocenti di qualsiasi reato, costretti a scontare una dura sentenza in carcere... Non potevamo nemmeno leggere Dostoevskij, Tolstoj, Turghenev e molti altri autori".7 Stalin stesso rilevò nell'intervista a Ludwig, già prima menzionata, come il seminario fosse diretto con sistemi gesuitici da un "regime vergognoso". "Il loro sistema base - affermò - consiste nell'indagare, nello spiare, nell'entrare strisciando come vermi nelle anime della gente e offenderne i sentimenti. Che bene può venire da questo? Per esempio, lo spiare nel dormitorio. Suona la campana per il the del mattino, noi andiamo nel refettorio e quando torniamo nelle nostre stanze troviamo che nel frattempo è stata fatta una perquisizione e tutti i nostri cassetti sono stati frugati".8
Questo tipo di gestione e di organizzazione scolastica così come il divieto assoluto dell'uso della lingua georgiana trovavano la loro ragione d'essere nella politica di repressione e di russificazione imposta dal regime zarista. Ma l'opposizione dei giovani studenti georgiani a questa politica fu netta e generalizzata, anche se non uniforme sul piano progettuale ed organizzativo. Per questo l'Istituto teologico di Tiflis divenne negli anni più che una scuola di formazione del clero, una vera e propria fucina di militanti rivoluzionari per i movimenti nazionalisti e marxisti, un centro di rivolte studentesche sfociate in dure lotte con scioperi, manifestazioni e boicottaggio delle attività. Di alcune di queste rivolte si hanno notizie e riferimenti precisi come, ad esempio, per le lotte del 1885, del 1890 e, soprattutto, del 1893, l'anno precedente a quello in cui Stalin iniziò a frequentare l'istituto.
Nella contestazione scoppiata nel 1893 gli studenti ponevano al centro delle loro rivendicazioni tre obiettivi primari: la fine del regime di delazione e di repressione, la rimozione degli insegnanti e dei dirigenti d'istituto più autoritari, l'introduzione dello studio della lingua georgiana tra le materie d'insegnamento. La risposta della direzione d'istituto fu feroce e senza precedenti. La scuola venne chiusa per un mese, ottantasette studenti vennero espulsi e per trentatré di loro le autorità di polizia disposero anche il divieto di residenza a Tiflis. Uno di questi studenti, tra gli organizzatori e leader della lotta, era Lado Kestoveli, nativo anch'egli di Gori e di tre anni più anziano di Soso. Stalin nutrirà nel corso della sua vita un affetto e una stima profondi per Lado Kestoveli che egli ricorderà per sempre non solo come il compagno di giochi d'infanzia, ma soprattutto come un maestro di vita, un importante punto di riferimento nella sua formazione politica ed un esempio da seguire ed al quale ispirarsi. Lado Kestoveli e Stalin si ritroveranno insieme di lì a qualche anno, nell'organizzazione politica "Messame Dessi" a contatto con gli operai delle Officine Ferroviarie di Tiflis e di altri lavoratori della capitale.
Lado Kestoveli, infatti, dopo l'espulsione nel 1893 dal seminario e il bando da Tiflis andò a completare gli studi a Kiev, in Ucraina. Nel 1897, dopo essere illegalmente tornato a Tiflis, aderisce all'organizzazione "Messame Dessi", lavorando nel contempo in una tipografia come stampatore. Nel 1900 lascia Tiflis e raggiunge la città di Bakù dove allestisce una tipografia clandestina, conosciuta nel movimento rivoluzionario col nome in codice "Nina", che inizierà a stampare il giornale socialdemocratico "Iskra" (La scintilla) e quello dei marxisti georgiani "Brdzola" (La lotta). Nel 1902 viene arrestato e rinchiuso in carcere dove, nell'agosto del 1903, verrà brutalmente assassinato da una guardia carceraria per aver gridato dalla sua cella: "Abbasso l'autocrazia! Viva la libertà! Viva il socialismo!".


