|
Lenin, la vita e l'opera |
Capitolo 1
La precoce adesione al marxismo
Vladimir Ilic Ulianov nacque il 10 aprile 1870 a Simbirsk, città fondata nel 1648 sulla sponda occidentale del Volga. Sorta in origine come piazzaforte militare, Simbirsk, che nel 1924 dopo la morte di Lenin ed a suo ricordo fu chiamata Ulianovsk, si trasformò negli anni in un importante centro commerciale e industriale della Russia. Fu in questa città che Vladimir Ilic visse la sua infanzia e parte della sua giovinezza.
Assieme ai fratelli Alexandr e Dmitrij e alle sorelle Anna, Maria e Olga, Vladimir Ilic ebbe dai genitori un'educazione che contrastava con i principi su cui si fondava il dispotico regime dell'assolutismo zarista. Maria Alexandrovna, casalinga, e Ilia Nicolaevic, che fu dapprima ispettore e successivamente direttore delle scuole popolari del governatorato di Simbirsk, avevano entrambi radicate convinzioni democratiche e un elevato livello culturale. In casa Ulianov si leggevano libri di Gogol, Lermontov, Puskin, Turgheniev, ma anche Darwin, Shakespeare, Griboiedov. Ilia Nicolaevic e Maria Alexandrovna seppero sviluppare in tutti i loro figli la curiosità e la voglia di sapere unite all'avversione profonda verso la schiavitù e il dispotismo perni oppressivi del regime zarista cui contrapporre una società che avesse i suoi cardini ideali nella giustizia e nella libertà. Tutti i fratelli Ulianov, tranne Olga che morì giovanissima a soli diciannove anni, si batterono perciò attivamente contro lo zarismo. Vladimir Ilic, in modo particolare, a questa lotta dedicherà totalmente tutta la sua vita. Dopo la sua adesione al marxismo Lenin - lo pseudonimo adottato da Vladimir Ilic negli anni della sua lotta rivoluzionaria - sarà il fondatore dell'organizzazione politica, il Partito Comunista Bolscevico, che distruggerà lo zarismo e il suo impero; il grande dirigente proletario rivoluzionario artefice, sul piano teorico e pratico, della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre, l'evento storico che cambierà radicalmente non solo le sorti della Russia e del suo popolo, ma quelle del mondo intero.
Nell'agosto 1879 Lenin iniziò gli studi ginnasiali nel liceo di Simbirsk diretto da F.I. Kerenskij, padre del futuro capo del governo provvisorio. Studi che affrontò e terminò con impegno e profitto. Il 10 giugno 1887 uscì dal liceo di Simbirsk premiato, per il rendimento scolastico, con la medaglia d'oro. Fu quello un periodo i cui avvenimenti segnarono non poco la vita di Vladimir Ilic, colpito nei sentimenti più profondi e negli affetti più cari. Il 21 gennaio 1886 moriva, infatti, Ilia Nicolaevic Ulianov il padre di Lenin e poco più di un anno dopo, il 1° marzo 1887 era arrestato Alexandr, il fratello maggiore, che aveva partecipato ad un attentato contro lo zar Alessandro III. Alexandr, che militava nel gruppo dei "Narodniki" (populisti), venne condannato a morte, assieme ad altri militanti della sua organizzazione, dal tribunale zarista la cui sentenza fu eseguita l'8 maggio 1887.
Il suo primo arresto. Confinato per un anno
All'inizio dell'estate del 1887, la famiglia Ulianov si trasferì a Kazan. Lì Lenin intraprese gli studi universitari iscrivendosi alla facoltà di legge e, fin da subito, aderì a un circolo studentesco rivoluzionario iniziando un'intensa attività politica. Proprio a causa di questa attività politica, Lenin fu arrestato il 7 dicembre di quello stesso anno, espulso dall'Università di Kazan e confinato nel villaggio di Kokushkino dove rimase sotto stretta sorveglianza poliziesca per circa un anno. In quello stesso paese già da qualche mese risiedeva in domicilio coatto Anna, sorella di Lenin, anche lei impegnata in prima persona nella lotta antizarista. Kokushkino era un villaggio contadino della provincia di Kazan dove avevano vissuto i nonni materni di Lenin e dove sua madre, Maria Alexandrovna, aveva trascorso l'infanzia. All'inizio d'ottobre del 1888 Lenin ritornò assieme alla famiglia a Kazan. Nell'autunno di quell'anno iniziò lo studio del Capitale di Karl Marx. Da quel momento la sua adesione alle idee di Marx ed Engels fu totale e incondizionata, così come fervido e ininterrotto fu il lavoro di diffusione di queste idee tra gli operai, i contadini, gli studenti, le masse sfruttate e oppresse del paese e la lotta per la conquista della Russia al socialismo. Nel 1889 Lenin aderì al gruppo socialdemocratico di Kazan fondato da Nikolaj Fedoscev. All'inizio di maggio del 1889 si trasferì nel villaggio d'Alakaievka nel governatorato di Samara per poi stabilirsi, nell'ottobre dello stesso anno, a Samara dove rimarrà fino all'agosto del 1893.