Riscatto nazionale e lotta contro ogni forma di oppressione

Lo studente Josif Dzugasvili che si appresta agli studi superiori nel seminario di Tiflis è un giovane maturo, culturalmente ben preparato, desideroso di continuare ad approfondire le sue conoscenze non in maniera libresca, ma in modo approfondito, mirato e consapevole. In lui è ormai già radicato l'amore per il suo Paese e per il suo popolo; la volontà di capirne appieno la storia e l'impegno a spezzarne i vincoli di asservimento ed anche la sua insofferenza verso ogni forma di ingiustizia e di sopraffazione in qualsiasi forma esse si presentassero. A questo proposito vi è la testimonianza di un compagno di studi di Soso che ricorda una singolare forma di protesta organizzata proprio da Stalin contro un insegnante che si accaniva con percosse ed offese contro gli alunni. Atteso in un corridoio della scuola, venne sonoramente fischiato da un folto gruppo di studenti. Erano del resto quegli anni, proprio quelli in cui il potere zarista intensificava la russificazione della Georgia. E questo era uno degli aspetti più odiosi che, nel seminario di Tiflis, schiacciava la coscienza e la dignità dei giovani studenti. E da subito, sicuramente anche come risposta a quella politica di sopraffazione, Soso si dedicò con passione alla conoscenza della cultura nazionale. Lesse molti romanzi e libri di poesie di scrittori georgiani. Da Chonkadze a Cereteli; da Eristavi a Chanchavadze e Kazbegi. Il nome del protagonista di un romanzo di quest'ultimo autore, Koba, divenne anche lo pseudonimo utilizzato da Stalin nei primi anni della sua militanza rivoluzionaria. Era un romanzo ispirato nella sua trama alla lotta che nel 1845 oppose i combattenti georgiani di Imam Samil ad una spedizione militare russa guidata dal conte Voronstov. In quel periodo Soso scrisse anche delle poesie da cui traspare il sentimento che lo lega alla sua Terra e alla sua gente.
Alcune di queste vennero pubblicate nel 1895 sulla rivista letteraria "Iveria". Una di esse, "Mattino", così recita:
La rosa apre i suoi petali
e abbraccia la viola.
Anche il giglio si è destato.
Si alza l'allodola nel cielo
e canta il suo canto trillante:
l'usignolo con voce sottile
continua a cantare dolcemente:
Fiorisci, o Paese adorabile,
gioisci, o Terra d'Iveria,
e anche voi, sapienti Uomini di Georgia,
possiate portare gioia e felicità a questo Paese!
Gli orizzonti culturali del giovane Soso erano ampi e non si fermavano alla cultura nazionale georgiana, egli lesse i grandi scrittori russi, in particolare Puskin, Gogol, Cechov, Lermontov; si dedicò agli studi di sociologia e scienze naturali; lesse saggi di Galileo, Copernico, Darwin; classici filosofici tra i quali "L'essenza del cristianesimo" di Feuerbach.
Ogni luogo e ogni momento erano buoni per leggere: la legnaia della scuola, il sottoscala della cappella del seminario, la chiesa stessa durante le funzioni e l'aula scolastica durante le lezioni o anche il letto, la notte, al lume di una candela.


L'adesione al marxismo

Ma Soso fu subito e con decisione anche in prima linea nella lotta studentesca all'interno del seminario contro il regime scolastico. Era il segno della sua maturazione politica, oltreché intellettuale. Si avvicinò infatti fin dal primo anno di seminario alle formazioni marxiste ed allo studio della letteratura socialista leggendo i testi di Plechanov, gli scritti di Lenin - che allora scriveva con lo pseudonimo di Tulin - e "Il Capitale" di Karl Marx. "Avevo quindici anni - ricorderà più tardi Stalin - quando mi misi in rapporto con i gruppi clandestini marxisti russi della Transcaucasia. Tali gruppi esercitarono su di me una forte influenza e m'infusero l'amore per la letteratura rivoluzionaria".9
Già alla fine del 1894 Stalin partecipò alla costituzione di un circolo clandestino d'istituto di orientamento marxista e alla formazione di gruppi di studio capaci di coinvolgere nella loro attività moltissimi studenti delle varie classi. Immancabilmente tanto le sue indubbie capacità che la sua efficace attività politica tra gli studenti, lo fecero ben presto entrare nel mirino repressivo della direzione d'istituto. A partire dai primi mesi di frequenza del seminario, innumerevoli si susseguirono i rapporti, le segnalazioni e le note disciplinari che contro di lui stilavano padre Germiegen, il rettore, padre Abaschlidze, l'ispettore governativo, e altri insegnanti tra i quali il più accanito si mostrò padre Dmitri, futuro rettore del seminario. Ed è proprio leggendo le accuse contenute nei rapporti delle autorità scolastiche che si possono conoscere sia le letture che l'attività politica del giovane Stalin nel seminario ortodosso. Gli furono sequestrati oltre ai già citati volumi di Marx e Feuerbach, "Il Capitale" e "L'essenza del cristianesimo", "I lavoratori del mare" di V. Hugo e, dello stesso autore "Il novantatrè". In quell'occasione gli venne trovata e sequestrata anche la tessera della biblioteca cittadina di via Kirochnaya. Successivamente gli fu sequestrato il volume "L'evoluzione letteraria delle nazioni" di Letourneau. "È la tredicesima volta - si legge in quel rapporto - che questo studente viene sorpreso a leggere libri presi a prestito dalla biblioteca civica".10