Nel periodo di permanenza a Samara Lenin decise di portare a termine i suoi studi in legge. Per questo chiese di poter sostenere gli esami come studente esterno presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università di Pietroburgo. L'autorizzazione gli venne concessa nel maggio del 1890. Tra il settembre 1890 e il novembre 1891 Lenin sostenne tutti gli esami universitari e, il 14 gennaio 1892, ottenne il diploma di laurea di primo grado in giurisprudenza dalla Direzione dell'Università di Pietroburgo. Successivamente, il 30 gennaio 1892 con decisione del tribunale circondariale di Samara, Lenin venne iscritto nelle liste degli assistenti avvocati giurati e, il 23 luglio, ottenne l'autorizzazione a trattare cause in tribunale.
Ma in quello stesso periodo Lenin non perse certo di vista l'attività politica che continuò sia attraverso lo studio approfondito delle opere di Marx ed Engels, sia nei circoli clandestini di Samara dove svolse, tra l'altro, un'attiva propaganda del marxismo anche attraverso la traduzione, che fece nel 1890, del Manifesto del Partito Comunista. È grazie a questa attività che a Samara nella primavera del 1893, Lenin diede vita al primo circolo marxista della città. Nell'agosto di quello stesso anno egli si trasferì a Pietroburgo. Nella capitale lavora come assistente avvocato nello studio di M.F. Volkenstein, ma è all'attività politica che Lenin dedica le sue energie migliori. In autunno iniziò col partecipare all'attività del circolo marxista degli studenti di tecnologia e, contemporaneamente, strinse legami stabili e saldi con gli operai d'avanguardia delle fabbriche di Pietroburgo dai quali ben presto venne apprezzato e riconosciuto come dirigente di spicco dei marxisti della capitale e questo grazie soprattutto alla conoscenza dell'opera di Marx ed Engels, alla sua capacità di divulgare e fare capire quest'opera agli operai e alle masse sfruttate, all'applicazione del marxismo alla realtà della Russia, oltre che alle sue straordinarie doti di organizzatore rivoluzionario.
Lo smascheramento dei populisti
Tra marzo e giugno 1893 Lenin scrisse Che cosa sono gli amici del popolo e come lottano contro i socialdemocratici? che fu la prima di una numerosa serie di grandi opere marxiste create dalla sua potente mente e dalla sua pratica rivoluzionaria e nella quale, attraverso una serrata critica al populismo, espose alcuni tra i principali compiti della socialdemocrazia russa. Tra questi, in particolare, la missione storica della classe operaia di essere forza egemone della rivoluzione proletaria; la necessità imprescindibile dell'alleanza tra operai e contadini per affossare il potere zarista; la necessità della costruzione del partito marxista della classe operaia per guidare il processo rivoluzionario fino alla conquista del socialismo.
"Quale dev'essere - si domanda Lenin - l'atteggiamento della classe operaia verso la piccola borghesia ed i suoi programmi? Non si può rispondere senza tener presente il duplice carattere della classe in questione (da noi, in Russia, tale duplicità è ancora più forte a causa del minor sviluppo dell'antagonismo tra la piccola e la grande borghesia). La piccola borghesia è progressiva in quanto avanza rivendicazioni democratiche generali, cioè lotta contro ogni residuo dell'epoca medioevale e del servaggio; è reazionaria in quanto lotta per conservare la propria condizione di piccola borghesia, tentando di arrestare e di far retrocedere l'evoluzione generale del paese nella direzione del regime borghese. Le sue rivendicazioni reazionarie - come per esempio la famosa inalienabilità dei
nadiel e di altri numerosi progetti di tutela dei contadini - si nascondono di solito sotto il pretesto specioso di difendere i lavoratori, ma in realtà ne aggravano evidentemente la situazione, rendendone nello stesso tempo più difficile la lotta per la loro emancipazione. Bisogna distinguere nettamente le due parti del programma piccolo-borghese, e pur negando ogni carattere socialista a queste teorie e combattendone la parte reazionaria, non bisogna dimenticare la parte democratica. Spiegherò con un esempio in qual modo la negazione completa delle teorie piccolo-borghesi non escluda affatto dal programma dei marxisti l'elemento democratico, ma esiga anzi che vi si insista ancora di più. Ho indicato sopra i fatti principali che i rappresentanti del socialismo piccolo-borghese hanno sempre utilizzato nelle loro teorie: la mancanza di terra, gli obblighi pecuniari elevati, l'oppressione amministrativa.