Un altro rapporto riferirà che "... il 29 settembre 1898 alle ore 21 un gruppo di studenti si riuniva nella sala da pranzo intorno a Josif Dzugasvili, il quale leggeva loro passi di libri non sanzionati dalle autorità del seminario, e perciò gli studenti erano stati perquisiti".11 E ancora il 16 dicembre 1898: "Nel corso di una perquisizione degli studenti della IV classe, condotta dai membri della commissione di supervigilanza, Josif Dzugasvili cercò parecchie volte di venire a discussione con essi, esprimendo protesta per le ripetute perquisizioni degli studenti e dichiarando che tali perquisizioni non venivano mai fatte in altri seminari. Dzugasvili è di solito poco rispettoso e villano con le persone che godono di autorità e sistematicamente si rifiuta di fare l'inchino ad uno dei professori come ha più volte ripetuto il docente alla commissione di supervigilanza".12 Va infine segnalato lo scontro avuto con il rettore entrato nella stanza per una perquisizione mentre Stalin era intento nella lettura. In quell'occasione Stalin continuò a leggere imperterrito. "Non vedete chi vi sta davanti?", l'apostrofò il rettore! "Non vedo nulla - fu la risposta di Soso - all'infuori di una macchia nera davanti agli occhi".13
Oltre a svariate note disciplinari tutto questo costò a Soso ripetuti e sempre più lunghi periodi di isolamento nella "cella di punizione". Tra il 1896 e il 1898 è attivo nei circoli studenteschi e nel 1897 è a capo di un circolo marxista all'interno del seminario. Stalin ha ormai maturato la sua scelta di adesione al marxismo. Scelta che niente e nessuno riuscirà più a fargli rimettere in discussione. Ora al lavoro politico all'interno dell'istituto si aggiunge anche quello tra il proletariato di Tiflis.
Egli si avvicina infatti all'organizzazione marxista "Messame Dessi" (Terzo Gruppo, nella traduzione letterale) che svolgeva la sua attività tra i lavoratori delle Officine ferroviarie, delle manifatture di tabacco e tra gli sterratori. Nottetempo, eludendo la sorveglianza, Soso usciva dal seminario per recarsi in via Elisavetinskaja nella casa di Vano Sturna un operaio delle Officine ferroviarie, dove si tenevano le riunioni di questi lavoratori. Questa pratica politica e il contatto con questi operai costituiranno per Soso un'importantissima scuola di vita, dove ben presto finiranno di formarsi il suo carattere e la sua personalità ed emergeranno le sue straordinarie doti e capacità.
Il carattere di Stalin! Su quest'argomento fiumi di inchiostro sono stati utilizzati da storici e saggisti borghesi e revisionisti per denigrare questo grande maestro del proletariato internazionale. Dispotico, tirannico, sospettoso, vendicativo. Questi ed altri aggettivi sono stati usati da costoro per definire Stalin, per tentare di demolire la sua figura, il carisma e il profondo legame di affetto e di stima che lo hanno unito alle masse popolari. Certo gli anni del seminario e l'inizio della sua attività politica hanno influito, come ovvio, sulla formazione del carattere e della personalità di Stalin. Man mano che crescevano il suo sapere e il suo impegno politico, Soso seppe maturare in fretta anche sul piano personale, abbandonando divertimenti e svaghi per dedicarsi allo studio e al lavoro politico.
Persa la spensieratezza della fanciullezza vennero a completa maturazione i tratti caratteristici della sua forte personalità ed umanità: serietà e assiduità nello svolgimento del proprio lavoro, meticolosità nell'individuare e approfondire le problematiche, chiarezza nella loro esposizione, tenacia nel raggiungimento degli obiettivi, capacità di riservatezza, generosità e disponibilità verso gli altri, schiettezza nei rapporti, ironia e gusto per la battuta. Sono queste delle grandi doti per un uomo e per un rivoluzionario soprattutto quando, come nel caso di Stalin, egli lotta in condizioni di assoluta mancanza di spazi legali contro un regime tirannico come fu quello autocratico zarista.