La rivendicazione tendente a eliminare questi mali non è affatto socialista, perché essi non spiegano affatto l'espropriazione e lo sfruttamento e perché la loro scomparsa non allevierà affatto l'oppressione del lavoro da parte del capitale. Ma la loro scomparsa toglierà all'oppressione i vecchiumi medioevali che la rafforzano, agevolerà all'operaio la lotta diretta contro il capitale, e perciò, come rivendicazione democratica, sarà appoggiata nel modo più energico dagli operai. Le quote del riscatto e le imposte rappresentano in generale una questione alla quale solo i piccoli borghesi possono accordare un'importanza particolare, ma in Russia gli obblighi pecuniari dei contadini costituiscono sotto molti aspetti una pura sopravvivenza del servaggio: tali sono per esempio le quote del riscatto, che devono essere soppresse immediatamente e assolutamente; tali sono le imposte, che pesano solo sui contadini e sui piccoli borghesi e da cui sono esenti i 'nobili'. I socialdemocratici appoggeranno sempre tale rivendicazione, la soppressione, cioè, di quei residui dei rapporti medioevali che provocano la stagnazione economica e politica. Altrettanto si deve dire a proposito della mancanza di terra... I socialdemocratici lotteranno nel modo più energico per l'immediata restituzione ai contadini della terra che è stata loro tolta, per l'espropriazione completa della grande proprietà terriera, baluardo delle istituzioni e delle tradizioni feudali. Quest'ultima rivendicazione, che coincide con la nazionalizzazione della terra, non è affatto socialista, perché la sua attuazione provocherebbe solo uno sviluppo più rapido e più largo del sistema dell'affitto, che ha già cominciato ad introdursi in Russia, ma è molto importante dal punto di vista democratico, poiché è il solo provvedimento con il quale si possono definitivamente schiacciare i grandi proprietari nobili... I socialdemocratici appoggiano senza riserve queste rivendicazioni: reintegrazione completa dei contadini nei loro diritti civili, soppressione completa di tutti i privilegi della nobiltà, abolizione della tutela burocratica sui contadini, concessione dell'autonomia amministrativa.
In generale, i comunisti russi, seguaci del marxismo, devono, più di tutti gli altri, chiamarsi socialdemocratici e non dimenticare mai nella loro attività l'enorme importanza della democrazia.
In Russia i residui delle istituzioni medioevali e semifeudali sono ancora così forti (in confronto all'Europa occidentale), pesano in modo così schiacciante sul proletariato e sul popolo in generale, ostacolando i progressi del pensiero politico in tutti i ceti ed in tutte le classi, che non si può non insistere sull'importanza enorme che ha per gli operai la lotta contro ogni sorta di istituzioni feudali, contro l'assolutismo, la separazione in caste, la burocrazia. È necessario dimostrare agli operai nel modo più particolareggiato quale terribile forza reazionaria siano tali istituzioni, quanto esse rafforzino il giogo del capitale sul lavoro, come opprimano ed umilino i lavoratori, come trattengano il capitale nelle sue forme medioevali, che non sfruttano il lavoro meno delle forme moderne di industrie, ma aggiungono allo sfruttamento le terribili difficoltà della lotta per l'emancipazione. Gli operai devono sapere che se non rovesceranno questi baluardi della reazione non avranno alcuna possibilità di lottare vittoriosamente contro la borghesia, giacché, fino a quando questi baluardi sussisteranno, il proletariato rurale russo, il cui appoggio è la condizione necessaria per la vittoria della classe operaia, sarà sempre soltanto una folla abbrutita, oppressa, capace solo di un'ottusa disperazione e non di una protesta e di una lotta ragionata e tenace. Perciò la lotta a fianco della democrazia radicale contro l'assolutismo, le caste e le istituzioni reazionarie, è un dovere imprescindibile per la classe operaia, dovere che i socialdemocratici devono indicarle, senza però mai dimenticare di insegnarle contemporaneamente che la lotta contro quelle istituzioni è necessaria solo come mezzo per facilitare la lotta contro la borghesia, che l'attuazione delle rivendicazioni generali della democrazia è necessaria all'operaio solo per sbarazzare la strada che conduce alla vittoria sul principale nemico dei lavoratori, nemico che rappresenta un'istituzione puramente democratica per sua natura, il capitale, che da noi, qui in Russia, ha una particolare tendenza a sacrificare il suo democratismo, ad allearsi ai reazionari per opprimere gli operai, per ostacolare più energicamente lo sviluppo del movimento operaio.