Le opinioni dei compagni di Soso, di quanti hanno lavorato e vissuto con lui squarciano la patina di pregiudizio e di falsità che ben conosciamo. "Il nostro Soso", lo chiamavano gli operai di Tiflis. Serio e attento nel lavoro, allegro e gioviale al di fuori di esso; così lo ricorda Arakiel Okuascvili, un compagno degli anni di Tiflis, che ne rileva anche la capacità di dialogo con i lavoratori, il rifiuto dell'offesa e della violenza verbale contro chi esprimeva idee in contrasto con le sue ed allo stesso tempo la capacità di dimostrarne l'infondatezza delle tesi. E Ninua, un operaio delle Officine ferroviarie di Tiflis, ricordando le riunioni in via Elisavetinskaja: "Aveva una magnifica conoscenza della storia del movimento della classe lavoratrice in occidente e della teoria rivoluzionaria socialdemocratica, e subito i suoi discorsi attiravano l'attenzione degli operai. Stalin citava da romanzi e da opere scientifiche, citava sempre esempi. Quando si rivolgeva a noi, aveva davanti un libretto di appunti o solo un foglio di carta coperto di una scrittura sottile. Era evidente che si preparava con cura ad ogni discorso".14
La stima, la fiducia e l'affetto del proletariato verso Stalin furono la diretta conseguenza del suo saper porsi con i lavoratori, del suo essere operaio tra gli operai, della sua consapevolezza di avere mille cose da apprendere dalla classe operaia e che solo la classe operaia poteva insegnargli. Fu in ultima analisi la diretta conseguenza della stima, della fiducia e dell'affetto che lui stesso nutriva per il proletariato. Rispondendo al saluto degli operai delle Officine ferroviarie di Tiflis l'8 giugno 1926, Stalin così si espresse: "Il compagno Arakiel Okuascvili ha detto qui che una volta egli riteneva di essere uno dei miei maestri e mi considerava suo allievo. È assolutamente giusto compagni. Ero e rimango effettivamente un allievo degli operai d'avanguardia delle Officine ferroviarie di Tiflis... Ricordo il 1898, quando per la prima volta assunsi la direzione di un circolo di operai delle officine ferroviarie. Ciò accadde ventotto anni fa. Ricordo che ebbi le prime lezioni di lavoro pratico in casa del compagno Sturua in presenza di Dzibladze (anch'egli era allora uno dei miei maestri), Ciadriscvili, Ckeidze, Bocioriscvili, Ninua e altri operai d'avanguardia di Tiflis. A paragone di questi compagni io ero allora un giovanetto. Forse avevo letto un po' di più di molti di questi compagni. Ma nel lavoro pratico tuttavia ero allora indubbiamente un principiante. Qui, nella cerchia di questi compagni, ricevetti allora il primo battesimo di combattente rivoluzionario. Qui, nella cerchia di questi compagni, divenni un allievo della rivoluzione. Come vedete, i miei primi maestri furono gli operai di Tiflis. Permettetemi di esprimere loro la mia sincera, fraterna gratitudine".15
Il 1898 fu un anno importante per Soso. Nell'agosto di quell'anno, infatti, aderisce all'organizzazione "Messame Dessi" che di lì a poco costituirà il POSDR in Georgia e in Transcaucasia, divenendone ben presto uno dei massimi dirigenti. E in quello stesso anno è a capo di otto circoli operai di Tiflis. Già in seminario, come abbiamo visto, tra i vari scritti di dirigenti socialdemocratici, Stalin ebbe modo di leggere alcuni articoli di Lenin di cui ne condivise spirito ed idee. Kapanadze, un compagno di seminario di Stalin, ricorda un'accesa discussione avvenuta in un giorno del 1898 in piazza Puskin tra Soso e Noah Zordania, direttore del giornale "Krali", divenuto in seguito menscevico. Riparlando delle idee sostenute in quella discussione Kapanadze riferisce che Stalin gli disse di averle lette in alcuni articoli di Tulin (pseudonimo usato da Lenin) e concluse dicendo: "... devo assolutamente conoscerlo".16
Nel "Messame Dessi" Stalin è impegnato soprattutto nel definire il programma di lavoro per i circoli operai e, assieme ai compagni Ketskhoveli e Tsulukidze, si fa anche promotore della necessità di una stampa illegale marxista e rivoluzionaria. Questa proposta trovò l'opposizione della maggioranza dei dirigenti dell'organizzazione, facendo emergere la presenza di due diverse linee strategiche e il dissenso esistente tra la maggioranza schierata su posizioni opportuniste e una minoranza rivoluzionaria marxista di cui Stalin, Ketskhoveli e Tsulukidze costituirono il nucleo centrale.
Soso nel contempo continua l'attiva propaganda marxista all'interno del seminario che gli costerà, il 29 maggio 1899, l'espulsione dall'istituto scolastico. Dopo l'espulsione dal seminario Soso fa rientro nella casa materna di Gori. Vi si tratterrà per il breve periodo estivo, curando una salute resa precaria da una tosse persistente e da una eccessiva magrezza. Ma già nell'autunno è di nuovo a Tiflis. Per mantenersi dà lezioni private fino a quando, il 28 dicembre 1899, trova impiego e alloggio all'Osservatorio astrofisico come osservatore calcolatore. Ma al centro della sua vita c'è il lavoro politico, c'è la lotta contro l'autocrazia zarista, e soprattutto c'è l'impegno costante per la diffusione e l'affermazione del marxismo e per la costruzione di una forte e radicata organizzazione politica marxista. Una battaglia che in Russia e nel resto dell'impero zarista era da poco iniziata, ma che già andava sviluppandosi in modo significativo.