Quanto precede definisce sufficientemente, mi sembra, l'atteggiamento dei socialdemocratici nei riguardi dell'assolutismo e della libertà politica, nonché nei riguardi di una tendenza che si è rafforzata particolarmente in questi ultimi tempi e che mira all''unione' e all''alleanza' di tutti i gruppi rivoluzionari per la conquista della libertà politica.
Questa tendenza è abbastanza originale e caratteristica.
È originale, in quanto le proposte di 'alleanza' non provengono da un gruppo determinato o da gruppi determinati che abbiano programmi determinati che coincidano in questo o quel punto. Se così fosse, la questione dell'alleanza dovrebbe porsi di volta in volta e si tratterebbe allora di una questione concreta da risolversi da parte dei rappresentanti dei gruppi che si vogliono unire. In tal caso non ci potrebbe nemmeno essere una speciale tendenza 'unificatrice'...
Ma questa tendenza 'unificatrice' è caratteristica perché esprime uno degli ultimi stadi del processo di trasformazione del populismo rivoluzionario combattivo in un democratismo politico radicale, processo che ho cercato di definire più sopra. Una solida unione di tutti i gruppi rivoluzionari non socialdemocratici sotto questa bandiera sarà possibile solo il giorno in cui verrà elaborato un solido programma di rivendicazioni democratiche, che la faccia finita coi vecchi pregiudizi circa l'originalità russa. Nella costituzione di un partito democratico di tal genere i socialdemocratici vedono naturalmente un utile passo avanti, e la loro azione rivolta contro il populismo deve contribuire a costituire tale partito, deve contribuire a estirpare tutti i pregiudizi e tutti i miti, a raggruppare i socialisti sotto la bandiera del marxismo e a formare con gli altri gruppi un partito democratico.
I socialdemocratici non potrebbero naturalmente mai 'unirsi' con un tale partito, perché essi ritengono indispensabile l'organizzazione indipendente degli operai in un partito operaio autonomo, ma gli operai accorderebbero l'appoggio più energico ad ogni lotta dei democratici contro le istituzioni reazionarie.
La degenerazione del populismo nella più dozzinale teoria del radicalismo piccolo borghese - degenerazione di cui gli 'amici del popolo' sono una prova così evidente - ci mostra l'errore enorme di coloro che propagandano tra gli operai l'idea della lotta contro l'assolutismo, senza spiegar loro nello stesso tempo il carattere antagonistico dei nostri rapporti sociali - in virtù del quale gli ideologi della borghesia sono anch'essi per la libertà politica -, senza spiegar loro la funzione storica dell'operaio russo come campione dell'emancipazione di tutta la popolazione lavoratrice.
Si muove spesso ai socialdemocratici l'ingiusto rimprovero di voler monopolizzare la teoria di Marx, mentre la sua teoria economica sarebbe accettata da tutti i socialisti. Ma allora, ci si domanda, che vale spiegare agli operai la forma del valore, la natura del regime borghese e la funzione rivoluzionaria del proletariato, se nel nostro paese, in Russia, lo sfruttamento del lavoratore si spiega, in generale e dappertutto, non con l'organizzazione borghese dell'economia sociale, ma, per esempio, con la mancanza di terra, con gli obblighi pecuniari, con l'oppressione amministrativa?
Che vale spiegare agli operai la teoria della lotta di classe, se essa non può chiarire neppure i loro rapporti con l'industriale (il nostro capitalismo è stato creato artificialmente dal governo), senza parlare poi della massa del 'popolo' che non appartiene alla classe già costituitasi degli operai di fabbrica?
Come si può accettare la teoria economica di Marx con la sua conclusione della funzione rivoluzionaria del proletariato, come organizzatore del comunismo attraverso il capitalismo, quando si vuol cercare nel nostro paese la via verso il comunismo all'infuori del capitalismo e del proletariato da esso generato?
È evidente che, in simili condizioni, chiamare l'operaio a lottare per la libertà politica vorrà dire invitarlo a cavare le castagne dal fuoco per conto della borghesia progredita, perché non si può negare (è caratteristico che neanche i populisti e i seguaci della Narodnaia Volia l'abbiano negato) che la libertà politica servirà soprattutto gli interessi della borghesia, servirà non a migliorare le condizioni degli operai, ma solo... solo a migliorare le condizioni della lotta... Contro questa stessa borghesia. Affermo ciò in opposizione a quei socialisti che, pur senza accettare la teoria socialdemocratica, sviluppano egualmente la loro agitazione nell'ambiente operaio, dopo essersi convinti empiricamente che si possono trovare degli elementi rivoluzionari solo tra gli operai. Questi socialisti mettono la loro teoria in contraddizione con la pratica e commettono un errore gravissimo, distogliendo gli operai dal loro compito diretto: l'organizzazione di un partito operaio socialista".1
|